di LUCA LIXI
Per spostarmi da una parte all’altra della città sto usando Uber.
L’azienda di San Francisco è sulla bocca di tutti, da entrambe le parti dell’oceano.
In Italia, per l’ennesimo sciopero dei tassisti a Milano, Roma e Torino.
In USA, per le roventi polemiche sull’iniziale appoggio alla politica anti-immigrazione di Trump.
Due parole su questi fatti, condite con delle valutazioni sulle potenzialità della società Uber, che potrebbe sbarcare a Wall Street nel 2017.
I tassisti italiani sono in sciopero perché il decreto Milleproproroghe prevede lo slittamento a fine anno della regolamentazione del settore.
Questo consente a Uber (non a UberPop, vietato 3 anni fa) di continuare a operare in Italia.
Le forze politiche di tutti gli schieramenti hanno preso immediatamente le difese dei poveri tassisti, rovinati dalla cattiva multinazionale americana.
La realtà non è ovviamente questa.
La domanda che si dovrebbe fare al Governo e allo Stato è questa:
perché un autista di Roma deve arrivare a pagare 200.000 € per una licenza?
Perché deve buttare nella spazzatura pubblica 200.000 € per poter lavorare?
È banale che, dopo essersi rovinato la vita tra prestiti e ipoteche per comprare la licenza, il tassista richieda tutela e protezione da parte dello Stato.
La funzione delle licenze a numero chiuso è ovviamente quello di consentire a chi c’è dentro di avere lavoro garantito.
Mettendo barriere all’ingresso, si protegge il lavoro di chi è dentro.
Ecco, questa è pura follia.
Follia antistorica, risalente a leggi degli anni ’80, e contraria alla concorrenza, all’innovazione e al mercato.
Non è minimamente una presa di posizione ideologica liberare.
Me ne frego ampiamente delle ideologie.
È una presa di posizione da utente e consumatore di questi servizi.
Perché devo vedere ridotta la mia libertà ed essere costretto a pagare di più per un servizio oggettivamente più scadente?
Telefoni il radiotaxi, non sai quando arriva Firenze 12, arriva Verona 8 e devi fare a botte con quello che c’era prima, la macchina è vecchia, il tassametro inizia a scorrere e non hai idea di quando si fermerà, non sai che giro farà l’autista, non accetta l’American Express, solo contanti, ricevuta su carta igienica.
25€ per 10 minuti.
Due click sulla App, verifica quanto manca al suo arrivo e all’arrivo a destinazione, vieni geolocalizzato così non devi spiegargli dove sei (anche perché se sei fuori, spesso non lo sai con precisione), l’importo è trasparente, nessun movimento di denaro, ricevuta su email e addebito su carta di credito.
10 £ per 25 minuti.
Perché mai io dovrei essere costretto è obbligato a scegliere la prima opzione?
Non esiste un valido motivo.
Governi e lobbies possono provare a bloccare il libero mercato.
Possono anche riuscirci per qualche tempo, ma non possono farcela per sempre.
Non puoi resistere alla forza della richiesta di libertà da parte del cliente.
In USA, invece, il problema recente di Uber è differente.
A seguito del “muslim ban” (divieto di ingressi per cittadini provenienti da paesi a maggioranza musulmana, come Iran, Iraq e Siria), ideato da Obama ma comunicato da Trump, i tassisti hanno scioperato ferocemente.
Gran parte di loro proviene da queste nazioni.
In un tweet Uber ha comunicato che, durante lo sciopero, avrebbe rinunciato al “surge pricing”, meccanismo di adeguamento prezzi in base alla domanda.
Che in quel giorno sarebbe stata ovviamente elevatissima.
Questa iniziativa è stata interpretata come una chiara presa di posizione di Uber a favore del muslim ban.
Con l’hashtag #deleteUber, centinaia di migliaia di utenti hanno cancellato l’app in segno di protesta.
