In questi giorni è scoppiata l’ennesima bufera politica sul tema dell’immigrazione. Il Ministro di Giustizia, Orlando, a seguito delle dichiarazioni dell’Anm contro il reato di clandestinità, aveva predisposto una depenalizzazione dell’illecito che ad oggi prevede un’ammenda di 5.000 euro e l’espulsione immediata per chi entra in Italia senza permesso. Il provvedimento al momento è stato bloccato, avendo sollevato non pochi dubbi fra l’opinione pubblica. E poiché chi governa bada ai sondaggi…
Tuttavia il dibattito resta acceso: Unione Europea, magistratura, e gran parte dell’establishment governativo spingono per una depenalizzazione, per salvaguardare il diritto universale di asilo e libera circolazione. Contrari, a parole, gli esponenti del centro-destra: fautori in passato di grandi sanatorie.
Nel battibecco demagogico in corso, qualcosa tuttavia risulta chiara e cristallina, soprattutto da una prospettiva libertaria: lo Stato, nell’assetto di tutti e tre i suoi poteri, si rende disponibile alla rinuncia del proprio potere di coercizione per una determinata categoria di individui. Nella fattispecie, l’abolizione del reato di clandestinità renderebbe concreta per i nuovi arrivati una sorta di cittadinanza fluida, nella quale alcuni diritti di base sarebbero garantiti dal diritto umanitario del welfare globale, ma dentro la quale i confini del famoso ed aleatorio “contratto sociale” diverrebbero più che labili. Quali tasse dovrebbe pagare un non-clandestino? Quali leggi dovrebbe rispettare? Quale livello di coercizione dovrebbe subire? Dovrebbe pagare l’Inps per gli anziani italiani o avrebbe diritto di risparmiare quei soldi nel modo che più ritiene legittimo?
In breve, siamo di fronte ai primi cedimenti del concetto stesso di cittadinanza. Il che apre prospettive più che interessanti per tutti quegli italiani che hanno da tempo compreso la fregatura schiavistica che sta dietro il monopolio coercitivo dello Stato quale monopolista della forza e della tassazione su di un dato territorio. La discriminazione fra la cittadinanza pesante (quella dello stato sociale costruito sul sangue del Piave) e quelle leggere e fluide senza radici dell’immigrazione, non potrà che sviluppare tensioni sociali ma anche un naturale livello di concorrenza. Una concorrenza fra gli schiavi biologici del welfare e gli schiavi importati dei cicli economici, destinata a riportare tutti noi coi piedi per terra e alla pura libertà: al naturale ordine delle cose, alla tutela e allo sviluppo della proprietà privata.
I poteri forti vedono nell’immigrazione un modo per eliminare il rischio di rivolta da parte di una maggioranza relativamente omogenea. La balcanizzazione gioca a favore del gruppo di comando più unito.
Più che altro bisognerebbe compiacersi della fine della cittadinanza obbligatoria. Poi, le “identità pesanti” possono rimanere su base volontaria. E se questa base sarà un deterrente contro i predoni, cosa assai probabile (e non lo dico per ottimismo ma per ragioni fisico – matematiche nonché storiche), tanto di guadagnato.
Molto ottimistico l’articolo; tuttavia temo che dal suicidio in atto dello stato nazionale, per il quale non provo alcun affetto, nascerà una società ancora più lontana dagli ideali libertari.
Questi cedimenti sulla cittadinanza fan parte di un piano generale di abbassamento di braghe e non da riflessioni libertarie.
Il libertario che si compiace della fine della “cittadinanza pesante” vuole combattere il cancro ammazzando il paziente.
L’unica concorrenza che avremo quando si sarà trasferito qualche milione di “cittadini fluidi”, sarà quella tra bande di predoni, esattamente quello che succede adesso nei paesi da cui queste “risorse” provengono.
Spiace constatare che l’internazionale comunista, assetata di rivincita verso il mondo occidental-capitalistico e mirante allo sfascio del “tanto peggio tanto meglio”, trovi degli alleati proprio in chi dovrebbe pensarla in modo diametralmente opposto.
Suicidio assistito.
“La discriminazione fra la cittadinanza pesante (quella dello stato sociale costruito sul sangue del Piave) e quelle leggere e fluide senza radici dell’immigrazione, non potrà che sviluppare tensioni sociali ma anche un naturale livello di concorrenza.”
Osservazione acuta.
La logica conseguenza della osservazione riportata è che ad un libertario (che non tollera l’ingerenza dello stato nella sua vita pubblica e privata) conviene privilegiare tutte quelle soluzioni che spostano la sua vita:
– dalla cittadinanza pesante (sposarsi, figliare, aprire p.iva, intestarsi mobili ed immobili e società, aprire cc e conti titoli, etc);
– alla cittadinanza leggera che consiste nell’ottenere dallo stato unicamente un passaporto e l’assistenza ospedaliera quando si sta in europa, cioè in sintesi le prestazioni riservate agli iscritti AIRE.
Grazie alla cittadinanza leggera (ed in attesa di ottenere un passaporto di uno stato meno ingerente tipo panama per esempio), un libertario può godere di un accettabile grado di libertà anche in un mondo orrendamente malato come questo.
Purtroppo è una soluzione che non tutti i libertari possono adottare, ma quella della cittadinanza leggera E’ la soluzione.