“La famosa Qe (espansione quantitativa della moneta) ha inaugurato una nuova fase della politica monetaria e adombrato una nuova fase della politica economica tout court. Questo perché ci si comincia a domandare se politica monetaria e politica di bilancio non possano confluire: nel senso di procedere a spese in deficit (politica di bilancio) finanziate direttamente dalla Banca centrale (politica monetaria). Non vi è dubbio che la misura espansiva più potente è appunto questa: spesa pubblica finanziata con creazione di moneta. Un “uno-due”, questo, finora considerato tabù (è esplicitamente proibito dallo statuto della Bce), per ovvie ragioni. Sarebbe troppo facile, e una tentazione troppo grossa per i politici, pescare nel pozzo di San Patrizio della Banca centrale per procurarsi la liquidità necessaria per spendere e spandere. Ma, come ho detto in precedenza, a mali estremi estremi rimedi. Nell’emergenza di un’economia che non cresce e di operatori che non spendono, è lecito tentare nuove vie. La Banca centrale non deve scegliere gli investimenti da finanziare; questo lo fa il Governo. Ma può, statuti a parte (che vincolano solo la Bce, non la Fed o la Banca del Giappone), finanziarli”. (F. Galimberti)
Dato che la monetizzazione indiretta non ha finora sortito gli effetti sperati, bensì ha ingolfato il mondo di ulteriore debito e denaro fiat, gonfiando i prezzi degli asset finanziari e comprimendo i tassi di interesse a livelli che non si sarebbero certamente raggiunti in un libero mercato, la conclusione che ne trae il keynesiano Fabrizio Galimberti non è che sarebbe meglio mettere in discussione l’intero impianto di quelle politiche economiche. Al contrario, bisognerebbe andare oltre.
Nello specifico, passare alla monetizzazione diretta della spesa pubblica, che finora è stata considerata un tabù, per usare le parole di Galimberti. Il quale, bontà sua, ricorda anche il perché: togliere allo Stato la necessità di contrarre un debito per finanziare la spesa pubblica eccedente il gettito fiscale, finirebbe per rendere politicamente “indispensabile” ogni sorta di voce di spesa, ben oltre quanto – ahimè – è avvenuto finora.
Ciò nonostante, Galimberti la mette sul “a mali estremi estremi rimedi”: quindi avanti con la stampante monetaria accreditando direttamente i conti del Tesoro, che saprà certamente come “investire” quel denaro per il bene di tutti.
Anche volendo credere (e sarebbe erroneo) alla storia degli investimenti pubblici profittevoli per tutti, non c’è ovviamente alcun pasto gratis, né la creazione di denaro dal nulla è miracolosa. Come già avviene con la monetizzazione indiretta, ma in misura ancor più marcata, ci sarebbero beneficiari (definibili “consumatori di inflazione”) e ci sarebbe chi paga il conto (“pagatori di inflazione”) ossia chi perde potere d’acquisto.
E i rimedi sarebbero peggiori dei mali.