Il fondatore e CEO di Uber, Travis Kalanick, ha quindi rassegnato le dimissioni da consigliere per gli affari economici del direttivo Trump, ruolo che condivideva con Elon Musk di Tesla e SpaceX.
Quindi, in Italia e in altre nazioni Uber è odiata da competitor, lobby e istituzioni per l’innovazione e la spinta concorrenziale.
In USA invece è odiata per l’appoggio al protezionismo desiderato da Donald Trump.
Così va il mondo.
Se fai impresa e sei un innovatore, qualunque cosa tu faccia sarà oggetto di pesanti critiche da ambo le parti.
Ma poiché non sono un opinionista o un giornalista, ma piuttosto un investitore e un consulente finanziario, voglio parlare di Uber da un punto di vista aziendale e finanziario.
La strategia di Uber riprende quella di Amazon.
Non è minimamente interessata a fare utili di breve termine con l’offerta iniziale.
Vuole arrivare a dominare completamente il mercato e spazzare via tutti.
“Winners takes it all”
Amazon è riuscita a far questo e continuerà così perché ha rivoluzionato e fatto propri dei settori collegati, come la logistica, il magazzino e la distribuzione.
Uber non l’ha ancora fatto.
Non ha ancora un vantaggio competitivo contro eventuali attacchi concorrenziali.
Ha aperto un mercato, ma è ancora troppo vulnerabile dalla concorrenza, mentre Amazon è riuscita a spazzarla via.
In linea teorica, io potrei aprire la “LixiTaxi” e far concorrenza a Uber su prezzo e servizio.
Ma non sarà così per sempre.
Uber usa cassa che sta facendo per investire in Ricerca e Sviluppo.
In particolare, è focalizzata sulle “auto a guida autonoma”, che già stanno testando con successo a Pittsburgh, San Francisco e altre città.
Ti starai chiedendo come poter investire su Uber.
La risposta è… che non puoi.
L’azienda, valutata 68 miliardi, non è ancora quotata in Borsa.
Si vociferava potesse farlo nel 2017, ma questi problemi politici e autorizzativi stanno ritardando il processo.
Quando questo si sbloccherà, massima attenzione all’azione Uber.
È nelle condizioni per dominare il mercato.
Nella testa delle persone, Uber significa “trasporto cittadino semplice, economico, comodo e sicuro”
Un’eccellente focalizzazione e percezione.
Da inserire in watch-list, alla faccia della lobby dei tassisti, dei governi anti-concorrenza, delle istituzioni e dei burocrati politicamente corretti.
Lo avevo detto che sarebbe stato opportuno non evocare né provocare i cosiddetti “sine spes”. Quello che non si vuole capire è che il potere non è MAI espressione del mercato ma la sua negazione. Se qualcuno ha il monopolio di qualcosa e può averlo per sempre (quest’ultima temporalità è alquanto improbabile) è perché c’è un potere che glielo consente. E l’unico potere che può consentirglielo è quello legislativo. Il libero mercato, lungi dal portare necessariamente al monopolio, è l’unica istituzione che consente la libera concorrenza e questa impedisce il monopolio dannoso per il consumatore. Se si crea un monopolio naturale, vuol dire che il consumatore è soddisfatto e quindi il problema non si pone. Se dunque c’è un monopolio acquisito con le leggi statali, significa che il mercato non è libero; almeno non compiutamente. Ma di solito si replica a questo assunto che quando una cosa non funziona noi la chiamiamo in modo diverso. Un giorno ci spiegheranno perché dobbiamo chiamare ruota il quadrato e viceversa. O meglio, NON ce lo spiegheranno perché altrimenti dovrebbero anche spiegare perché la fine del mondo viene sempre rimandata. Sarebbe opportuno che l’organo ufficiale dei marxisti si chiamasse La Torre di Guardia. Se non altro per maggiore coerenza con la loro metodologia, specie in campo dialettico.
ma non si diceva da queste parti che il libero mercato non porta al monopolio? amazon, come si dice in questo articolo, ha il monopolio assoluto delle vendite on line e lo avrà per sempre, dato che può giocare al ribasso e andare in perdita per milioni di euro, allo scopo di sbarazzarsi della concorrenza. il libero mercato porta necessariamente a questo. ora c’è amazon, domani ci sarà uber e via dicendo. nei fatti, se dobbiamo dare credito a questo articolo, uber sostituirà lo stato, un potere sarà semplicemente rimpiazzato da un altro, espressione del mercato.
