DI GABRIELE BARELLO
La questione immigrazione, soprattutto per i libertari è sempre stata chiara e limpida. Siccome siamo favorevoli alla libera circolazione di persone o merci, è impossibile impedire a chiunque di entrare, se munito di documenti e con buone intenzioni, in un altro paese. Murray Rothbard, definito da alcuni, “imbecille” o “idiota” nella sua opera magna “Man, Economy and State”, ha definito bene il ruolo dello “Stato” in una società Libertaria e/o Mini-anarchica, nella quale comunità libere decidono liberamente sul da farsi anche in tema fiscale, politico o militare.
Immagina il mondo del futuro con straordinaria lucidità, con fiscalità volontaria e soprattutto l’esistenza di confini ben definiti, ma non dallo Stato, che rimane una figura simbolica, ma dalle comunità libere, cioè dalle persone. Le nazioni e i confini esisteranno perché le persone definiranno i loro nomi e i loro confini. Quindi non Anarchia, ma regole ben precise. L’immigrazione verrà regolata dal mercato, se uno non sa fare nulla, tornerà nel suo paese perché non sarà mantenuto da nessuno. E qui Rothbard individua con genialità il succo del problema nel welfare, origine di tutti i mali odierni. L’immigrazione senza regole e confini è marxismo, i libertari sono l’esatto contrario. Sulla questione Islam, e sui problemi che all’epoca ancora non esistevano, è inutile criticarlo ovviamente. Rothbard non è di certo un “imbecille”, e sa benissimo i pilastri fondanti del Libertarismo tra cui quello di non aggressione. L’Islam è chiaramente incompatibile con le libertà individuali e tutti gli autori libertari sarebbero d’accordo.
Frederic Bastiat, fu un altro genio dimenticato, colui che smontò. dopo secoli di evidenti fallimenti storici, la questione dei dazi doganali, che definì come “…tasse, sulle tasse pagate dai poveri…”. In una delle sue opere più importanti “Protezionismo e Comunismo”, analizzò il fenomeno definendo chi sostiene ciò nientemeno che un socialista/comunista. Il dazio, distrugge il libero scambio, quindi l’accumulo di capitale e ricchezza, minando la rendita netta, cioè il ricavo effettivo da tale scambio. Non esiste il dazio giusto o necessario, esiste il dazio, cioè un tassa, quindi una rapina. Chi mette i dazi, ha solo interessi economici o politici in merito, fregandosene altamente dei consumatori finali, i quali pagheranno tale tassa, prima sul prodotto stesso, e poi anche sul proprio potere d’acquisto (tassa sulla tassa). Indovinate chi ha tali interessi economico/politici? Lo Stato.
Prima di sparare amenità quindi occorre studiare, e sono francamente stufo di vedere da settimane intere, scontri e insulti tra liberali classici e libertari, siete peggio dei bimbi dell’asilo. Certo la pensiamo diversamente su tanti temi e si è capito, ma il nemico comune è sempre quello!
Pietà di cosa? nessun fanciullo diventa maleducato da solo. Se un problema è di abbassamento culturale che porta all’incontentabilità da presunto benessere, un colpevole c’è. Ed è colui che ha le armi in mano per poter divulgare e non lo fa. Io ho citato anche uno con nome e cognome, non so ser riseda a Roma o a Milano Due o ad Arcore. Non voglio addossare tutte le responsabilità a lui ma aveva tra le mani un’occasione per essere alternativo a ciò che propina la scuola di stato. Non lo ha fatto, tradendo le istanze di chi aveva creduto che la cosa fosse possibile. E tradendo il programma condensato in due parole: rivoluzione liberale.
Pieta’ nel senso che non voglio piu’ sentir dire da nessuno
“e’ colpa di”.
Non si sente altro, e’ la formuletta magica dei nostri tempi.
“non voglio piu’ sentir dire da nessuno”
“nessuno” che reputo intelligente ;)
D’accordo, d’accordissimo. Ma che dobbiamo fare? Se la gente è cavillosa fino all’insania è colpa di qualcuno, è un problema culturale. Se non si incide in quel settore lì, non c’è soluzione. Il cavilloso fino all’insania è tale perché ignorante, semianalfabeta al pari di quello che ogni tanto si mette a scrivere qui sostenendo che Rousseau è giusnaturalista e Voltaire gisupositivista, che il diritto naturale non esiste e che la libertà è dittatura. Quando si dice che la luce oscura e il buio rischiara, non si è cavillosi ma deficienti e ignoranti. Sulla prima patologia si può ben poco ma sulla seconda si può intervenire. Non è detto che i figli dei cavillosi di oggi siano automaticamente gli insani di domani. O l’unica soluzione è costituita dalle bombe che si subiscono?
“O l’unica soluzione è costituita dalle bombe che si subiscono?”
Temo che sia proprio cosi’.
Ma non nel senso banale, bensi’ nel senso che il benessere, l’opulenza, rende incontentabili.
E l’incontentabile e’ infelice e rompipalle per definizione.
In una societa’ ove sperabilmente si sta bene, si finisce per stare male perche’ la gente che e’ abituata a stare bene non sa piu’ cosa voglia dire lo stare male, per cui non apprezza piu’ il bene in cui vive, e quindi sta male.
Ci sono dei momenti di grazia come quello seguìto alla fine dell’ultima guerra, ma durano solo per un po’, poi si torna alle condizioni di incontentabilita’ per cui alla lunga diventa inevitabile una nuova guerra.
“è colpa di qualcuno”
Pieta’! :)
correzione:
“in questo paese di merda”
va corretto con
“in questo paese di cavillosi di merda”
“Cavilli, motivo per cui la gente coscienza eccetera”
No ragazzi, non ci siamo proprio capiti: quello che voglio dire e’ che non si puo’ assolutamente essere liberi in un posto dove la gente e’ cavillosa fino all’insania.
