Sono già parecchi anni fa. Mia figlia Valeria andava all’asilo alla Barca, in una zona con vie dai nomi di scrittori come Collodi e Cervantes. Davanti al corsello che penetrava nel bel giardino che conduceva al nido e poi alla scuola materna c’erano ovviamente le strisce pedonali che lo,proseguivano idealmente il passaggio fino al lato opposto della strada. Una stradina tranquilla senza traffico e senza auto, nella quale non è mai stato un problema trovare da parcheggiare. Anche nei momenti di punta, che erano le otto d mattino e le due del pomeriggio, non è mai stato un problema il posto per lasciare l’auto per qualche minuto, il tempo per prendere la bimba e via..
Ma noi siamo famosi nel mondo per la nostra malintesa anarchia e sempre c”era chi, con la strada completamente libera, sentiva ll bisogno di parcheggiare proprio sul passaggio pedonale.
Se fossimo sempre ligi alle regole, mi dicevo, saremmo svizzeri e non italiani e, nonostante la cosa mi restasse sul gozzo, mandavo giù e tacevo. Non senza mandare lettere al sindaco, all’assessore alla mobilità ed al comandante dei vigili del quartiere. I quali se ne sbattettero allegramente senza mai degnarmi di una risposta, a parte una unica di cui racconterò poi, che forse sarebbe stato meglio risparmiare la carta ed il tempo.
Confesso anche di avere talvolta mandato anche le foto delle automobili in flagranza di parcheggio, con la targa ben visibile. Me ne vergogno un po’ perché non sono mai stato una spia e non mi piaceva fare questa cosa; ma tanto nessuno fu mai multato per le mie foto e quindi posso stare sereno su questo.
Devo anche dire che i parcheggiatori più accaniti erano bolognesi purosangue e non i marocchini i figli dei quali pure frequentavano l’asilo, che invece sono sempre stati rispettosi delle regole. Anche questo qualcosa vorrà pur dire.
Un bel giorno sul passaggio pedonale, proprio mentre stavo attraversando tenendo per mano Valeria, si fermò proprio sulle strisce il camion che portava il latte all’asilo. Proprio mentre stavo mettendo il piede giù dal marciapiede.
Alle mie rimostranze l’autista fece chiaramente e sbrigativamente capire quanto gliene importasse, lasciandomi frustrato e vibrante di rabbia a circumnavigare il camion pieno di cattivi pensieri.
Fu così che scrissi alla Granarolo descrivendo i fatti e lamentandomi e, come di consueto, misi in copia sindaco, assessore e comandante dei vigili .
Con grande sorpresa già nel pomeriggio ricevetti la risposta del responsabile della comunicazione dell’azienda che mi disse quanto segue:
– il camion non era loro, dato che il servizio di consegna era svolto da una ditta esterne;
– pur tuttavia riteneva suo dovere fare sì che il marchio aziendale non fosse associato a comportamenti villani e irrispettosi;
– mi assicurava che l’autista sarebbe stato ripreso;
Infine, per scusarsi dell’accaduto, mi promise un omaggio per la bambina che infatti dopo pochi giorni arrivò sotto forma del pupazzo della mucca Carolina, con grande gioia di Valeria che ancora lo conserva adesso che è maggiorenne.
Dopo qualche giorno arrivò anche la lettera di scuse dell’autista, vergata di sua mano con calligrafia incerta e lacunosa e per questo ancora più apprezzata perché autentica e sincera.
Perché racconto questo? Perché il Comune di Bologna, al quale ero e sono costretto a demandare il rispetto delle regole e la diffusione del senso civico, non mi degnò di una risposta che dopo molti mesi, con una lettera burocratica nella quale mi informava che il senso civico era al primo posto nella nei programmi dell’amministrazione comunale e mi invitava ad avere fiducia nel futuro sviluppo del concetto di Cittadinanza Consapevole; mentre un’azienda privata, il cui scopo è ovviamente il porco profitto, s’incaricava concretamente di questo supplendo alla mancanza dei poteri pubblici.
Ora, io so benissimo che la Granarolo l’ha fatto per vendere il latte ma capisco anche che aziende di una certa dimensione e reputazione non vendono solo un prodotto ma anche un’idea del mondo, un’identità e dei valori a questa collegati. Si compera il latte ed anche un’idea di un mondo pulito e corretto.
Quel giorno mi dissi che avrei voluto essere cittadino della Granarolo: non del Comune di Granarolo; proprio cittadino dell’azienda Granarolo. Mi sarebbe piaciuto appartenere ad una cittadinanza di persone corrette e pulite ed avere questa cittadinanza nel passaporto. Essere identificato da quei valori che con tanta efficacia venivano affermati e promossi.
Questo racconto ha una morale ed un epilogo.
La morale è che nel mondo contemporaneo esiste una pluralità di poteri oltre allo stato. I libertari hanno la forte tendenza ad individuare nello stato politico il potere da limitare e, nella ricerca di un modello di azione dal basso, aspirano alla frantumazione politica del potere monolitico dello stato. Ma esistono contropoteri che già estendono l’influenza su strati e ambiti differenti della società. Sono poteri economici, culturali, politici, di ogni genere. Sono organizzati in gruppi, associazioni, conventicole, sette, aziende, marchi, che si sovrappongono e s’intersecano fra di loro e a volte limitano e sostituiscono il potere dello stato. A volte, in qualche modo, resistono perfino al monopolio dell’amministrazione della giustizia: pensiamo ad Ebay dove il comportamento scorretto non viene sanzionato giudizialmente ma con la perdita di reputazione che impedisce o limita la possibilità di fare altri affari in quell’ambiente. Il concetto di gentleman in chiave moderna. Alla dissoluzione prossima ventura dello stato nazionale più che la frammentazione del potere in micro villaggi, troppo difficile e inadatta alla contemporaneità, potrebbero sopperire questi molteplici contropoteri non politici, tanti fili che uniti potrebbero formare il tappeto di cui parla Toynbee quando accenna alle mille etnie che componevano l’impero ottomano. Ed anche una rete di salvataggio dal caos.
L’epilogo? Qualche mese dopo passarono i vigili e misero una sola ed unica multa. Questa bastò perché nessuno più parcheggiasse su quelle strisce pedonali. A volte basta poco.
Sono conformisti e buonisti i vigili bolognesi.
Tollerano l’intollerabile.
Ma a fare multe per divieto di sosta sono fenomenali.
I microvillaggi potrebbero convivere bene con i contropoteri non politici. Gli stessi villaggi non sarebbero più “politici”, con il significato che oggi si dà a questo termine, ma costituirebbero un contropotere a sfondo territoriale che equilibrerebbe i poteri organizzati in altra forma. L’essenziale è che si sia liberi di appartenere o non appartenere al villaggio, versando il proprio contributo solo volontariamente. Forse ci sembrano difficili e inadatti alla contemporaneità, unicamente perché non siamo abituati. Nulla vieterebbe loro di confederarsi alla bisogna. Ma con il diritto di divorzio, anche espresso in forma unilaterale.