DI MASSIMO TESTA
Sono stato ad un incontro con due economisti che si possono definire “neokeynesiani”. Dunque per loro le cose stanno così:
– Il problema economico, nel mondo, è il risparmio.
– Il risparmio è troppo, perchè al contempo gli investimenti ristagnano.
– Hanno tentato di ridurlo, con scarsi risultati, Monti con tasse patrimoniali come quella sugli immobili e tentando di lanciare le esportazioni; Renzi tentando di rilanciare i consumi; Draghi stampando moneta e portando a zero il tasso d’interesse.
– L’unico modo per ridurre questo squilibrio fra risparmio e investimenti è una forte tassazione progressiva, particolarmente aggressiva verso i grandi patrimoni.
Citato a proposito il caso inglese del dopoguerra, quando un governo conservatore portò l’aliquota marginale al 92%.
Economista di riferimento: Piketty.
Politico di riferimento: Trump (perchè ha capito che nei prossimi anni l’economia si svilupperà più all’interno dei singoli paesi piuttosto che grazie al commercio internazionale).
Applausi della platea.
Occorre che spieghi perché siamo messi male, con gente che applaude contenta all’idea di una ulteriore stretta fiscale e questa ridicola altalena fra economisti marxisti e politici conservatori, o andiamo oltre?
Vorrei conoscere i nomi di queste cime.
Purtroppo siamo alle solite. Il peccato originale dei keynesiani e neokeynesiani è sempre lo stesso: fiducia cieca ed ingiustificata nell’INTERVENTO PUBBLICO NELL’ECONOMIA. Ieri Stato investitore, oggi Stato manipolatore del risparmio, è sempre la solita solfa.
Ma cari Keynesiani, ammesso e non concesso che abbiate ragione, che l’intervento pubblico alla fine porti un beneficio per tutti, QUALE MORALITA’ ci sarebbe nel condizionamento delle libertà individuali di cittadini e risparmiatori?