Un’intervista di Francesco De Maria.
Cari Libertari, come potete sperare di “resistere allo Stato”? Lo Stato è infinitamente più potente di voi, la lotta è impari…
Rivo Cortonesi Lo Stato è potente finché non collassa. Per dirla con la teoria e la pratica della deformazione dei provini di acciaio sottoposti a trazione, lo Stato non è ancora entrato in quella condizione di deformazione plastica che precede la rottura finale, ma, quello che è certo, è uscito dalla fase elastica, quella che consentirebbe, diminuendo il carico, di riportarlo a condizioni di stabilità dimensionale. Il sistema oligarchico e di connivenze trasversali che si è venuto a creare impedisce di farlo, nonostante le buone intenzioni di alcuni. Quindi la resistenza dello Stato, non la nostra, è già in parte gravemente compromessa ed è molto meno potente di quello che potrebbe sembrare.
Come mai quest’anno avete scelto il LAC? Siete andati nelle spese…
RC Perché “semel in anno licet insanire” (una volta all’anno è lecito fare pazzie), come dicevano i latini, più precisamente Seneca, se i miei ricordi liceali non sono offuscati.
Molti (ma non tutti!) pensano che lo Stato abbia assunto oggi dimensioni esorbitanti. È dunque ragionevole proporsi di ridurlo. Fino a che punto un liberista pensa che lo Stato possa essere ridotto? Quanto potrebbe essere grande lo Stato ideale, percentualmente, rispetto allo Stato reale?
RC Un liberista, a differenza di un liberale, non si illude che lo Stato, rebus sic stantibus, possa essere ridotto, quindi non siamo noi i “sognatori”, anche se tutti ci etichettano come tali. Si espanderà sempre più, essendo fondato sulla coercizione fiscale, attraverso la quale alimenta l’espansione dei suoi compiti e il consenso che ne deriva da larghi strati della popolazione, che ne traggono vantaggi tangibili a danno di altri che ne traggono invece svantaggi parimenti tangibili. Meno fisco significherebbe meno consenso, perché i fruitori della fiscalità sono più dei danneggiati. Dunque è impossibile ridurne compiti e dimensioni, come ben evidente anche alle nostre latitudini. Quando lo Stato collasserà lo farà improvvisamente, come un tondino di acciaio che si spezza per essere stato troppo allungato. Ma fino a che punto sarebbe auspicabile ridurlo se fosse possibile? Non ho dubbi: fino alle dimensioni necessarie per assicurare “seriamente” la difesa nazionale (l’atto fondante della Confederazione), oggi al contrario molto deficitaria, e arrestare, giudicare e punire chi fa “ciò che non si deve fare”. Credo che per questi soli compiti sarebbero sufficienti imposte indirette, dunque eguali percentualmente per tutti, e assai contenute, e per tutto il resto (scuole, sanità, assicurazioni sociali, infrastrutture ecc.) delegare alla sussidiarietà, all’associazionismo, all’iniziativa privata, cioè al mercato, all’azionariato diffuso e alle interazioni tra Liberi Comuni. Non so dire a quanto ammonterebbe la percentuale di riduzione dello Stato in questa ipotesi, ma penso di avere chiarito bene come la pensiamo.
Che cos’è esattamente Liberland? Una realtà? Una possibilità concreta? Un sogno?
RC È un sogno, con qualche possibilità di diventare realtà. Lascio al suo giovane leader libertario, il trentunenne cittadino ceco Vit Jedlicka, il compito di spiegarlo a chi sarà presente alla Conferenza, spero in molti. Quello che posso dire, se il sogno non sarà schiacciato dagli Stati confinanti con questo fazzoletto di “terra di nessuno” tra la Serbia e la Croazia, è che sarà un tentativo di fondare una comunità di tipo contrattuale senza tasse.
Lo Stato “libero e liberale” in realtà non vuole la libertà dei suoi cittadini. Infatti, la restringe ogni giorno di più. Dico bene?
RC Dice bene. I liberali sono in crisi ovunque, perché non hanno capito che è venuto il momento di affrontare intellettualmente e operativamente il nodo dell’illegittimità della violazione della proprietà privata attraverso le tasse sul reddito e sul patrimonio. Ma la stessa cosa vale per tutti gli altri partiti. Nessuno ha il coraggio di dire apertamente e fino in fondo di cosa soffre il malato, anche perché, al di là delle parole, sono in molti a trarre un profitto personale dalla coercizione fiscale.
