Permettetemi qualche personale riflessione, dopo aver celebrato il decennale del Movimento Libertario.
I principi che stanno alla base del libertarismo, vale a dire il principio di non aggressione, l’intoccabilità della proprietà privata legittima, il diritto all’autodifesa, la piena disponibilità a fare del proprio corpo ciò che si vuole, la libertà di discriminare, che significa scegliere con chi relazionarsi, con chi andare in ferie, a cena, fare business, o anche chi far entrare nella propria casa o nel proprio locale, non possono trasformarsi in piattaforma “politica”.
Sarebbe una contraddizione di termini. Un cortocircuito logico.
La politica comunemente intesa è la modalità attraverso la quale le persone acconsentono, o accettano più o meno obtorto collo, ad investire altre persone del potere di governare tutti coloro che si trovano entro determinati confini territoriali. I principi alla base del libertarismo sono invece di tipo assolutamente individualistico. Si riferiscono sempre e solo alla singola persona e, quando tirano in ballo il prossimo, lo considerano un’individualità titolare degli stessi diritti e soggetta, a sua volta, dell’obbligo di non aggressione.
Non si può “fare” i libertari, si può “essere” libertari. Se uno è libertario, cioè condivide i principi a cui il libertarismo si richiama (ma libertarismo è solo una parola che ci serve per intendere quei principi, tanto che si sarebbero potuti coniare tranquillamente termini alternativi), non sta parlando di temi politici. Sta parlando di filosofia di vita.
Bisogna però evitare di essere ingenui sognatori e immaginarsi un mondo armonico e tranquillo in cui bastano i quattro o cinque principi fondamentali del libertarismo per assicurare l’evoluzione della civiltà umana. Le relazioni tra persone sono molteplici e, quando gli individui sono liberi di pensare, riflettere, approfondire e agire nascono sempre nuove situazioni che richiedono regole comportamentali che le persone vanno scoprendo attraverso gli usi e le buone pratiche.
Pensiamo alle regole del commercio che si sono distillate nei secoli senza imposizioni da parte nessun ente superiore e che facevano sì, per esempio, che un mercante olandese accettasse in pagamento pezzi di carta firmati da un banchiere fiorentino tirati fuori dalla borsa da un compratore bavarese. Queste regole pratiche che si formano spontaneamente, se funzionano, si solidificano in leggi che servono alle persone per relazionarsi col prossimo.
Per quanto mi riguarda, il libertarismo non può essere tradotto in piattaforma politica ma serve solo, e non è certo poco, come strumento di misurazione e valutazione delle decisioni politiche a cui siamo, molto obtorto collo per quanto mi concerne, obbligati a soggiacere. Proprio per questa sua natura intrinseca non è certo una filosofia che in questo momento induce all’ottimismo.
Io sono libertario, ma mi è vietato vivere da libertario. Sono pertanto un pragmatico, e se serve, so essere astuto come un serpente, e persino disposto a coprire di sputi di vergogna chi vuole impedirmi di vivere da libertario. E’ per questo che ho accettato l’incarico di Presidente dell’Associazione Liberi Comuni, fondata a Siena il 4.5.2014 e che ha avuto anche in Mauro Gargaglione, persona stimate e simpatica che non guasta, uno dei componenti del primo governo dei nove, insieme a me e altri 7, nel primo semestre di vita della neonata organizzazione.
Pertanto se sei libertario, e sei abbastanza stufo di non poter vivere da libertario, credo sia venuta l’ora di aderire a Liberi Comuni. Spero di scrivere presto qualcosa qui, su quanto abbiamo deciso in questi giorni col governo dei 9, e di cosa ho intenzione come presidente di promuovere e portare avanti, con e per chiunque si sente libertario ma non si accontenta solo di esserlo, e vorrebbe riuscire a vivere da libertario. Sicuramente con gradualità. Sempre meglio tuttavia, che ritrovarci qui e li per il nord italia, prevalentemente, sempre e solo a parlarci addosso.
E dopo quella risposta, quanti furono gli imprenditori che cominciarono a finanziare studio e divulgazione? E come si chiamavano?
Non lo so.
Sono dubbioso.
Non che io voglia imporre lo stile di vita e la prassi libertarie ad alcuno.
Però sono stanco e abbastanza rovinato per aver subito la politica catto-socialista.
Vedo anche che il punto di vista liberale-libertario non è rappresentato da alcuno.
Capisco che l’azione e l’esempio individuali sono fondamentali per il liberale-libertario.
Capisco che dire “partito” fa venire il vomito .
Molta più gente di quello che pensiamo è libertaria e non lo sa, e non sa a chi potersi rivolgere.
Va bene non creare un partito classico, va bene tenersi a distanza dal potere che tutto corrompe.
Ma le idee vanno diffuse, se ci si crede ,in onestà e buona fede.
E poi occorre difendersi, perché giornalmente è un attentato a libertà, proprietà, risparmio, tempo, impresa.
Tra i libertari italiani ci sono personaggi notevolissimi.
Cervelli finissimi, ottimi comunicatori e divulgatori.
Mi sembra uno spreco che non si coordinino tra loro in un movimento attivo sulla scena politica che presenti l’alternativa libertaria allo stato attuale.
Non per cazzeggiare a spese dei contribuenti, ma per informarli e fornire il punto di vista diverso, moderno, efficiente.
Per me rimane scolpito nella pietra il programma di “Forza Evasori”.
Esso è tutt’altro che uno scherzo.
Ti do perfettamente ragione, questo è il motivo per cui se non contribuiamo personalmente a finanziare iniziative come quella fondata da Leo Facco e Giorgio Fidenato, nessuno lo farà per noi.
Un giorno chiesero a uno studioso del Mises Institute cosa dovrebbe fare un imprenditore in concreto per diffondere le idee dell’economia austriac, la risposta fu: finanziare gli studiosi e i divulgatori di tali idee.
Cercare un modo di far sentire la propria voce. Purché la sentano in tanti e sia persuasiva. Chi finanzierebbe un simile pensatoio? E soprattutto i suoi canali di divulgazione? Se gli interventisti ottantacinque anni or sono vinsero è perché c’era chi li supportava finanziariamente. Le scuole sono statali. Ce la facciamo a convincere gli studenti che ciò che gli propinano è pura idiozia?
Gargaglione ha ragione quando dice che trasformare l’idea libertaria in idea politica sarebbe un controsenso. Però è anche vero che la politica ormai è più preminente dell’aria che respiriamo, giriamo e rigiriamo ce la troviamo sempre tra i piedi. Negli USA il libertarianism con grande fatica propone un modello alternativo di società, se non ci fosse stato Ron Paul le coscienze critiche sarebbero rimaste la maggior parte in balia dei soliti noti. Secondo me sarebbe più giusto cercare un modo di far sentire la propria voce, magari un think thank come proponeva Leonardo Facco nel suo precedente post; altrimenti si rischia di commettere l’errore che fecero alcuni intellettuali liberali negli anni trenta, che lasciarono a Keynes e al Keynesismo il monopolio del dibattito politico-economico.