DI RICHARD EBELING
Il problema del debito non è che il sintomo di una mentalità anti-capitalista che mina la filosofia politica originaria dei diritti individuali e della libertà economica e instaura, al suo posto, un’ideologia di paternalismo e dipendenza.
Quando i Repubblicani e i Democratici americani si affrontano per proporre dei piani diversi e concorrenti per ridurre la spesa pubblica, non precisano mai il “livello di riferimento” da cui fanno partire i loro calcoli.
In pratica, quello che propongono non è altro che una diminuzione progettata nei tassi di aumento della spesa pubblica totale. Quasi nessuno immagina che la “fetta” della torta nazionale che gli uomini di stato consumano attraverso le imposte possa effettivamente essere ridotta.
Tanto i Democratici che i Repubblicani ritengono che sia scontato che il “tutto-Stato” persista. Anche quei Repubblicani che sostengono la necessità di “riformare” i programmi dei “diritti sociali” quali le pensioni per redistribuzione o le cure sovvenzionate, non mettono in discussione l’idea che queste costituiscano un fattore permanente del paesaggio politico americano. Sperano solamente di renderle finanziariamente “più solide” o “più efficaci”, oppure gestite in modo da dare a coloro che ne hanno accesso una certa “scelta” nella gestione del loro programma di pensione, o nella scelta dei medici o dei trattamenti.
Chi dice “diritti sociali” dice saccheggio
Quello che ci permette forse meglio di comprenderlo è il fatto che non vi è praticamente nessuno, nell’agone politico di Washington, che rifiuti l’idea o l’utilizzo dell’espressione “diritti sociali”.
Il dizionario Merriam-Webster definisce un “diritto sociale” come “lo stato o la condizione di avere un diritto a”. Un “diritto alle prestazioni definite dalla legge o dal contratto”, come
“una politica statale che distribuisce dei vantaggi ai membri di un gruppo particolare”.
Si basa sull’idea, ci specifica il dizionario,
“della convinzione di aver acquisito un diritto a certi privilegi”.
Grazie a questa definizione, un “diritto sociale” è di conseguenza nell’agone politico un programma di vantaggi che gli uomini di stato forniscono a un gruppo privilegiato, gruppo che arriva a credere di aver meritato questi privilegi, o a considerare questi privilegi un “diritto”.
Gli uomini di stato, tuttavia, non possono fornire vantaggi ad alcun gruppo privilegiato nella società se non forzano gli altri, in contropartita, a fornire le risorse, i beni, o i mezzi finanziari necessari per pagare quanto promesso. Dando per scontato che lo Stato non ha alcuna disponibilità di risorse, di beni o di somme di denaro che non abbia iniziato col tassare o col prendere in prestito da altri, ogni “diritto sociale” di questa specie obbliga altre persone nella società a fornire i mezzi necessari affinché gli uomini di stato possano mantenere le proprie promesse verso i gruppi privilegiati.
Questo vuol dire che il privilegio di un gruppo determina per gli altri degli obblighi forzati, che gli uomini di stato impongono attraverso il proprio potere di polizia tassando e impossessandosi delle rendite e dei capitali di tutti i membri della società.
È così che la società di ritrova divisa in due categorie: 1) i pagatori di imposte e i ricevitori di imposte; 2) i discriminati e i privilegiati.
Cioè:
• quelli che sono obbligati a rinunciare a una parte della produzione, della rendita e della ricchezza che hanno onestamente guadagnato negli scambi pacifici del mercato,
• e quelli che ricevono questa produzione, queste rendite e queste ricchezze dal potere degli uomini di stato.
Questo è quello che Frédéric Bastiat, il famoso economista liberale del XIX secolo, denominava spoliazione legale. Lo stato, invece di agire quale protettore e guardiano del diritto di ogni individuo alla vita, alla libertà e alla proprietà acquisita onestamente, diviene il più potente e più invasivo violatore della libertà delle genti.
Il potere monopolistico centralizzato degli uomini di stato nell’utilizzo della violenza, è ben più potente e più pericoloso di quello del peggior individuo o gruppo privato che, nella società, intraprendesse di saccheggiare o maltrattare degli innocenti. Ciononostante e altrettanto importante, gli uomini di stato sono gli unici che nella società impiegano la forza e che sono al contempo riusciti a indottrinare la grande maggioranza di coloro che sono sotto il loro giogo convincendoli che è “giusto” e “buono” che spoglino una parte della popolazione a beneficio di un’altra, quella che avranno deciso di privilegiare.
Dominazione politica rispetto al controllo dell’individuo da se stesso
Nei tempi antichi gli uomini di stato avevano acquisito la propria legittimità e il consenso dei propri soggetti, presentando la regalità come diritto divino. Sono stati necessari diversi secoli per eliminare la credenza secondo la quale i re regnano, regolamentano e impongono imposte in nome di un ordine divino.
Con la fine o l’indebolimento della monarchia nel XVIII e XIX secolo, si è messo sul trono un nuovo padrone con la pretesa quasi religiosa di esigere l’obbedienza politica dei cittadini: la “democrazia” di diritto divino. È “il popolo” che ha rimpiazzato il monarca come origine legittima dei poteri politici. Se fosse “il popolo” a governarsi “da sé stesso” attraverso il “suo” voto democratico, come potrebbe mai tiranneggiar”si” e asservir”si” da “sé stesso”? Come potrebbe in effetti un uomo trattarsi male da sé stesso, se le sue azioni non sono dettate che dalla sua volontà?
Negli Stati Uniti l’idea di “governo del popolo attraverso il popolo” aveva in origine un senso diverso. Quello che significava non era, in primis né principalmente, un governo uscito da una procedura elettorale. Ciò che era affermato, era il Diritto di ogni cittadino di decidere da solo per sé stesso. Quando la Dichiarazione di Indipendenza americana trattava di “diritti inalienabili” che l’individuo possiede alla vita, alla libertà e alla ricerca della felicità, quello che dicevano i Padri fondatori è che ogni uomo è il proprietario di sé stesso, e che ha il diritto di vivere la propria vita come meglio crede, per tutto il tempo che svolge tranquillamente le attività che ha scelto e rispetta l’eguale Diritto degli altri a fare egualmente.
In tale concezione tipicamente americana dei diritti individuali e della proprietà di sé stessi, il ruolo degli uomini di stato era quello di protettore e garante della libertà di ogni individuo. L’autorità politica era considerata essere al servizio di ogni individuo sovrano, che sceglieva i propri obiettivi e progetti di vita, e che intraprendeva di raggiungerli per mezzo delle proprie energie intellettuali e materiali. Quando aveva bisogno di aiuto o di associazione da parte di altri per raggiungere alcuni fini, il metodo era la libera scelta e il carattere volontario dello scambio.
Il socialismo e la mentalità anti-capitalista
Come è successo che l’America abbia abbandonato quest’idea degli individui sovrani che si governano da sé stessi, con uno stato limitato a poche ma essenziali funzioni di protezione dei diritti, in favore dell’idea dello stato che sarebbe il sovrano “in nome del popolo”, ove l’individuo è ridotto al ruolo di servo da cui si esige e si aspetta che paghi qualsiasi imposta e sostenga qualunque regolamentazione in nome di un “bene comune”, dell’”interesse nazionale” o della “solidarietà”?
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