Il limite della liberta’ del pugno di uno e’ nel naso dell’altro, come diceva Popper. Ma se l’altro ha un naso ipersensibile che si irrita fortemente al solo sbattere delle ali di una farfalla agli antipodi, converrete che la liberta’ del primo e’ zero, totalmente castrata fin dall’inizio.
La mentalita’ generale attuale e’ questa, e finche’ non si risolve questo problema tutto il resto e’ fuffa, e’ inutile.
Ieri sentivo per radio che l’italia rischia 1 MILIARDO di euro di multa per superamento dei limiti di inquinamento. Ma nella mia citta’, che e’ una con l’aria piu’ immobile e stantia, e le locandine dei giornali strillano che c’e’ il veleno mortale nell’aria, c’e’ un po’ di nebbia ma in realta’ l’aria e’ pulitissima e purissima, come non lo e’ mai stata negli ultimi 100 anni (anche perche’ nel frattempo hanno chiuso TUTTE le fabbriche) perlomeno secondo i miei un po’ piu’ tolleranti standard.
Si starebbe da dio, e gli allarmi sono platealmente gonfiati e ingiustificati.
Se dopo l’ultima guerra in questo paese di merda c’e’ stata un poca di liberta’, e’ solo perche’ i suoi abitanti, dopo aver preso 5 anni di bombe terapeutiche che gli cadevano in testa a caso, avevano il naso che era diventato insensibile alle irritazioni, e quindi stavano bene gustandosi anche il poco che gli offriva la vita e non si rompevano piu’ di tanto il cazzo a vicenda.
Adesso che hanno rieducato il loro naso ad avvertire la grave irritazione che gli provoca il battito delle ali della farfalla agli antipodi, non vivono piu’.
Quando ho scritto “sull’ultima frase…” mi riferivo all’intervento di Wiston Diaz, non a quello di Spago. Sul quale sono completamente d’accordo. Sia sulla diffusione culturale, sia sul fatto che la secessione non eviti con certezza la possibilità di creare un territorio meno libero anche se più piccolo. Gli Amish non sono un modello di libertarismo, non lo sono neanche i conventi. Ma se uno abbandona una comunità Amish o un convento, non viene arrestato dalla polizia. Ci sono altre forme di condivisione organizzata che invece sono autenticamente e completamente libere. Se ci ispiriamo ad esse siamo senz’altro coerenti e non protezionisti camuffati o addirittura razzisti mascherati.
Gli Amish hanno un elevato tasso di crescita demografica e buone probabilità di sopravvivenza. I libertari invece…
“Ci sono altre forme di condivisione organizzata che invece sono autenticamente e completamente libere.”
Quali? Dove?
Sull’ultima frase sono un po’ meno d’accordo. Non perché il cavillismo (mi si perdoni il probabile neologismo) non sia, almeno in parte, un’espressione dello stesso male che si vorrebbe curare. Ma perché a parte qualche eccezione, non mi sembra di aver ravvisato qui discorsi particolarmente cavillosi. Il problema non sono i nostri discorsi, ingarbugliati o meno, a poter funzionare meglio. La funzione migliore ce l’avrebbero, se fossero diffuse e divulgate, le idee dei grandi pensatori libertari e degli economisti della scuola austriaca. Il motivo per cui la gente è sempre più priva di una coscienza guidante, risiede proprio nella mancanza di conoscenza causata dalla scuola pubblica giustamente definita totalizzante. Al sultano brianzolo chiederei solo di utilizzare un canale per portare a conoscenza qualcosa di autenticamente alternativo, non di trasmettere il contenuto dei nostri discorsi. Visto e considerato che noi non abbiamo la possibilità di creare scuole che insegnino, al contrario di quelle di stato. Senza la conoscenza, il materiale umano di partenza sarà sempre con il problema di fondo ben descritto da Wiston Diaz. E noi continueremo a utilizzare questo sito come valvola di sfogo. Inconcludenti? Forse. Ingarbugliati? Sempre forse. Ma anche senza ingarbugliare, quale mezzo abbiamo per non essere inconcludenti?
Per orientarsi ci vuole la bussola, ma anche un minimo di conoscenza teorica necessario ad usarla.. per cui non importa sviscerare la filosofia ancap, ma diffondere i principi astratti e generali su cui si fonda, e che devono guidarci è importante. Diffondere il NAP non è ozioso, sviscerarne le più piccole implicazioni in ogni caso immaginabile può esserlo. Se non si diffonde il principio generale e non si dà un coerente quadro ideale le persone adotteranno comportamenti contraddittori. Quindi la battaglia è innanzitutto culturale, per diffondere una cultura della libertà a livello anche popolare, e senza farla troppo complicata. Solo in presenza di un minimo culturale condiviso i nostri discorsi e le nostre battaglie, come quella di Fidenato, possono essere capite. Se no tutto si risolve in gente confusa che si oppone allo Stato nei giorni pari e lo invoca spada tratta nei giorni dispari. O in gente che vuole la secessione per tirar su uno Staterello ancora più comunista o fascista di quello attuale..
Se la gente vuole la secessione per crearsi uno Staterello comunista o fascista, che male c’è? Affari loro.
Se i tedeschi volessero uno stato nazista che male ci sarebbe affari loro… tanto io sono italiano… anzi io sono io, che importa se tutti intorno a me sono comunisti e fascisti.. :)
Ma poi concretamente non c’è una secessione al giorno, ci fosse mai la secessione dei padani, spero che non dia vita a uno staterello opprimente quanto l’Italia..
Finche’ noi facciamo queste chiacchere inutili completamente prive di ogni costrutto, e che in qualche caso arrivano a travestirsi di libertarismo solo per esprimere razzismo istintivo, la UE minaccia di un miliardo di euro di multa l’italia per lo sforamento dei limiti di PM10 nelle aree tipo quella padana dove i limiti concessi sono gia’ di suo vicini al “fondo naturale”.
E stanotte probabilmente sono state approvate altre 100 norme prescrittive e regolamenti (del genere del famoso diametro del cetriolo).
