“Gli esseri umani sono intelligenti. Possiamo infrangere o eludere ogni regola imposta. Se si trova una regola che sembri descrivere come agisce un gruppo di persone, sarebbe bene essere cauti nel cercare di usare quella regola per controllare le persone… Ma a volte è possibile disegnare sistemi umani che funzionano. Per esempio, creare leggi sulla sanità ha fortemente ridotto la diffusione delle epidemie. Tassare le persone per pagare la costruzione di strade ha portato ad avere più strade e migliori di quante ne avremmo avute le se cose fossero state lasciate al settore privato”. (N. Smith)
A Noah Smith capita spesso di affrontare il tema dell’uso della matematica in economia. Alcuni ritengono che, in buona sostanza, non abbia alcuna scientificità un articolo, un saggio o un manuale di economia che non sia infarcito in ogni sua pagina di equazioni. E più queste equazioni sono complesse, più il lavoro è considerato scientifico. Inoltre, la base di ogni lavoro deve essere rappresentata dai dati. Solo elaborando i dati si può costruire una teoria.
Altri ritengono, al contrario, che solo partendo da alcuni assiomi autoevidenti si possa elaborare una teoria, e che i dati servano a rafforzare la teoria stessa. In questo caso la matematica può essere un utile complemento, ma non lo strumento principe utilizzato dall’economista.
Personalmente ritengo corretta la seconda opinione, per il semplice fatto che non vi è economia senza azione umana, e che gli esseri umani non sono né pietre, né automi. Gli esperimenti di laboratorio che sono il pane quotidiano delle cosiddette scienze dure (si pensi alla fisica o all’ingegneria) non possono avere la stessa affidabilità nel caso dell’economia.
Per quanto si lavori su campioni numerosi e diversificati di persone alle quali sottoporre dei test per analizzarne il comportamento e trarne indicazioni utili a una teoria, occorre sempre considerare che ogni campione sarà inevitabilmente inadeguato a rappresentare miliardi di individui e, al tempo stesso, che ogni individuo può agire diversamente in situazioni simili ma in momenti differenti.
Lo stesso Smith riconosce che è bene essere cauti nel legiferare basandosi su “una regola che sembri descrivere come agisce un gruppo di persone”. Però è decisamente tra coloro che, in economia, ritengono che le argomentazioni siano ancelle della matematica e degli esperimenti di laboratorio, e non viceversa.
Di conseguenza, ritiene condivisibile l’uso della coercizione per “migliorare” la società. Per esempio, rendendo obbligatorie certe cure o imponendo certe tasse per finanziare talune spese pubbliche. A suo dire, così si otterrebbero risultati migliori rispetto al lasciare operare liberamente il settore privato.
Solitamente, nel sostenere che qualcosa è “migliore”, molti (tra i quali Smith) tendono a oggettivizzare un punto di vista soggettivo (il che, in economia, deriva dal considerare identiche le funzioni di utilità individuali). Quando c’è di mezzo la legislazione, “migliore” diventa il punto di vista del legislatore pro tempore, che sostituisce la propria volontà a quella degli individui.
In assenza di coercizione pare che si avrebbero ancora epidemie da medioevo e strade piene di buche (che, a onor del vero, in Italia abbondano da più parti nonostante la tassazione e la legislazione siano altrettanto abbondanti). In realtà, in assenza di coercizione la quantità e le caratteristiche di beni e servizi dipenderebbero da scambi volontari e non dalla volontà del legislatore.
Non ci sarebbe l’eccesso di domanda tipico dei beni apparentemente gratuiti e la solidarietà tra persone non sarebbe ottenuta con la coercizione. Due cose evidentemente inaccettabili per chi ritiene che ciò che lui stesso considera “migliore” debba essere migliore per tutti, anche a costo di usare la forza.
https://www.youtube.com/watch?v=9rEXe4y1d8Q
Anche nelle scienze naturali c’è molta roba tutt’altro che dura, vedi darwinismo e altro.
Lo studio dell’azione umana si basa su assiomi logico deduttivi, la cosa più solida in assoluto. In questo senso è più dura di molte altre scienze, e per questo non ha bisogno di matematica. La matematica è figlia della logica, non viceversa.
L’economia farlocca è autocontraddittoria, accetta alcuni assiomi ma è pronta a negarli come se niente fosse quando gli fa comodo. Imbellettando il tutto con calcoli privi di senso, vedi quello del pil, come se investire in beni capitali piuttosto che in beni di consumo fosse la stessa cosa dal punto di vista delle conseguenze logiche.
No, niente refuso. Pare che ci sia la distinzione tra scienze dure e scienze molli, le prime basate su ciò che una volta si fondava il concetto di scienze esatte mentre le seconde dovrebbero essere assimilabili alle scienze umane. Non conoscevo le definizioni, forse si tratta di una terminologia piuttosto recente. Ma non sono sicuro neanche di questo.
Forse è solo un refuso per “scienze pure”.
Forse potrebbe essere più semplice parlare in termini di scienze naturali (scienze dure) e scienza sociali.
Esatto. In inglese “hard sciences” sono le scienze naturali.
Scienze dure?