DI MAURO GARGAGLIONE
Non è vero che non tutta la spesa pubblica viene per nuocere. E’ un gravissimo errore di chi non capisce nulla di economia. Ogni centesimo di spesa pubblica nuoce a qualcuno. Perchè lo Stato non produce ricchezza ma preleva soldi da chi la produce (o l’ha prodotta in passato e la sta risparmiando) e li spende. Ma non producendo ricchezza aggiuntiva pesca nella torta della ricchezza esistente e trasferisce fette da uno all’altro a suo insindacabile e irresponsabile giudizio.
L’unico modo che l’uomo ha inventato per produrre ricchezza aggiuntiva è il libero mercato. La spesa dello Stato è semplicemente spostamento forzoso dei risultati ottenuti da chi lavora in regime di competizione, a beneficio di qualcun altro che ne beneficia senza averli guadagnati.
La prova del nove è che le nazioni sono più ricche finchè l’interferenza dello Stato nell’indirizzare la spesa pubblica non oltrepassa un certo limite oltre il quale quanto viene prelevato è superiore a quanto viene prodotto dal libero mercato. Il che non vuole affatto dire che esiste un limite di tassazione al di sotto del quale si beneficia lo sviluppo economico ma che esiste un limite di tassazione che causa danni non mortali al sistema economico.
Si può dire in altri termini. Non esistono le tasse giuste e quelle sbagliate ma quelle sopportabili e insopportabili. Le tasse sono sempre un furto e la spesa pubblica, che è fatta di tasse, è il risultato di un mega furto compiuto dal potere politico e Statale nei confronti delle persone.
Questi concetti erano, ad esempio, alla base del thatcherismo che risollevò il Regno Unito da una crisi che per molti versi era assai simile a quella che stiamo vivendo in Italia. La differenza è che lì nacque una Thatcher che fu votata e andò al governo per oltre due mandati e che, a distanza di oltre vent’anni, ha lasciato un’influenza che abbiamo rivisto nel referendum sulla Brexit. Da noi si affermò un Berlusconi che, per salvare le sue aziende, autorizzò i suoi sostenitori politici a mangiare a quattro palmenti pescando dalle tasse degli italiani. Col trionfo finale del commercialista di Sondrio che ha armato gli aguzzini di Equitalia.
Diffidiamo sempre dei commercialisti (da Sondrio a Pozzallo) che sulla pletora di scadenze ci campano (e bene!)
Con “Le 100 tasse degli italiani” Tremonti si dichiarava nemico, se non delle tasse, almeno del numero infame delle stesse e della complessità della burocrazia fiscale; poi ha s-governato lui e non ha attuato nulla dei suoi insegnamenti.
Mi sa che tra il dire e il fare c’era di mezzo pure l’interesse corporativo, oltre alla sempre solita troppa acqua salata.