“O a credere che cinque minuti di televisione generalista siano sufficienti a convertire il gregge dei sinistrati.”
Secondo te i nostri discorsi ingarbugliati qui dentro funzionerebbero meglio? Permettimi di dubitarne…
Secondo me il problema di fondo e’ che la gente e’ sempre piu’ priva di una coscienza che la guidi, che ha comodamente sostituito con la pan-legislazione positiva e con l’indottrinamento di una scuola totalizzante che riempie oramai il doppio della finestra di vita utile all’apprendimento delle persone. Per non parlare degli immondi e inconcludenti dibattiti televisivi (che pero’ non sono molto diversi di quelli dei blog, riconosciamolo).
Gente che quindi vuole sempre piu’ norme e sanzioni, definizioni formali e linee guida, perche’ non riesce piu’ a concepire un mondo dove non sia tutto strettamente regolato e specificato, PERCHE’ ALTRIMENTI NON SAPREBBE COME COMPORTARSI E REGOLARSI.
Se hai un materiale umano di partenza che e’ cosi’, la forma o la stessa esistenza o meno dello Stato e’ totalmente ininfluente.
E i discorsi causidici (incasinati e cavillosi) che facciamo qui dentro forse sono espressione dello stesso male che vorrebbero curare.
:)
Il razzismo è istintivo. Lo è anche l’egoismo. Qualsiasi ideologia che non affronti la realtà della condizione umana non può durare a lungo.
Nel caso dei Nunga abbiamo esportato il vaiolo. Ma con i Maori le cose sono andate diversamente e ancora oggi la loro popolazione aumenta. Dai 700.000 del 2006 ai 750.000 del 2016. Il problema della resistenza alle colonizzazioni non è quello legato all’esistenza degli stati perché gli spagnoli e i portoghesi hanno conquistato e distrutto entità che lo stato ce l’avevano. Una tribù può essere considerata stato? Se l’appartenenza ad essa è obbligatoria per nascita, evidentemente sì. Quindi, nell’America del Nord, il problema era la divisione e la contrapposizione reciproca delle singole tribù. Malgrado ciò, i cosiddetti nativi americani sono ancora milioni e ancora “in guerra” tra loro anche se non militarmente ma solo sul piano di un campanilismo tribale che non avrebbe ragione di esistere. Quanti sono, invevce, i sopravvissuti tra i Maya, gli Aztechi, i Toltechi ed altro? In India comandano le caste e non lo stato eppure gli inglesi se ne sono andati. In Africa gli stati li hanno creati gli europei stessi, all’epoca della colonizzazione non c’erano ancora. Eppure anche da lì se ne sono andati, non certo per merito degli “statisti” creati da loro.
Sul problema destra e sinistra occorre entrare nell’ottica delle diversità delle varie forme di pensiero. Se uno vuole la libertà e l’altro la tirannia, le due persone sono in contapposizione. Uno da una parte e uno dall’altra. Se una parte la chiamiamo destra, l’altra la dobbiamo per forza chiamare sinistra; se una la chiamiamo “sotto”, l’altra la dobbiamo per forza chiamare “sopra”. Vogliamo chiamare “sopristi” gli individualisti e “sottisti” i collettivisti? Per evitare di diventare come loro, cioè affetti da complesso di superiorità, vogliamo adottare il nominalismo contrario? Noi sotto e loro sopra? La posizione, il colore o altro sono solo simboli che però ci aiutano nella facilitazione del linguaggio. E questo indipendentemente dalla kafkiana metamorfosi in scarafaggio che può subire l’eletto in uno scranno parlamentare o consiliare. Quando sento uno che esalta il collettivo, penso istintivamente alla sinistra. La questione non serve solo a stabilire la posizione delle sedie per eventuali scarafaggi. Quando si afferma che associata al concetto di destra ci sarebbe sempre una forte enfasi poliziesca e punitiva, si dimentica di citare chi avrebbe creato questa associazione e magari lo stesso concetto. Semplicemente chi aveva e ha l’interesse a spacciare il cianuro per farmaco e viceversa. Quando si sostiene che la destra classica pone ciò in una cornice di libertà economica, si omette di dire che le condizioni per la libertà economica sono esattamente quelle contrarie alla cornice poliziesca tutta “legge e ordine”. A meno che non si intenda la legge naturale unita all’ordine spontaneo. La “cornice socialista” dei fascisti non è una distinzione interna alla destra ma una sua contrapposizione. Sono il collettivismo e il corporativismo a essere due questioni interne alla sinistra e se la sinistra è contraria al liberalismo (e lo è dichiaratamente), vuol dire che il liberalismo è la destra. Non esiste, non può esistere una destra “conservatrice” perché le dinamiche del mercato sono sempre in divenire. Una sorta di rivoluzione permanente e questo il liberale lo sa. Ma lo sa anche il suo avversario quando lo accusa, non di volere legge e ordine ma di chiedere continuamente deregolamentazioni e delegiferazioni. Quando lo considera un mercatista da far west, un liberista selvaggio, un fautore di una società senza regole. Quindi un anarchico, anche se questa parola il suo avversario prudentemente non la usa. Corporativisti, conservatori e mercantilisti hanno occupato illegittimamente l’area destra, in ciò supportati dai marxoidi per loro convenienza propagandistica: far passare agli occhi dell’opinione pubblica i fautori del mercato come sostenitori dell’autoritarismo. Il vero sotenitore del mercato è antiproibizionista, anche e soprattutto nel campo del narcotraffico. Il parziale antiproibizionismo di alcuni settori della sinistra è solo un espediente elettorale, non certo una coerente posizione con il loro pensiero originario. Un’eresia studiata a tavolino come specchietto elettorale per allodole analfabete. Per richiamare le cose con il loro nome occorrerebbe una rivoluzione culturale di segno opposto a quella della Cina di una cinquant’anni di or sono. Gli strumenti ce li ha chi ce li ha e chi li vuole usare. Il satrapuncolo di Arcore (uso il diminutivo perché è solo un poco più alto di me) ha ancora qualche mese di vita davanti per ripensarci e sfruttare un canale radiotelevisivo da destinare a produzione culturale autentica. Non a spacciare per culturali le trasmissioni sulle presunte voci dell’aldilà. O a credere che cinque minuti di televisione generalista siano sufficienti a convertire il gregge dei sinistrati.
