“Banca che vai, azioni in collocamento che trovi. Ognuna fa un po’ come le pare, comunque sempre nell’ambito degli spazi che la regolamentazione deficitaria concede. È possibile quindi che un investitore, cliente di una banca che non aderisce al consorzio di collocamento di una offerta pubblica di vendita, non possa sottoscrivere le azioni di una società che si accinge ad approdare in Borsa. Mentre il cliente della banca accanto può liberamente farlo. È assurdo, con tutti i sistemi di gestione centralizzata degli ordini, lasciare il pallino in mano alle strategie commerciali e politiche dei vari istituti di credito. La libertà di valutare nel merito la rischiosità o la bontà dell’investimento in fase di Ipo (dall’inglese initial public offering, offerta pubblica iniziale) andrebbe lasciata al cliente. Invece sono le commissioni, più o meno alte, che vengono riconosciute alle banche che partecipano al consorzio di collocamento che dettano le adesioni dei vari istituti e, di conseguenza, dei loro clienti”. (G. Ursino)
Gianfranco Ursino scrive su Plus24, l’inserto settimanale del sabato del Sole 24 Ore che fa diretta concorrenza alle riviste di Altroconsumo e affini. In un sistema meno corporativo di quello italiano dubito che le banche e le assicurazioni continuerebbero a pagare profumatamente inserzioni pubblicitarie su pubblicazioni nelle quali vengono costantemente prese a pesci in faccia.
Non che manchino i motivi per criticare l’operato di banche e società del settore finanziario in generale; ma, come spesso accade, le critiche si soffermano su questioni che non andrebbero affatto censurate, mentre alcune altre attività sono perfino elogiate, salvo poi essere oggetto di critiche feroci quando vengono a galla delle magagne. Per esempio, nessuna banca subisce critiche quando elargisce credito a piene mani anche in periodi di vacche magre a chiunque ne faccia richiesta, salvo poi essere messa sulla graticola quando gran parte di quei crediti diventano sofferenze e la banca entra in crisi.
Nel caso in questione, Ursino ritiene che la scelta di una banca di non partecipare a un consorzio di collocamento di azioni, di conseguenza non rendendo quel prodotto disponibile alla propria clientela, sia un effetto di “regolamentazione deficitaria”. A suo parere è assurdo “lasciare il pallino in mano alle strategie commerciali e politiche dei vari istituti di credito”. Pare che ciò limiterebbe la libertà del cliente. A parere di Ursino la colpa delle banche sarebbe quella di pensare al proprio tornaconto.
Da come affronta la questione, pare che per Ursino le banche siano strutture statali e non imprese private. Qualcuno gli dica che sono passati ormai più di 20 anni da quando lo Stato era banchiere. Non che si possa definire quello bancario un esempio di libero mercato (ma quali esempi si potrebbero fare in Italia?), ma ogni banca ha azionisti ai quali rendere conto e, pur essendo tutt’altro che poco regolamentata, ha il diritto di scegliere quali prodotti offrire e quali no.
Ciò non limita affatto la libertà di scelta del cliente, il quale, se insoddisfatto del servizio offertogli da una banca, può, senza alcuna limitazione, rivolgersi a un’altra banca.
D’altra parte, suppongo che a nessuna persona dotata di buon senso verrebbe da tirare in ballo ipotetiche limitazioni alla libertà di scelta di un cliente se un bar o un ristorante offrono determinate pietanze a altri no.
Beh, forse solo perché su Plus24 non si occupano di ristorazione.
I clienti hanno maggiore libertà di scelta quando i produttori hanno maggiore libertà di offerta. E’ un principio naturale: E proprio a causa di questa condizione naturale il principio non è compreso dai deterministi.