DI ALESSANDRO CIUTI
Non ho l’abitudine di seguire i programmi radio e televisivi italiani. Non per snobbismo ma semplicemente per scelta, avendo differenti priorità.
Fanno eccezione un paio di programmi su Radio 24 di cui ascolto con regolarità il podcast.
Uno di questi programmi è “I conti della Belva”, in onda il Sabato mattina.Curiosità, feticismo o semplice autolesionismo? Come direbbe un mio caro amico probabilmente sono semplicemente “tuonato”.
Però cercate di capirmi: trovarsi nel traffico di Manila, come può ben immaginare chi abbia provato l’esperienza di guidare in qualsiasi megalopoli asiatica, è senza dubbio un buon esercizio per sviluppare pazienza e temperanza.
Alla lunga però ti obbliga anche a trovare un passatempo: il mio è questo, ascoltare e inorridire.
Nel corso dell’ultima puntata si è parlato, fra le altre cose, della nuova proposta dell’illuminato governo nazional popolare italico di attirare i ricchi del mondo attraverso una tassazione di favore.
Devo dire che la trasmissione è stata ben fatta e rappresenta una buona sintesi per provare chiarire la questione.
Si è giustamente spiegato come la proposta sia una truffaldina costruzione neolinguistica che confonde Flat-Tax, tassa proporzionale sul reddito, con una semplice imposta capitaria a forfait, i cui contorni rimangono confusi, in un quadro normativo magmatico, discrezionale e discriminatorio.
Certo, non si è sostenuto che l’equa tassazione debba essere uguale a 0, come avrebbe fatto un libertario anche moderato, ma per lo meno si è fatta chiarezza sull’ennesima truffa retorica e propagandistica rifilataci dal PD e dalla stampa “libera” italiona.
Malinteso alimentato forse scientemente, che finisce per sputtanare anche la sola idea, di per se ottima, di applicazione di uno strumento alternativo che permetterebbe di spezzare il circolo vizioso creato dal principio della progressività fiscale.
Fin qui insomma direi tutto normale, siamo all’interno del solito recinto orwelliano.
Meravigliosi sono stati gli interventi del pubblico.
Interventi che hanno dato vita ai primi due “tipi” che ho voluto omaggiare nel titolo.
Un “uno due” micidiale e senza aiuti arbitrali.
Il primo, che con voce calma e tono piatto e molta, moltissima educazione ha ricordato a tutti noi come lo Stato, prima di preoccuparsi di agevolazioni fiscali, dovrebbe provvedere affinchè i poveri pensionati italiani non debbano scappare all’estero per riuscire ad arrivare a fine mese.
Ora, che ci siano dei pensionati in difficoltà è certamente vero e me ne dispiaccio.
In un paese allo sfascio con un total tax rate intorno al 75%, un debito fuori controllo e in continua crescita, una spesa pubblica che nemmeno un depravato come Keynes si sarebbe mai sognato, la priorità per una certa genia di persone, non per forza già in pensione, è che lo Stato faccia qualcosa.
Il dubbio che forse, con un conto previdenziale abnorme pari a circa il 35% della spesa pubblica annua totale, lo Stato abbia fatto, e continui a fare, fin troppo, pare non abitare nelle menti dei più.
Il secondo ascoltatore, di tutt’altro tono, cordiale ma freddo, asettico e professorale nell’affrontare l’argomento con il piglio deciso di chi si è formato a Pescaracas, si è avventurato in una disquisizione circa l’annoso problema della privatizzazione di Banca d’Italia. Sovranità, il dolce e perduto amore per le cose fatte come si facevano una volta, con la stampante accesa notte e giorno, non solo in Europa, ma a “casa nostra”.
Insomma, una delle tante versioni in circolazione del complotto neoliberista.
Pazienza che la governance sia pubblica e che le decisioni di politica monetaria siano esattamente lo strumento con cui lo Stato, da circa un secolo e mezzo, fomenta le peggiori perversioni pubbliche e private, in fatto di distruzione procapite di ricchezza reale attraverso la fittizia “creazione” di reddito disponibile.
A Pescaracas si insegna che se si hanno gli occhi per vedere la realtà è semplice…peccato che ignorando ciò che non si vede la semplicità si trasformi in cialtroneria.
E’ ormai tempo di introdurre il terzo “tipo” di soggetto coinvolto in questa mia non so quanto avvincente, narrazione.
Non c’è nessuna “terza” telefonata.
In verità questo tipo, per sua natura, non interviene mai.
Certo ha altro da fare. Questo suo tratto riservato non è solo ben compreso ma addirittura alimentato perché diciamoci la verità, nessuno ha interesse a disturbarlo, a distoglierlo dagli impegni quotidiani.
Affinchè non si dimentichi dei propri doveri sociali, viene affiancato dalle amorevoli cure dello Stato o indirettamente da una delle tante benevole ramificazioni che ne rappresentano gli interessi corporativi, nell’ottica della contrattazione collettiva: sindacati, associazioni datoriali, partiti politici e di quando in quando, il migliore amico del contribuente, Equitalia.
Insomma, mi pare chiaro ti chi stiamo parlando. Si tratta del taxpayer.
Il taxpayer è quel cretino che il Sabato mattina non chiama alla radio della confindustria perchè deve lavorare.