Beh Rothbard ha attraversato vari momenti nella sua vita, ma in generale è stato quasi sempre favorevole alla libertà di movimento, anche se alla fine ha detto che stava rivedendo l’idea degli open borders, idea cui nemmeno io sono favorevole. In generale non è automaticamente detto che l’ultimo Rothbard avesse più ragione solo perché viene dopo. Quanto alla posizione di Rockwell che rifiuta persino un immigrato con un regolare lavoro mi sembra capziosa. Applica uno standard troppo alto per un mondo in cui esista lo stato e finisce per usare l’esistenza dello Stato come scusa per limitare eccessivamente la libertà e il mercato. Strano no che un anarcocapitalista si scordi l’importanza di un libero mercato del lavoro o che ricordi solo l’importanza della libertà di non associarsi e mai quella di associarsi liberamente. Sia Hoppe che Rockwell fanno trionfare le proprie preferenze e convinzioni personali legittime sul libertarismo, esattamente come i left libertarian, checchè ne dicano hanno una teoria thick del libertarismo. La proprietà pubblica è un argomento inestricabile per i libertari, a mio avviso è abbastanza problematico considerarla proprietà dei tax payer. Da un lato pagare le tasse con cui lo Stato conquista e mantiene una proprietà rubata non me ne rende proprietario, essa resta del proprietario cui è stata rubata. Dall’altro io posso essere il legittimo proprietario solo per appropriazione originaria o scambio volontario, se lo Stato mi deruba e poi si appropria di una terra in precedenza di nessuno è dubbio che ci sia stato un qualche atto legittimo di appropriazione originaria. Dall’altro ancora uno Stato è un caso di integrazione forzata perciò io mi trovo arbitrariamente unito a una massa di gente, che come me paga le tasse, e con cui sarei quindi comproprietario della proprietà pubblica, ma tra Ciascuno di noi ci sono infinite differenze su cosa ne vorremmo fare di questa proprietà e su come vorremmo fosse gestita e non c’è nessun metodo decente con cui questi proprietari possano esercitare il lodo diritto di proprietà, visto che possono solo chiedere allo Stato. In compenso quando abbiamo un contratto di lavoro abbiamo un chiaro accordo fra privati, desiderosi di usare liberamente la propria proprietà privata. Sarebbe assurdo per un libertario sostenere la limitazione dell’uso della proprietà privata perché esiste quella pubblica, è esattamente al contrario che dovremmo ragionare. Penalizzare qualcuno perché non paga le tasse poi è ridicolo: allora un evasore totale dovrebbe essere oggetto delle stesse considerazioni. La verità è che l’esistenza dello Stato è colpa di chi lo costituisce e lo mantiene, non può essere imputata ad altri, e usata per limitare la libertà dei privati. Se applicassimo l’idea che non si può fare ciò che in un regime statalista implica un costo per il contribuente vorrebbe dire che faremmo la possibilità allo Stato di renderci impossibile fare una quantità di cose: ogni volta che lo Stato rende pubblico un servizio usarlo significa far pagare i contribuenti, se ne derivasse il dovere di rifiutare quel servizio, quando lo Stato non permetta di averne un equivalente privato, vorrebbe dire accordargli la possibilità di strapparci pezzo a pezzo ogni libertà. E sempre per lo stesso principio se lo Stato dichiara che il comportamento X è reato,allora dovremmo rispettare questa imposizione a prescindere dal fatto che abbia senso o meno perché non rispettarla implica un costo per i contribuenti, dal momento che lo Stato spende dei soldi per dare la caccia, arrestare e mantenere in galera i criminali. Se ad esempio non privatizza le strade allora nessuno dovrebbe poter entrare perché consumando le strade pesa sui contribuenti? Se punisce con la galera la coltivazione di droga o il possesso non autorizzato di un’arma è nostro dovere di libertari obbedire? Ridicolo. I contribuenti devono prendersela con lo Stato non con estranei, privati, che non hanno dato alcun contributo alla costruzione e al mantenimento dello Stato. Quando abbiamo un contratto fra privati esso deve prevalere sulle considerazioni sollevate da Hoppe e Rockwell. Lo Stato deve intromettersi il meno possibile. Invece la loro idea va nel senso opposto di uno Stato tutt’altro che minimo. Trattano le frontiere come confini di una proprietà privata, ma questa è una cosa senza senso. Se decidono di vedere le cose così allora i contribuenti che pagano il 51% delle tasse sarebbero la maggioranza dei proprietari e potrebbero disporre della proprietà pubblica. Hoppe sostiene di poter prevedere il modo in cui una comunità privata gestirebbe l’immigrazione e che quindi bisogna chiedere allo Stato di gestirla così.. dice io a casa mica faccio entrare tutti, vero, ma se non distingue fra casa sua e uno Stato, allora io potrei dire che a casa mia non permetto a nessuno di tenere armi e dedurne che la politica appropriata è disarmare i cittadini! In realtà dovrebbe sapere che l’intero punto del libero mercato è permettere a ogni singolo proprietario di fare come vuole e che l’esito finale è cangiante e non prevedibile. Questo vale anche su come sarebbe gestita l’immigrazione. Mi sembra più appropriato vedere la proprietà pubblica come una proprietà confusa, il cui legittimo padrone è difficile da determinare, e che deve essere usata in modo che ostacoli meno possibile le decisioni dei proprietari sulle loro proprietà private, che sono invece proprietà chiare e determinate, a cui corrispondono pieni diritti proprietari. Con questo non dico che non vada controllata l’immigrazione, ma penso vada controllata solo nel senso di garantire sicurezza e difesa. Infine nulla impedisce che anche una comunità privata abbia una proprietà accessibile a tutti, ad esempio una strada, è una delle prerogative del padrone decidere chi può entrare e questo comprende anche la possibilità di decidere che possono entrare tutti.
