Per l’Economist rappresenta la prossima grande rivoluzione. Oggi tutti ne parlano, ma pochi sanno bene cosa è e come funziona. Le banche lo temono, ma alcune ne riconoscono l’utilità. Stiamo parlando di Blockchain, la tecnologia alla base di Bitcoin, la rete peer-to-peer che consente di pagare beni e servizi senza fare uso di valuta a corso legale e senza ottenere l’autorizzazione di un ente centrale (governo, banche…). Nel mondo si stima siano quasi 10 milioni le persone che fanno scambi con bitcoin, che partito con un valore unitario di 0,0025 dollari (il primo acquisto noto, nel 2010, fu di un paio di pizze, dal valore di 25 dollari circa, con 10.000 bitcoin), oggi ne vale circa 330, con punte in passato di 1.200.
Ma quali sono le opportunità che questa nuova tecnologia comporta? Millionaire lo ha chiesto a Giacomo Zucco, 32 anni, laureato in fisica teorica con un passato in Accenture, che da diversi anni si occupa del fenomeno. Oggi, oltre che partner del network di consulenza WMO, è l’ideatore di Assob.IT, associazione che riunisce tutti gli esperti del settore (imprenditori, startupper, studiosi, hacker o semplici appassionati) per dare informazioni sul fenomeno. E ha anche lanciato da pochi mesi FintechLAB, una Fondazione di ricerca con annesso un incubatore per idee imprenditoriali nel settore.
Giancarlo Donadio: Ci dai una definizione di Blockchain?.
Giacomo Zucco: La definizione tecnica è ” libro mastro decentralizzato e crittograficamente sicuro di transazioni”. Più in generale, possiamo dire che è una tecnologia che permette di scambiare su internet non solo informazioni ma, per la prima volta, anche proprietà. Non solo il pagamento o lo scambio di beni e servizi, ma qualsiasi altra forma di collaborazione tra uomini potrà approfittare delle possibilità offerte dalla rete, grazie a questa innovazione. La differenza con altri sistemi peer-to-peer, come ad esempio Bittorrent, che viene usato per scambiare file musicali o video in rete, è la scarsità: un bitcoin, a differenza di un file mp3, non è infinitamente riproducibile, non è duplicabile. Non ne potranno nemmeno essere creati di nuovi in quantità infinita: i bitcoin contenuti nel protocollo sono come l’oro in una miniera, che contiene solo una quantità predefinita di metallo, dopo di che si esaurisce.
GD: Qual è il suo valore?.
GZ: Il valore di un bitcoin è dato dalla sua utilità come “oro digitale” e dal fatto che permette l’utilizzo del sistema Bitcoin. E il valore del sistema Bitcoin è quello di poter portare la finanza e il commercio nell’era di Internet senza dover passare da terze parti fiduciarie o da enti centrali. Si tratta di una rivoluzione paragonabile a quella rappresentata da Internet stessa negli anni ’90. Mi piace fare un esempio sulla tecnologia e-mail: che valore aveva un indirizzo email appena la tecnologia è comparsa? Un appassionato di tecnologia poteva anche aprirsi un indirizzo e-mail, nel 1993, ma a chi poteva scrivere, se nessun’altro ancora la utilizzava? Eppure già allora i più acuti potevano capire di avere a che fare con il futuro delle comunicazioni. Ebbene con Bitcoin sta accadendo la stessa cosa. Anche se il numero di utilizzatori è ancora minuscolo, e quindi le possibilità di utilizzo effettivo della tecnologia sono ancora solo embrionali, chi studia il sistema capisce di trovarsi davanti al futuro della finanza e del commercio. Quindi conviene essere in anticipo sul fenomeno.
GD: In che modo?.
GZ: Innanzitutto studiandolo. Poi, pur consci dell’incertezza di una simile scommessa, procurandosi anche qualche bitcoin, immaginando, in caso di diffusione, un valore futuro molto più alto di quello attuale, proprio per la sua scarsità. E poi investendo in nuovi progetti e startup del settore: come nel caso di Internet, una volta diffuso il protocollo di base rimane ancora un intero ecosistema da costruirci sopra!.
GD: Come si ottengono i bitcoin?.
