Negli ultimi tempi mi pare spesso di cogliere nella letteratura libertarian una sorta di rimpianto per le società organiche, che sembrano assumere, anche in Medioevo delle libertà, un aspetto potenzialmente positivo: crescono «spontaneamente dal basso verso l’alto, originando organizzazioni più complesse, gerarchicamente superiori», oppure sono generate da «relazioni volontarie e contrattuali tra gli individui e le famiglie proprietarie» e sono fondate da «numerose gerarchie volontariamente accettate».
Le società organiche sono tali – per definizione – perché piegano il volere individuale a scopi superiori predeterminati: una società «organica» che dipendesse dall’immediato consenso individuale sarebbe ben poco organica. Ed è vero che Von Hayek sostiene che i grandi esponenti del conservatorismo «dimostrano una comprensione del significato di istituzioni sorte spontaneamente», ma all’interno di una più generale e ferocissima critica del loro atteggiamento: la «paura di affidarsi a forze sociali incontrollate è strettamente connessa con due altre caratteristiche del conservatorismo: la passione per l’autorità e l’incomprensione per le forze economiche» (La società libera, tr. it,. Vallecchi, Firenze 1969, pp. 444-445). Insomma, la spontaneità non è in sé garanzia per lo sviluppo di una società libera: lo è solo all’interno di un paradigma che assicuri il pieno dispiegamento dell’individualità, non in qualche senso meta-fisico o meta-storico, ma come concreta possibilità di scegliere e preferire in un ambito che non sia predeterminato da una qualche «autorità».
Il fatto è che l’esperienza libertaria così come io la concepisco – una posizione che combina anarchismo filosofico (vedine, a mo’ di riferimento, la bella descrizione di un socialista in D. Miller, Anarchism, Dent, London-Melbourne 1984, pp. 15-29, nonché l’esposizione di A. John Simmons, «Philophical Anarchism», in For and against the State, a cura di J.T. Sanders e J. Narveson, Rowman & Littlefield, lanham 1996, pp. 19-39) e anarchismo individualista (così come è riassunto, diciamo, dal Benjamin Tucker meno stirnerita) – è strettamente connessa a un individualismo forgiato e modellato dall’esperienza stessa dello Stato moderno.
In altri termini, i concetti di autonomia, individualità, separazione collettiva e libera sperimentazione che sono al centro dell’interpretazione libertaria della modernità sono stati elaborati in relazione diretta con la crescita dello Stato moderno; in un certo senso, tale esperienza – l’accentramento dei poteri, la nascita di una burocrazia professionista (di esattori di tasse), la formazione degli eserciti permanenti, lo svuotamento degli istituti periferici, il controllo sui comportamenti privati e pubblici – si rivela la condizione imprescindibile per l’avvento di una piena sensibilità libertaria, con l’interpretazione radicale del nucleo della teologia protestante a fornirne i necessari presupposti in termini di autonomia dell’individuo e di liceità della disobbedienza.
Per questo motivo diffido di ogni interpretazione che situi il concetto di «società aperta» e di ethos libertario in qualche fantomatico momento o luogo del passato, dall’antica Cina taoista alla Grecia classica, dal cristianesimo delle origini al «Medioevo delle libertà».
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[…] Movimento Libertario Press Release […]
https://www.youtube.com/watch?v=MXVGXR4lPiU
https://www.youtube.com/watch?v=hdF6DO61-8w
Invece dell’uomo la femminista ha preferito sposare lo Stato.
Anarchici “eteropatriacali”, evidentemente.
“patriarcarli” (non dislessici).
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What happened!?
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A parte che una sostituzione può essere stata imposta, non “stati imposti”. Non c’è stata nessun’imposizione voluta dagli industrialotti. Se si cade vittime della pubblicità, il problema è di chi sceglie volontariamente di interpretare il ruolo della vittima. E se questa scelta è inconsapevole, la colpa non è degli imprenditori ma di un sistema scolastico che cozza profondamente con l’idea di impresa. Scemi non si nasce, lo si diventa nella scuola di stato; dove si diventa anche ignoranti, malgrado il sapere trasmesso dalla natura. Il vero problema non è chi manipola ma chi si lascia manipolare. Non soltanto acqustando prodotti inutili o dannosi ma anche credendo che il collettivismo sia la panacea per i mali veri o presunti della società. Poi, certo, ci sono stati gruppi che hanno manipolato il legislatore per vendere a danno di altri gruppi e al riparo di ciò che considerano pericoloso: la concorrenza. Ma se un industriale si mette a produrre, nonché a vendere qualcosa di idiota il motivo è perché si è accorto di una tendenza altrettanto idiota da parte del consumatore. Specie l’industriale tessile dopo il 1968. Le idee insulse di quel periodo non erano dell’imprenditore ma dell’intellettuale. Se poi quest’ultimo è stato pagato dal primo come investimento per diffondere certe idee, così si riutilizzava il tessuto che altrimenti sarebbe andato perso, anche questo è un problema di chi non se ne è voluto e tuttora non vuole accorgersene. Non esiste il potere anarchico ma solo il potere irresponsabile. Anarchico non è colui che fa quello che vuole; lo è chi vuole agire liberamente senza costrizioni ma senza neanche prepotenze. E la prepotenza è un pre – potere, non l’anarchia. Himmler e Hitler i prigionieri li prendevano con la forza, non li invitavano nel lager. Gli adoratori di Marcuse e delle maglie con l’effigie di Cialtrone Guevara, non hanno subìto costrizioni fisiche per inseguire quelle stupidaggini. Se divento babbeo in seguito a sequestro di persona e intervento medico forzoso sulla corteccia cerebrale, sono vittima di un abuso umano. Se divento o nasco babbeo per intercessione divina, sono vittima di un abuso metafisico. E non degli industriali brianzoli. I quali producono ciò che desideriamo, non si mettono a perdere tempo a desiderare che si consumi in un certo modo. E’ ciò che il lato marxista di Pasolini, proprio in quanto tale, non riusciva o non voleva comprendere.