Rothbard ci ripensò perché la situazione era drasticamente cambiata. Teniamoci presente che fino ai tardi anni ’60 negli USA i bianchi erano oltre il 90 percento della popolazione. Adesso circa il 60 percento. È naturale che si cambi idea quando si prende coscienza di una nuova realtà.
Anche in assenza di qualsiasi Stato gli uomini hanno sempre lottato per conquistare/difendere territorio. Siamo noi contro gli altri. Certo il “noi” può cambiare ma non può essere ignorato. Se non lo definiremo noi ce lo definiremo gli altri.
Se le persone non vogliono il formaggio olandese sono libere di non comprarlo, se c’è un forte consenso culturale e popolare diffuso sul fatto che il formaggio olandese sia un’offesa al palato da queste parti non si troverà questo formaggio. Nessuno dice che ci vorrebbe un’integrazione forzata della dieta attraverso un po’ di sana ultraviolenza statale, solo che cosa si deve o non si deve mangiare non è una decisione che deve essere presa da politici e burocrati a livello centrale, ma è qualcosa che deve emergere da un contesto in cui le persone sono libere e i diritti individuali difesi. Questa è una teoria legale per dir così, non una teoria morale, estetica, culturale. Poi uno può pensare quello che vuole sul noi e sul loro e come definirli, e può fare tutto ciò che desidera per sostenere le sue convinzioni finché lo fa senza aggredire o chiedete che sia aggredito nessuno. Ma un forte stato nazionalista e identitario è un nemico mortale per un libertario non inferiore a uno stato socialista di sinistra. Tutta l’opera di Mises o quasi si occupa di questo. Illusorio pensare che si possa separare in modo netto movimento di merci, capitali e persone, divisione e specializzazione del lavoro e libertà di movimento.
Le persone non sono merci. E Mises non era affatto un anarchico.
Combatté contro i russi nella prima guerra mondiale.
Mises era per quel che ho capito io generalmente favorevole alla libera circolazione delle persone, non vedeva di per se un contrasto tra immigrazione esigenze di sicurezza e difesa. E ha dedicato molta parte dei suoi scritti contro il nazionalismo.
Lo Stato nazionale identitario è un nemico, l’identità, il senso di appartenenza, la percezione di ciò che unisce e distingue dagli altri, di come sono simili o diversi da noi no. Come dire preoccuparsi di chi ha bisogno, donare soldi, fare volontariato va benissimo, lo Stato che promuove la redistribuzione e il welfare no. Vivere in modo sobrio, non sprecare, condurre un’esistenza semplice è ottimo, ma lo Stato che impone la decrescita no. Essere religiosi, pregare, osservare le pratiche, va più che bene, ma uno Stato confessionale o teocratico no.
Tu dici che gli altri non si fanno questi problemi e che il nostro liberalismo/ libertarismo sarebbe una debolezza?
Il libertarismo è unico ai popoli europei e la terzomondializzazione dei paesi europei e di origine europea porrà fine al concetto.
L’identarismo rimane fortissimo nel resto del mondo. I tunisini non hanno alcun dubbio su chi sono e chi no e si comportano di conseguenza.
https://www.youtube.com/watch?v=vqJKCxhWSHw
https://chelm.freeyellow.com/rothbard.html
Rothbard era amico di Sam Francis e condivideva certe sue idee.
Why race matters [Il perché dell’importanza della razza].
https://mises.org/system/tdf/JLS12_2_4.pdf?file=1&type=document
Rothbard era un paleolibertario.
https://www2.units.it/etica/2003_2/piombini.pdf
Rothbard era amico di Michael Hill e un forte sostenitore della League of the South la quale conta tra i suoi soci fondatori Tom Woods. David Duke non gli era affatto antipatico.
https://www.libertyclassroom.com/forums/topic/the-league-of-the-south/
L’ultimo Rothbard non era affatto d’accordo con l’immigrazione libera, in particolare quella proveniente dal Terzo mondo.
https://mises.org/library/open-borders-are-assault-private-property
“Siccome siamo favorevoli alla libera circolazione di persone o merci, è impossibile impedire a chiunque di entrare, se munito di documenti e con buone intenzioni, in un altro paese.”
Munito di documenti? Il libertario non rispetta lo Stato ma rispetta le sue carte? È un’assurdità.
Mi sembra ragionevole.