L’unica istituzione che può imporre monopoli che obbligano a spendere di più i consumatori è lo Stato perchè può fare leggi e ha gente armata al suo servizio per farle rispettare-
Punto primo. Amazon non può emanare leggi che obblighino i consumatori a comprare da lei. Però potrebbe pagare i legislatori statali perchè le facciano.
Punto secondo. Diventare monopolista per perdere soldi è da stupidi. Si possono perdere soldi per costringere alla chiusura i concorrenti, certamente, ma una volta raggiunto l’obbiettivo bisogna recuperare le perdite e far profitti, quindi bisogna aumentare i prezzi, ma se questi diventano troppo alti si riaprono gli spazi perchè nuovi concorrenti al ribasso ricompaiano. A meno che non gli si impedito dalla legge. E si torna al punto uno.
Quindi il nemico numero uno è sempre lo Stato, non Amazon, o chi per essa.
“e ce l’avrà per sempre”: le tipiche parole di chi non ha capito una sega del mercato (e ha anche vissuto gli ultimi decenni con le fette di salame sugli occhi, visto quanti player che dovevano resistere per sempre sono già tramontati)..
“uber sostituirà lo stato, un potere sarà semplicemente rimpiazzato da un altro”: le tipiche parole di chi usa le parole a caso senza capirle.. un’impresa e uno Stato sono e saranno per sempre diversi, la prima propone il suo prodotto e tu puoi non acquistarlo (pieno il mondo di gente che non va in taxi), se guadagna qualcosa è tramite scambi volontari, il secondo impone il suo prodotto e tutto ciò che possiede lo ottiene prendendoselo a prescindere dalla volontà di quelli a cui lo prende..
è dall’800 che i marxisti dicono che il mercato conduce al monopolio e dopo oltre 200 anni non è accaduto nulla del genere, ma come quelle sette che continuano a prevedere la fine del mondo rimanandone la data, senza ammettere mai di essersi sbagliati, marxisti, comunisti e socialisti ripropongono sempre le stesse minchiate..
il monopolio di un’impresa in un libero mercato non è mai tale perchè può sempre emergere un concorrente, vuoi con lo stesso prodotto o con un prodotto sostituitvo, mentre solo lo Stato può avere un vero monopolio perchè può proteggersi dai concorrenti usando la legge e la forza..
c’è da dire che i marxisti non avevano affatto previsto la creazione di stati nazioni e di entità parastatali come la ue. marx ha fatto le sue previsioni per una società, quella inglese, che all’epoca, almeno fuori dal regno unito, non aveva regole se non il profitto. quella società non esiste più. ora il mercato ha regole globali e locali. la previsione marxista ora non ha senso riproporla. ne avrebbe se non ci fossero più gli stati. poi, sono così “comunista” che sono dalla parte di uber, per l’ingresso di questo nel mercato italiano. ovviamente, questo deve avvenire se uber stessa offre al lavoratore tutte le garanzie previste dallo statuto dei lavoratori e versi i contributi, le utili tasse, in italia.
Il bello è che quando parli alla maggior parte della gente di libero mercato ti rispondono subito: “Alt! E come la mettiamo con i produttori che fanno Cartello!? Il libero mercato non funzionerà mai…”
Invece sotto il controllo Statale si hanno licenze da 200.000€ per guidare un taxi, questo non è un Cartello?
Tutto giusto, ma il muslim ban non è stato ideato da Obama e comunicato da Trump, questo messo così è falso.