@ redazione: che fine ha fatto l’articolo su Fidenato e la senatrice Cattaneo riguardo agli organismi geneticamente modificati?
Cronaca La manifestazione contro la violenza sulle donne finisce in rissa. Anarchici contro Centro sociale. Bleggi al pronto soccorso E’ successo in piazza Santa Maria. Sono volati pugni ed è spuntato anche qualche bastone. L’esponente del Bruno colpito alla testa. TRENTO. Doveva essere una tranquilla “passeggiata serale” quella promossa dal collettivo transfemminista di Trento, e così è stato per un lungo tratto e per quasi due ore. Poi l’aggressione in piazza Santa Maria, quando un gruppo di esponenti del movimento anarchico ha accerchiato alcuni militanti del Centro sociale Bruno. Ed è iniziata la rissa. Il corteo, partito da piazza Pasi alle 18.30, ha attraversato la vie del centro. Ma già all’altezza di piazza Duomo, appena imboccata via Cavour, qualcuno avrebbe iniziato a provocare i ragazzi del centro sociale: “sputi e spintoni”, affermano alcuni testimoni. “Abbiamo cercato di non raccogliere la provocazione – affermano – per poi decidere, una volta conclusa la manifestazione, di allontanarci in gruppo verso il centro sociale”. Ma in piazza Santa Maria, verso le 20.30, il gruppo è stato assalito, sono volati pugni ed è spuntato anche qualche bastone. A farne le spese, più di altri, è stato Stefano Bleggi, esponente storico del centro sociale, che è finito a terra colpito alla testa. Un medico, sul posto, ha subito cercato di prestare il primo soccorso, in attesa dell’ambulanza che lo ha poi trasportato all’ospedale Santa Chiara. Gli anarchici, dopo l’aggressione, si sono subito dileguati. “E’ successo tutto in fretta”, spiegano alcune persone che hanno visto quanto è successo. Non sono chiare le ragioni che hanno portato a questo scontro, ma l’azione ha sicuramente rovinato la conclusione dell’iniziativa. Subito dopo il fatto, la manifestazione si è sciolta. Alcuni hanno raggiunto Bleggi in ospedale mentre altri si sono diretti verso il Centro sociale Bruno. Le condizioni del ferito non destano http://www.ildolomiti.it/cronaca/la-manifestazione-contro-la-violenza-sulle-donne-finisce-rissa-anarchici-contro-centro
Nulla è più anarchico del potere, il potere fa praticamente ciò che vuole. E ciò che il potere vuole è completamente arbitrario o dettato da sua necessità di carattere economico, che sfugge alle logiche razionali. Io detesto soprattutto il potere di oggi. Ognuno odia il potere che subisce, quindi odio con particolare veemenza il potere di questi giorni. È un potere che manipola i corpi in un modo orribile, che non ha niente da invidiare alla manipolazione fatta da Himmler o da Hitler. Li manipola trasformandone la coscienza, cioè nel modo peggiore, istituendo dei nuovi valori che sono dei valori alienanti e falsi, i valori del consumo, che compiono quello che Marx chiama un genocidio delle culture viventi, reali, precedenti. Sono caduti dei valori, e sono stati sostituiti con altri valori. Sono caduti dei modelli di comportamento e sono stati sostituiti da altri modelli di comportamento. Questa sostituzione non è stata voluta dalla gente, dal basso, ma sono stati imposti dal nuovo potere consumistico, cioè la nostra industria italiana pluri-nazionale e anche quella nazionale degli industrialotti, voleva che gli italiani consumassero in un certo modo, un certo tipo di merce, e per consumarlo dovevano realizzare un nuovo modello umano. (Pier Paolo Pasolini)
Interessante riflessione. Si potrebbe dire che la Rivoluzione Francese è stata l’incubatrice dello statalismo in senso moderno, incluse le sue orribili declinazioni rosse e nere. Mentre la Rivoluzione Americana (guerra di indipendenza) abbia generato il Libertarianism.