E’ il vecchio problema di una società senza stato che non è detto che sia automaticamente una società libertaria. Non è detto ma ci si avvicina, è comunque meglio dello stato e può diventare autenticamente libertaria perché avrebbe minori ingerenze. I kibbutzim, probabilmente, al loro interno non erano comunità libertarie ma la generazione successiva a Ben Gurion non ne ha voluto sapere; basta saper aspettare. Ogni entità collettiva, perfino la famiglia, è meno libera delle realtà basate sull’individuo. In convento non c’è libertà. E’ sufficiente che non si sia obbligati ad entrare in convento ma che ci si entri solo per un atto di spontanea volontà. E solo se si è accolti (nessun monastero accetterebbe una sorta di “immigrazione laica o interreligiosa forzata” in nome dell’integrazione e della libertà di circolazione). E’ vero che alcuni libertari sono solo sedicenti tali che vorrebbero in realtà costringere ma lo stato non è nato da un ordine spontaneo, bensì dalla sua negazione. L’anarcocapitalismo non è solo una teoria. Se non si traduce in realtà è perché troppi cosiddetti “liberisti pratici” si illudono di poter praticare un modello economico autentico mantenedo le strutture statali. E’ questa la vera utopia, nel mondo i sistemi liberisti non sono affatto praticati. C’è soltanto una diversa gradazione di socialismo. Altissima in realtà come Cuba, Venezuela, Corea del Nord, Francia, Grecia, Italia e Madagascar. Media come in Cina, Russia, Scandinavia, Stati Uniti, Gran Bretagna e Germania. Bassa come in Canada, Australia, Nuova Zelanda, Svizzera, Lichtestein. Il programma delle comunità spontanee potrebbe essere benissimo basato sul libero scambio, anzi potrebbe essere necessario per la loro sopravvivenza. Non è scontato, certo. Una comunità spontanea può anche decidere di essere isolazionista e autosufficiente. Dopo un po’ si accorgerebbe di praticare solo un’economia di sussistenza. Se vuole continuare, prosegua conventualmente. Ma se non vuole, nessuno stato deve permettersi di impedirglelo. Né dall’interno né dall’esterno. Anche se non mi sembra esatto storicamente affermare che “tutte” le comunità anglosassoni siano state sostituzioniste. In India di inglesi credo ne siano rimasti pochi, addetti d’ambasciata e di consolati a parte. Le colonie africane non pullulano di inglesi. Nel nord America le popolazioni locali, oltre a giocare a sterminarsi tra loro, non occupavano l’intero territorio. Diversa superficie era completamente disabitata prima dell’arrivo dei coloni e se pur in riserve, i cosiddetti indigeni (comunità chiuse e non credo spontanee) hanno una loro porzione abitativa. Stessa cosa in Oceania: siamo sicuri che i Nunga e i Maori sarebbero sopravvissuti senza la medicina importata dagli europei? Vediamo invece gli iberici. A parte i guatemaltechi e qualche tribù amazzonica, quante sono le precedenti realtà precolombiane sopravvissute?
“Anche se non mi sembra esatto storicamente affermare che “tutte” le comunità anglosassoni siano state sostituzioniste.”
Lo sono state dappertutto dove non c’era gia’ abbastanza gente abbastanza organizzata da potergli resistere. Cioe’ dove non c’erano gia’ degli Stati :)
“siamo sicuri che i Nunga e i Maori sarebbero sopravvissuti senza la medicina importata dagli europei”
Si’, lo siamo al 100 per cento, senno’ si sarebbero estinti prima. E credo che gli europei gli abbiano portato molte piu’ malattie che medicine.
Mi viene in mente che un esempio di comunita’ spontanea e’ quello degli amish dello Utah. Onestamente mi pare quanto di piu’ oppressivo e lontano ci possa essere dalle aspirazioni di qualsiasi liberista/libertario.
Penso che Tocqueville pensasse a quelle quando scriveva le famose pagine sulla degenerazione delle libere comunita’ in piccole satrapie schiave del loro stesso popolo. L’ordine spontaneo di una piccola e libera comunita’ , in accordo col Tocqueville, vedo molto piu’ probabile che finisca cosi’ che in altri modi.
“È necessario vedere la società come un ordine spontaneo, e lo Stato come una aberrazione, è necessario che senza Stato esiste ordine, che senza Stato regole e governo si producono lo stesso, ma sono retti da rapporti pacifici e volontari.”
Onestamente mi riesce difficile capire in base a quale miracolo un nuovo ordine spontaneo dovrebbe finire diversamente da come e’ finito quello che ha portato allo Stato (anche visto l’atteggiamento fascistoide di molti cosiddetti anarcolibertari, ai quali non piace essere costretti, ma si percepisce che non gli dispiacerebbe costringere).
I liberali invece sono contro il governo, ma non contro lo Stato (vedi Antonio Martino). E sono a favore della libera circolazione di merci, capitali e persone che lo Stato deve garantire, cosa che dubito rientrerebbe nel programma delle comunita’ spontanee, come del resto si riconosce e si dichiara sopra.
Quindi fra liberismo pratico e anarcocapitalismo teorico c’e’ un abisso di differenza: il confronto con la realta’.
Per il resto, non c’e’ solo l’esempio di israele, di ben piu’ grosso c’e’ anche l’esempio di tutte le comunita’ anglosassoni fuori dall’inghilterra: di fatto hanno invaso e sostituito le popolazioni locali dovunque si siano installate, anche indipendentemente e prima di costituirsi in Stati. Anzi, nell’era moderna, cioe’ dalla scoperta dell’america, forse solo loro hanno effettuato completamente la sostituzione antropologica nei luoghi che hanno invaso.
Che ne dite?
Quindi secondo te ad esempio Liberland è destinata a finire per essere una comunità oppressiva e statalista?
Io credo che il governo possa essere prodotto senza stato: una volta che le tasse sono volontarie e si riconosce il principio di secessione lo Stato come tale non esiste più. Le persone possono aggregarsi intorno a obbiettivi, valori, e set di regole in cui si riconoscono, e cambiarli o abbandonarli quando non li condividono più. La difesa della proprietà e della libertà può essere affidata ad associazioni volontarie private: nel libero mercato si possono trovare le soluzioni migliori, e possono emergere alternative a cui ora magari non riusciamo neanche a pensare. Anche i tribunali possono essere tranquillamente privati e in concorrenza fra loro. Già ad esempio è sfatato il mito che occorrano una moneta di Stato e una banca centrale.
Onestamente non credo che uno Stato possa trasformarsi in una comunità volontaria anarcocapitalista, ma penso che sia possibile fondare da zero una comunità di questo tipo in vari modi: come sta facendo Liberand, prendendo un territorio da uno Stato esistente per secessione, occupando un pezzo di Terra non ancora occupato, fosse pure il deserto o il polo… se parliamo di una comunità esplicitamente aggregata attorno alle idee anarcocapitaliste, che si dà il principio di non aggressione come legge fondamentale, penso che questo sia realizzabile. La condizione per mantenere una società di questo tipo è culturale, nè più nè meno che una consapevole adesione ai principi di fondo. In un contesto con una forte e consapevole cultura libertaria anche molte preoccupazioni per i più bisognosi trovano risposta: i libertari sono i primi a rendersi conto del valore e dell’importanza della solidarietà volontaria.