Il taxpayer è quel cretino che permette al parassita di prosperare e al pirla di sproloquiare e così facendo diventa il peggior nemico di se stesso.
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Intanto chiamare la radio della confindustria non serve a niente. Cosa glie ne importa ai vertici dei quel finto sindacato della libertà e del mercato? Loro prosperano meglio così. Non si pongono il problema che prima e poi non prospereranno più neanche loro perché le risorse saranno esaurite. Sono scemi? Sì. ma la telefonata il sabato mattina, ammesso che risponda qualcuno, non li farà diventare intelligenti. Se poi il mulo rinuncia al sabato perché deve lavorare, il motivo non è perché è cretino ma perché il prodotto del lavoro dal lunedì al venerdì se lo è già mangiato il fisco e magari quel sabato riesce a sottrarre il ricavato alla bestia leviatana lavorando di nascosto. La legge fiscale mosaica vorrebbe lapidarlo ma nel frattempo ci sono stati il Nuovo Testamento per i messianici e il Talmùd per gli attendisti. Il funerale del figlio deceduto per inedia, oltre a costare di più, non vale una telefonata ai cialtroni pseudoimprenditori. Quanto alle soluzioni vere, concrete, nonché di immediata applicazione, chi ce le ha le tiri fuori senza attenderle da altri. Questi ultimi le hanno già indicate, il problema non sono i contenuti delle soluzioni ma fornire il telefono a chi dovrebbe chiamare la radio della confindustria o quella della ciggièlle. Quello che continuiamo a non capire è che il mulo il telefono non ce l’ha. E non abbiamo ancora trovato il modo per farglielo avere. I libertari non sono incapaci di concretare le loro sacrosante idee. Sono soltanto privi dei mezzi necessari e indispensabili affinché queste idee possano essere formalmente e sostanzialmente applicate. I promulgatori del collettivismo e dello statalismo che influenzano l’opinione pubblica, non sono più bravi o più capaci dei libertari. Hanno le armi che i libertari non hanno. E le hanno ereditate da chi se le è procurate con la prepotenza, compresi monarchia sabauda e papa re. L’unico tallone d’Achille del libertarismo è la legittima difesa. Chi pensa di essere in grado di fornire le armi si faccia avanti. Altrimennti continui a sfogarsi qui ma possibilmente considerando le ragioni di chi non ha strumenti. E non per incapacità ma perché incatenato dalla nascita. O nella migliore delle ipotesi da quando ha iniziato a camminare.
Io stamattina lavoravo…… e mi riconosco nella descrizione. Ma cosa si puo’ fare? Non esiste movimento o partito che ci rappresenti. Ed ormai la stragrande maggioranza di questo paese non immagina neanche il concetto di ” meno stato”. Siamo stati troppo influenzati dal collettivismo e dalla visione cattolica di Pastore e Pecore. Anche se non beliamo, constato sempre con piu’ evidenza che siamo una minoranza in rarefazione. Una volta speravo che l’ unita’ europea ci avesse salvato da questo declino, oggi penso che non ci salveremomai. Dobbiamo prima crollare e morire, poi chi verra’ dopo forse capira’ le follie che stiamo vivendo. Forse era meglio la monarchia, o per me che vivo a Roma il Papa Re….
Leggendo questo blog, a volte la spiacevole sensazione che sotto i nasi di alcuni articolisti e commentatori aleggi una leggera “puzzetta”.
E non va bene i Keinesiano, e non va bene quello del “complotto neoliberista” e siamo stra-daccordo.
Adesso però ce la prendiamo pure col “taxpayer”.
Ecchecavolo! se oltre a disprezzare il mulo che tira la carretta, gli dicessimo cosa fare? Se trovassimo invece soluzioni vere concrete di immediata applicazione? invece nisba, Gli sputiamo addosso.
Magari qualche sputo il “mulo” inconsapevole se lo merita; però ci sarà anche il mulo consapevole della sua schiavitù e delle vere cause che forse meriterebbe più rispetto dai libertari col ditino alzato.
Proposta:
Il povero taxpayer tollera le inconcludenti chiacchiere dei libertari incapaci di concretizzare le loro sacrosante idee;
In cambio, i libertari guardano con maggiore indulgenza il taxpayer che suo malgrado alimenta il criminale leviatano.
Gentile amico, non si tratta di guardare con indulgenza o meno una categoria piuttosto che l’altra. Si tratta di guardare la realtà.
Ma quante sono le persone di buon senso, quanti sono i libertari, in italia?
Quanti i taxpayer consci del proprio ruolo infame?
Quanti ricordano, o hanno mai sperimentato, cosa significhi la libertà e uno stato non intrusivo e predone?
In quanti sono disposti a reagire , senza paura?
Io temo che ormai il rapporto tra stato e sudditi sia quello esemplificato dalla Sindrome di Stoccolma.
E’ un rapporto patologico e patogenetico.
E’ il rapporto che la politica ha interesse a perpetuare.
Il terzo tipo che non telefona è destinato ad una progressiva rarefazione.
Lo scopo di un bel gruppo libertario, non ho detto partito, è quello di mantenere viva la fiamma del buon senso e della visione alternativa del mondo e delle cose.
Formidabile ed amara descrizione di una cloaca a cielo aperto: Cialtronia. Con capitale Pescaracas