DI MATTEO CORSINI
La direttiva europea BRRD, approvata nel giugno del 2014 con l’obiettivo di spostare l’onere dei salvataggi di banche in crisi dai contribuenti ad azionisti e creditori delle banche stesse, ha dimostrato fin dalle sue prime parziali applicazioni su banche di dimensioni medio-piccole di non poter raggiungere lo scopo di una “risoluzione ordinata” priva di effetti contagio sulle altre banche.
Si consideri che finora non è mai stato applicato il vero e proprio “bail-in”, bensì il più limitato “burden sharing”, che prevede l’azzeramento di azionisti e portatori di obbligazioni subordinate, o la conversione di queste ultime in azioni.
Ciò nondimeno, gli effetti sistemici ci sono stati. A novembre del 2015 in Italia sono state poste in “risoluzione” quattro banche che, assieme, rappresentavano circa l’uno per cento del mercato italiano. La reazione di depositanti e portatori di obbligazioni, anche non subordinate, è stata qualcosa di vicino al panico, dato che le nuove emissioni sono state quasi inesistenti e le vendite sul mercato secondario sono state copiose.
Al tempo stesso, le banche con minori problemi hanno dovuto farsi carico di oneri nell’ordine (finora) di circa 10 miliardi per le quattro banche di cui sopra e la ricapitalizzazione (presto sarà necessaria una nuova iniezione di fondi, peraltro) di Veneto Banca e Popolare di Vicenza. Quanto al Monte dei Paschi di Siena, come è noto la ricapitalizzazione di mercato non ha avuto sottoscrittori, rendendo infine necessario il “burden sharing” e il salvataggio statale.
Come se ciò non bastasse, l’indice delle banche quotate sulla borsa italiana ha registrato nel 2016 un calo del 36 per cento, contro il -8 per cento dell’indice europeo.
Negare che la BRRD non consenta affatto di evitare il contagio appare, quindi, del tutto irrealistico. Ciò nonostante, i tecno burocrati che l’hanno pensata cercano di difendere la loro creatura, sfidando l’evidenza. E’ di pochi giorni fa uno studio della BCE nel quale si legge che “nella maggior parte dei casi presi in considerazione, l’effetto contagio diretto sulle banche viene ritenuto contenuto”.
Lo studio ha preso in esame le principali 26 banche europee ed è interamente basato su simulazione la cui attendibilità mi sembra abbastanza discutibile. Se banche molto meno significative di quelle prese in esame hanno generato gli effetti di cui ho scritto poc’anzi, come si può pensare che si potrebbe gestire “ordinatamente” e senza effetti di contagio la risoluzione di una banca di dimensioni tanto maggiori?
A mio parere la pretesa di gestire ordinatamente una crisi bancaria al tempo stesso evitando il salvataggio a carico dei contribuenti è del tutto vana. La BRRD non è sbagliata nel principio: semplicemente è destinata a fallire se applicata a banche che continuano a operare in un regime di riserva frazionaria.
Sono la riserva frazionaria e la significativa trasformazione delle scadenze a rendere le banche fragili, facendo dipendere la loro sopravvivenza dalla fiducia da parte di depositanti e creditori. Il problema è che la fiducia, nel caso dei depositanti, deve coincidere con l’ignoranza sul reale stato delle cose. Altrimenti il panico è pressoché inevitabile. E il contagio pure.
Quindi o si supera il sistema della riserva frazionaria, togliendo al tempo stesso ogni forma di protezione pubblica o semi pubblica ai depositanti, oppure la BRRD non funzionerà mai. E qualsiasi simulazione rassicurante è destinata a essere solo un libro dei sogni.
I burosauri della UE e i loro compari della BCE, hanno come finalità quella di difendere il sistema in vigore, dove gli affiliati possono mandare a gambe per aria risparmi, attività, investimenti senza averne alcuna conseguenza, anzi spesso ottenendone ulteriore affermazione, approvazione e finanziamenti.
Gustave Le Bon aveva ragione nel dire: “la gente non chiede la Verità, chiede illusioni. Chiunque fornisca loro queste ultime ne diventa il condottiero. Chiunque tenti di fornire la prima ne diventa vittima.
AMEN.