Questo è quello che io vedo/vedrei realizzabile oggi. Ma in prospettiva chi lo sa? se l’esperimento funziona, se procedendo si rivela foriero di idee, progetti, spunti e soluzioni utili, altri possono seguirlo, migliorarlo, e imparare da esso. Di certo non saranno nè l’Italia nè la Padania – quando mai dovesse secedere – a seguire questo percorso.
Per il resto capisco chi si ferma al miniarchismo perchè non ritiene sia possibile andare oltre, ma in linea di principio una volta riconosciuto lo Stato per quello che è, anche uno Stato minimo diventa odioso (come una mafia minima), per cui credo che tutti si possa dire che qualora fosse possibile l’ideale sarebbe fare senza Stato. Riconosciuto questo penso che non sia qualcosa a cui dobbiamo per forza rispondere ora: procedendo verso lo Stato minimo, forse un giorno ci renderemo conto che esiste la possibilità di andare oltre e avvicinarci ulteriormente all’ideale di una società senza alcuno Stato.
L’ordine spontaneo può prendere varie forme , molto diverse da quelle ipotizzate dai fascio-conservatori (rinominati libertari) formatisi con anni e anni di assidue letture di Libero o Il Giornale …………….. ad esempio così:
https://www.youtube.com/watch?v=0vVCSUafFVI
Ma questo e’ il villaggio dei drop-out raccontato da Rosi in “below sea level”.
C’e’ una migliorea descrizione dello spirito di questo posto in ALex Shoumatoff – Leggende del deserto americano.
Un assaggio:
“”Una galleria di fuggitivi
Il Sudovest è la parte meno americana degli Stati Uniti; come osservava la guida Wpa del New Mexico nel 1940, «in alcuni luoghi la vernice dell’americanizzazione è davvero sottile». Per questo motivo la regione attira dalla moderna America anglosassone e dall’Europa persone che sono alla ricerca di ciò che gli antropologi chiamano l’Altro. Il Sudovest consente di incontrare due categorie fondamentali dell’Altro, gli indiani e gli ispanici, senza neppure lasciare il Paese, ed è dunque un logico punto di partenza. Nel 1970 non lo sapevo ancora, ma ero anch’io un fuggitivo. Per il momento il mio disagio nei confronti della cultura dominante mi aveva soltanto fatto capire che non volevo vivere in città. Non ero «un uomo da marciapiede» come affermava Georgia O’Keeffe, un altro membro del gruppo. Ma nei successivi venticinque anni, l’interesse per l’Altro, il desiderio di reinventare me stesso all’interno di una cultura alternativa, mi avrebbero portato a viaggiare in tutto il mondo. Le persone che si avventurano in una ricerca di questo genere hanno quattro mete privilegiate: il Sudovest americano, l’Amazzonia, l’Africa e il Tibet. Io le avrei visitate tutte, tornando nel Sudovest più di dodici volte. Il Sudovest sarebbe stato il termine di paragone su cui avrei valutato i miei progressi, e lì avrei incontrato o conosciuto indirettamente altri individui di cultura anglosassone come me, anime affini, compagni di fuga che erano stati attirati da questa assolata e mistica parte del mondo, dove molte zone non sono sintonizzate sulla lunghezza d’onda degli Stati Uniti. E fu nel Sudovest che compresi finalmente come la mia ricerca partisse da un presupposto sbagliato, poiché non esiste un’alterità indipendente dalle proiezioni di ciascuno, e la abbandonai. A quel punto avevo viaggiato cosi tanto che nulla mi sembrava esotico. Avevo capito che nessun modello sociale è privo di aspetti venali. Potremmo dire che avevo incontrato l’Altro, e l’Altro ero io.”
In questo momento il pericolo che si corre è un prepotente ritorno del collettivismo, richiamato tanto dai dazi che dai ban sull’immigrazione. Solo gli individui o i gruppi che essi formano volontariamente scambiano non le nazioni in quanto tali. Ma i confronti basati sul pil o sul rapporto tra importazioni ed esportazioni implicano l’abbandono di questa nozione. Il confronto dei dati aggregati per nazione è senza senso, come lo sarebbe un confronto fra il mio condominio è quello di fronte, la mia via è quella di fianco, il mio quartiere e quello vicino.. allo stesso modo solo gli individui o i gruppi di individui possiedono, non le nazioni in quanto tali. Da libertario io possiedo ciò che ho ottenuto senza aggressioni, lavorando e scambiando, o per eredità e in regalo, e questo lo intendo mio, non dell’Italia e degli italiani. Reputo abominevole che ci siano milioni di persone che possono votare su tutto ciò che è mio, compreso l’uso del mio corpo e del mio tempo. L’Italia, ma gli Stati in genere, è un caso di integrazione forzata, si è formata attraverso la violenza e non riconosce il diritto di uscirne cioè di secedere. Anche tutti gli altri stati, compresi il Messico e quelli del Mediooriente lo sono. E solo gli individui aggrediscono, non sono i bianchi o i neri, gli occidentali o i mediorientali, i ricchi o i poveri, gli americani o i russi, i cristiani o i musulmani in quanto tali. Gli stati non fanno altro che mettersi in mezzo e aggredire gli individui, spossessarli delle loro proprietà, impedire loro di scambiare e coinvolgerli in guerre, scontri, faide e aggressioni contro altri stati e territori. L’immigrazione va regolata in qualche modo, ma il principio guida per il liberalismo e per il libertarismo è e deve essere la libera circolazione delle persone, da sempre difesa da Mises e da Rothbard. Senza non esiste un mercato: il mercato è mobilità, è il cliente che si muove di negozio in negozio, il mercante che viaggia per vendere e comprare le sue merci, l’imprenditore che si muove per cercare il miglior contesto dove lavorare, il capitalista che cerca ovunque investimenti convenienti, il lavoratore che si sposta per cercare il miglior datore di lavoro, lo studente, il ricercatore, l’apprendista che vanno dove meglio pensano di poter imparare, e così via. E ognuno dei singoli attori, padrone di sé stesso ha diritto di muoversi e operare secondo il suo giudizio, i suoi piani e le sue previsioni, non deve essere costretto a uniformarsi da uno Stato a un piano centrale. È necessario vedere la società come un ordine spontaneo, e lo Stato come una aberrazione, è necessario che senza Stato esiste ordine, che senza Stato regole e governo si producono lo stesso, ma sono retti da rapporti pacifici e volontari. Questo è il grande punto di divisione tra libertari e non. All’autore dell’articolo ricordo che Rothbard era anarchico, e questa è una differenza enorme tra anarcocapitalisti e randyani.
