di REDAZIONE
[yframe url=’https://www.youtube.com/watch?v=B57smiBEg9g’]La politica mira sistematicamente a progetti di corto-medio termine anziché a progetti strutturali di medio-lungo termine. Pochissimi politici, infatti, sono motivati ad avanzare e sostenere proposte i cui risultati si vedranno quando loro non saranno più in carica e quindi non potranno trarre i benefici politici connessi. L’apparato burocratico, invece, funziona secondo il principio della catena di comando secondo cui a una decisone del superiore corrisponde l’esecuzione del subordinato: Il funzionario pubblico, in altre parole, tende a crearsi minori problemi possibili e ad aumentare il proprio margine di manovra. Fatte queste debite premesse ci si può occupare della concorrenza fiscale, che è oggetto di questo seminario, ed è negativa per i politici ma positiva per i contribuenti.
La concorrenza fiscale è uno degli strumenti istituzionali più efficaci per tenere a bada l’esplosione della statalizzazione della vita sociale. Lo Stato va limitato perché è per sua natura illiberale e nemico della libertà personale. Al fine di evitare la nascita di un mostro illiberale, il Leviatano, vi sono due soluzioni: la divisione dei poteri e il decentramento spaziale delle strutture statali. Questa seconda alternativa conduce alla teoria economica del federalismo.
Nel quadro di una teoria economica della concorrenza istituzionale è importante che ogni ente locale sia autonomo riguardo al proprio finanziamento. Il federalismo, inteso come concorrenza tra giurisdizioni indipendenti è di centrale importanza per realizzare progetti in sintonia con le preferenze dei singoli. Grazie alla concorrenza tra enti locali e alla possibilità di “votare coi piedi”, ogni qual volta si ritengano inadeguati i sevizi del proprio Stato, si creano fortissimi incentivi affinché i politici seguano la volontà della popolazione. Ovviamente tutto questo entra in contrasto con gli incentivi privati dei politici e dell’amministrazione pubblica. Senza concorrenza fiscale e istituzionale si facilita il lavoro dei politici e dei burocrati, a tutto svantaggio dei cittadini. Il caso Svizzero è esemplare degli effetti della concorrenza fiscale e istituzionale. Compreso il funzionamento ed i retroscena del federalismo elvetico, si può comprendere il federalismo fiscale e la concorrenza fiscale che si gioca tra i 26 Cantoni ed i quasi 3.000 Comuni della piccola Svizzera di 8 milioni di abitanti. Si comprende anche perché i piccoli Stati sono più liberali dei grandi.
In conclusione, per sintetizzare l’analisi della concorrenza fiscale, occorre soffermarsi su alcuni principi generali: 1) Non fidarsi delle parole, ma operare attraverso un approccio analitico proprio dell’ individualismo metodologico; 2) Fidarsi delle Istituzioni. La frammentazione istituzionale e la possibilità di scegliere da chi farsi tassare frena sia la crescita della spesa pubblica rapportata al reddito complessivo sia quella delle entrate fiscali rapportate al PIL; 3) Fare proposte coerenti. Le strade perseguibili sono molte non appena si cessa di ragionare in termini olistici. Ad ogni modo, nel lungo termine, è sempre valso il principio che “le idee hanno conseguenze, e che dalle giuste idee non si può prescindere”.
Il prof. Paolo Pamini economista, è docente in Law & Economics presso il Politecnico Federale di Zurigo. A Zurigo, dal 2000, ha tenuto corsi di macroeconomia, matematica e finanza. Si è occupato di temi legati a modelli di gestione partecipativa d’azienda su base consensuale (sociocrazia), agli attentati politici in America Latina e parimenti alle distorsioni politico-economiche del patrimonio dell’umanità dell’UNESCO. Professionalmente è attivo a Lugano presso i servizi legali e fiscali di PricewaterhouseCoopers, e nella consulenza fiscale nazionale per imprese. Ricercatore associato del Liberales Institut (Zurigo), scrive regolarmente op-ed per il Corriere del Ticino e il Giornale del Popolo. Ha curato la parte antologica de “I sette peccati del capitale” di Tito Tettamanti (Sperling & Kupfer 2002, Bilanz Verlag 2003), e ha scritto con Thorsten Hens il manuale “Grundzüge der analytischen Mikroökonomie” (Springer 2008). Con Christian Pala ha scritto il capitolo sui mercati finanziari dell’ “Indice delle liberalizzazioni” dell’Istituto Bruno Leoni. Collabora con la rivista scientifica di cultura liberale Liber@mente edita dalla Fondazione Vincenzo Scoppa.