Leonardo Facco non esita a parlare di “resistenza fiscale”. Come si può attuare? (A me sembra che lo Stato i suoi soldi, se li vuole, sia capace di prenderseli…)
RC Fino a ieri, per resistere allo Stato, bisognava essere “eroi”. E tra i libertari ce ne sono, pochi in verità, ma ce ne sono. Mi preme ricordare soprattuto l’amico Giorgio Fidenato, un imprenditore libertario veneto in lotta da anni contro lo Stato italiano. Oggi ci sono mezzi più sofisticati, meno eroici (e questo è un bene), ma estremamente più efficaci per resistere alla protervia degli Stati. Ne accennerà Leonardo Facco nel suo intervento. L’esito della sfida che si è aperta con l’avvento delle nuove tecnologie digitali è tutto da vedere.
I Liberisti credono nel mercato quale “migliore arbitro”. Ma c’è gente pronta a giurare che il mercato, lasciato “selvaggiamente” a se stesso, possa generare effetti devastanti sul corpo sociale, gravi disfunzioni e non meno gravi ingiustizie. Hanno torto?
RC Hanno torto. tutti i mali vengono dal “monopolio selvaggio”, non dal liberismo, cosiddetto, a torto, selvaggio.
Che cos’è la (da voi vituperatissima) “riserva frazionaria”? Può spiegarlo con parole semplici?
RC È il privilegio, concesso al sistema delle banche commerciali, di espandere i crediti oltre il risparmio disponibile e oltre le possibilità dell’economia di produrre la ricchezza necessaria per ripagare i debiti contratti con tali crediti. È il motivo scatenante delle bolle economiche. L’ultima, che stiamo vivendo, è stata coartata al di là di ogni limite di pudicizia monetaria, ma il boccone del 2007 continua nondimeno ad andare su e giù per la gola senza che lo si possa ingoiare! Auguriamoci che non prenda la via della trachea.
Che cos’è il “Codex Helveticus” ?
RC Un tentativo “scritto” (quindi molto dettagliato) di gettare le basi per “sperimentare” un nuovo modo dello stare insieme fondato su princìpi condivisi, attualmente disconosciuti oppure declamati, ma non rispettati. Si divide in due parti, una di elencazione di princìpi che dovrebbero essere alla base del nostro vivere civile, una di raccomandazioni per il sistema di rappresentanza politica e di funzionamento della democrazia. È scaricabile gratuitamente dal sito dei liberisti ticinesi www.liberisti.org
(Domanda cattiva) Perché il vostro verbo, elettoralmente, non passa?
RC Perché l’attuale consorteria di Stati, di matrice ottocentesca, non ci consente di “sperimentare”. Non si può essere convincenti solo con le parole quando siamo alternativi alla realtà che ci circonda. Le faccio un esempio: pensiamo alla fatica che hanno fatto gli scienziati per dimostrare che è la Terra a girare intorno al Sole e non il contrario. Se si fossero tenute delle libere elezioni, fino a prima di Copernico l’avrebbero vinte a mani basse i sostenitori della teoria geocentrica. Ma le scoperte scientifiche, a differenza delle scoperte nei possibili modi dello stare insieme, non si avallano a maggioranza elettorale popolare (per fortuna), né sono da tempo impedite nelle loro “sperimentazioni” dalla volontà dei più sui meno. Liberland potrebbe essere un’occasione per sperimentare cosa succede in una società senza tasse. Resta da vedere se il Sant’Uffizio degli Stati consentirà questo tipo di sperimentazione. Se dovesse funzionare forse il nostro verbo passerebbe anche elettoralmente, oltre che “intellettualmente”. Cosa questa che già accade.
Il momento magico dei Liberisti, tutti lo sanno, è a novembre. Ma che cosa fate durante tutto il resto dell’anno?
RC Posso rispondere per me e per i miei amici più prossimi: svolgo un’opera di “apostolato” continuo per divulgare i princìpi libertari del Cristianesimo (anche il mio intervento a Interlibertarians si occuperà di questo) e quelli della Scuola Austriaca di economia. Lo faccio ogni volta che me ne viene data la possibilità o che se ne presenta l’occasione. Non mi pesa, anzi questi princìpi mi dànno la forza per analizzare con serenità i fatti che accadono e mi sono utili per orientare le mie scelte economiche e anche il mio lavoro. Mi dànno anche una grande serenità d’animo, attraverso la quale, come San Benedetto da Norcia, cerco di godermi al massimo il dono della vita che il Creatore ci ha dato, indipendentemente da tutto ciò che di brutto mi circonda. Altri miei amici “laici” si comportano esattamente come. Poi a Novembre ci raduniamo e facciamo festa, perché …. semel in anno licet insanire! In fondo siamo gente felice, forse perché abbiamo la presunzione di essere arrivati a conoscere la Verità, alla quale si può convergere sia dal punto di vista laico che religioso. A volte attraverso percorsi intellettuali tortuosi (abbiamo casi di socialisti convertitisi al “libertarismo”, un po’ come Paolo sulla via di Damasco), premiati però alla fine dalla condizione d’animo cui ho accennato.