Infine vorrei dire che se vogliamo vedere il caso di un paese dove un’immigrazione insopportabile ha causato disastri, possiamo guardare al caso della Palestina e dii israele. Se ci lamentiamo dei numeri relativamente piccoli che abbiamo qui, i palestinesi si sono visti arrivare tante di quelle persone, che in proporzione sarebbe come se arrivassero qui trenta milioni di africani. Chiesero ai turchi e agli inglesi, sotto cui si trovavano, di impedirlo, ma ovviamente non lo impedirono. Ora se mai ci sarà pace fra loro, questa dovrà implicare il riconoscimento dello Stato di Israele, perché indietro non si torna, il che vuol dire che a un certo punto al di là dei torti e delle ragioni, si finisce a doversi rassegnare alle cose avvenute, perché nessuno può rimettere a posto il latte versato.
Mi sfugge un po’ il concetto finale relativo allo scontro tra “liberali classici” e libertari. Se i primi sono per l’esistenza dello stato nel campo della difesa, della giustizia e dell’ordine pubblico unitamente al mantenimento delle banche centrali, allora lo scontro è inevitabile. Non mi sembra che replicare ai difensori dell’esistenza dello stato sia da considerare alla stregua del comportamento dei clienti delle scuole per l’infanzia. Ayn Rand e Rothbard arrivarono al litigio: erano soggetti infantili? Se il nemico comune è “sempre quello”, due sono le strade: o riconoscere i cosiddetti liberali classici come nemici o allearsi con loro come male minore. Ma in caso di vittoria contro il vecchio nemico, le strade si separano inevitabilmente. I “classici” a sinistra e i “moderni” a destra. Perché sinistra significa più stato e più collettivismo, destra (autentica destra) significa assenza di stato e individualismo. Il vero estremista di destra è l’anarchico individualista. Fascisti e nazionalsocialisti occupano abusivamente l’area di destra, lo attesta lo stesso loro nome. Mi fa ridere Giorgia Meloni quando attacca la sinistra perché a suo dire sarebbe individualista e antiidentitaria. Se la più preparata del panorama politico italiana è a questo livello, figuriamoci i suoi accoliti del calibro di un Crosetto o un La Russa. Per non parlare di suoi potenziali alleati come Gasparri, Salvini, Berlusconi e quant’altro. Che si definiscono centristi e moderati, un insulto alla promessa e mai attuata rivoluzione liberale. Gli insulti li ho visti ma tra libertari e nemici della libertà. E generalmente sono stati questi ultimi a iniziare la danza dell’oltraggio, definendo noi e ben più autorevoli pensatori e filosofi come soggetti mentalmente incapaci, incolti, disonesti, avvinazzati e non ricordo che altro. Personalmente cerco di non insultare. Quando qualcuno mi ha dato dell’ignorante ho replicato. Soprattutto quando questo evidente analfabeta, dimostrava di non sapere nulla e di capire ancor meno; sostenendo ad esempio l’inesistenza del giusnaturalismo. E corroborando questa ridicola “tesi” con frasette estrapolate da scritti di Norberto Bobbio (senza citarlo) che affermavano una presunta difficoltà di definire i diritti naturali. E infatti, con questo principio, i filosofi sincretisti accettano tutto e il contrario di tutto. Per loro il diritto alla libertà non è un diritto naturale ma un’eventuale benevola concessione del tiranno che afferma e pratica il diritto imposto, un ossimoro senza pari. Per uno che a causa di necessità di sopravvivenza ha dovuto piegarsi al tiranno giurando fedeltà al fascismo, non è proprio il massimo. Ma è l’involontario massimalismo, anche se negato verbalmente. Che facciamo? Ci alleiamo con i friedmaniani e con Oskar Giannino perché gli altri sono tutti comunisti, compreso il possibile filodaziatore Trump? Per me può anche andare, tanto non devo candidarmi io dal momento che non possiedo i requisiti in quanto non ho mai partecipato allo Zecchino d’Oro. Ma se tra il nemico comune vanno annoverati anche i “classici”, è impensabile di poter osservare la fine dello scontro dialettico. In fondo anche Trump e Berlusconi ci hanno detto che il nemico comune è “sempre quello”. Ma loro, in realtà, da che parte stanno? In nome della battaglia contro il nemico comune, dobbiamo allearci anche con loro? E magari, perché no, rinunciando al nostro modo di pensare?
“destra (autentica destra) significa assenza di stato e individualismo”
“Il vero estremista di destra è l’anarchico individualista”
Non mi sono mai trovato d’accordo, associata al concetto di destra c’è sempre una forte enfasi poliziesca e punitiva, legge e ordine, che poi la destra classica conservatrice la ponga in una cornice di libertà economica e quella fascista in una cornice socialista sono solo distinzioni interne.
Detto questo, forse sarebbe finalmente ora di buttare destra e sinistra nel cesso e tirare allegramente lo sciacquone su questa distinzione che si basa poi solo sulla sistemazione delle sedie degli scarafaggi seduti nei parlamenti.