GZ: Per chi ha i mezzi necessari è possibile produrli, o meglio “estrarli”, aiutando a mettere al sicuro la rete tramite la risoluzione di complessi “enigmi” crittografici. Come si fa? Con un software libero e con (costosi) circuiti stampati ad hoc, mettendo quindi a disposizione una potenza di calcolo molto elevata. Chi risolve gli “enigmi” ed “estrae” i bitcoin, mettendo così al sicuro la rete, si chiama in gergo “miner” (minatore), proprio perché come un minatore deve tirare fuori una risorsa che esiste in quantità finita (e sempre più scarsa) dalla miniera dalla rete. Non si tratta più, oggi come oggi, di un’attività per principianti: ora è necessario un investimento industriale importante. Più facile e alla portata di tutti è acquistare bitcoin, anzichè estrarli, pagandoli normalmente in euro, o tramite transazioni private (in questo caso si va sui forum del settore e si cercano persone disposte a venderli) o accedendo ai numerosi mercati online (exchanges, come per esempio www.kraken.com, o l’italiano www.therocktrading.com) dove è possibile fare offerte di acquisto. Per ricevere e detenere i bitcoin, basta semplicemente avere un software che si chiama “Bitcoin Wallet”: ne esistono di diversi tipi, spesso gratuiti, anche sotto forma di app per smartphone. Si può anche partecipare al funzionamento della rete senza essere necessariamente dei miner, mantenendo un cosiddetto “full-node”: basta andare sul sito https://bitcoin.org/en/full-node e scaricare il software open source e gratuito da far girare sul proprio computer.
GD: Come è la situazione oggi in Italia intorno al fenomeno?.
GZ: C’è ancora molto sospetto nel mondo finanziario, anche se alcune banche iniziano a interessarsi e finanziare startup del settore (25 tra le banche più grandi del mondo sono da poco entrate nella startup R3, che punta a creare delle specie di “blockchain private” dedicate al mondo finanziario tradizionale). In Italia abbiamo tanti esperti e studiosi del settore. L’interesse è alto. Difficile fare una stima invece di quanti utilizzano la tecnologia nel nostro Paese: gli indirizzi bitcoin non sono nominali, e ogni utente ne può creare potenzialmente infiniti…d’altro canto, molti utenti non usano direttamente un indirizzo bitcoin, perchè si affidano a wallet fiduciari forniti da terze parti, come delle specie di “banche”, come nel caso di www.coinbase.com.
GD: Principali vantaggi e svantaggi?.
GZ: A differenza di quanto spesso si dice, la tecnologia blockchain attuale ha lo svantaggio di essere comparativamente inefficiente per effettuare transazioni di valore: rispetto a sistemi fiduciari e centralizzati, come VISA o PayPal, le transazioni Bitcoin sono meno scalabili (al momento non possono esserne gestite più di 7 al secondo), più lente (anche se le transazioni sono istantanee, le conferme da parte dei “miners” arrivano dopo decine di minuti), più costose (anche se oggi il costo della rete in gran parte non è pagato da chi fa transazioni, ma dall’inflazione implicita nel procedimento di “mining”). Ma a fronte di questi svantaggi, il vantaggio è che, sempre al contrario di quello che molti pensano, si tratta di una tecnologia notevolmente più sicura. Pagamenti in PayPal o MasterCard, possono essere manipolati, respinti, modificati o bloccati, da un hacker che attacca i server della compagnia, un dipendente della compagnia stessa o da un ente governativo. Con Bitcoin tutto questo non può succedere.
GD: Cosa fa la vostra associazione, AssoB.IT?.
GZ: Diffondiamo la conoscenza e mettiamo insieme tutti i principali attori del fenomeno, che possono incontrarsi sia online che offline (per esempio con i MeetUp che organizziamo ogni terzo mercoledì del mese nello Spazio Copernico di Milano: il prossimo avrà luogo il 18 novembre, a partire dalle ore 19). Cerchiamo di mettere in rete tutte le competenze e le eccellenze del settore, in modo da creare una massa critica e da difendere l’innovazione dalle minacce, anche di tipo normativo, che possono soffocarla e spingerla a sparire dal panorama italiano».
* Articolo tratto da http://millionaire.it/
Per me il BC è una scommessa.
Da come ne parlano gli esperti , con tutta una serie di termini tecnici inglesi piuttosto criptici, mi sembra anche un affare complicato.
Chissà che ne pensa il Prof. De Soto.
può darsi che l’evoluzione antropologica abbia operato cambiamenti radicali nella architettura logica degli individui, che gli consente di raccordare allegramente percezioni
virtuali a comportamenti reali, talchè associare una qualche forma di ricchezza virtuale
come sufficiente remunerazione del frutto del proprio lavoro, possa in qualche modo essere
accettata come risolutiva di una esigenza essenziale.
ho dubbi però sul come esprimere la propria ricchezza attraverso un bit possa attraversare indenne default finanziari, guerre, generazioni e stravolgimenti etnici.
si può vivere una vita perfettamente integrati in un sistema economico e socialmente accordati con le costumanze positive dello stato, ma esprimere lapropria ricchezza, quel che ti avanza, quello che non ti serve, al di fuori del sistema cui sei integrato, credo sia una costumanza saggia oltre che millenaria.
Ben detto.