Prima della rivoluzione francese il popolo odiava il Re sfruttatore e l’aristocrazia parassitaria. Perché adesso non odia con altrettanto vigore lo Stato e la sua burocrazia parassitaria?
La risposta più convincente è: perché lo Stato moderno ha allargato a dismisura la base parassitaria e il sistema democratico in regime di diritto positivo si è magnificamente prestato a questo disegno.
Un contadino del settecento non aveva alcuna possibilità di diventare un parassita aristocratico, un contadino post rivoluzionario ha potuto entrare nel club degli sfruttatori buttandosi in politica e sostenendo lo Stato che glielo ha permesso.
Dal punto di vista dello sfruttato, che cosa è cambiato? La risposta che tanti superficiali forniscono è che una volta ci si rompeva la schiena nei campi, oggi si lavora al computer in uffici con aria condizionata. Ma è una risposta completamente fuori tema, a meno che non si creda che dobbiamo allo Stato il progresso tecnologico della razza umana.
La risposta più corretta è che lo Stato moderno si regge su un amplissimo numero di parassiti che lo sostengono e lo venerano.
Solamente un’altra scoperta moderna ha messo a rischio l’esistenza dello Stato sfruttatore, una scoperta che doveva essere immediatamente ridotta in condizioni di non nuocere perché costringeva l’individuo a dipendere solo dalle sue capacità, il capitalismo di libero mercato. Questo spiega due fenomeni attuali e concorrenti, lo Stato interventista in economia e l’odio dei parassiti e degli incapaci verso il libero mercato e il libero scambio economico.
Per lo spessore della carta igienica ci penserà l’Unione Europea. Strano che non ci abbia ancora pensato, vorrà dire che il suggerimento sarà colpa nostra.
il concetto che coloro che vivono a spese d’altri non vogliono capire, è che quando si rinuncia ad un assetto naturale come il libero scambio che regola i comportamenti in maniera negativa,
dando indicazioni precise su ciò che non và fatto,
per dar modo di sviluppare una serie di regole non scritte in grado di disciplinare l’intera configurazione dei rapporti commerciali e non,
allora si deve mettere in piedi un compendio di regole e leggi di tipo monumentale, assolutamente ridondante, inutile e inosservabile.
come nel caso della nostra beneamata democrazia e del suo governo, che ormai in affanno, tenta di ampliare il sistema di regole perchè essendo di tipo ordinativo ovvero positive, hanno la caratteristica di essere spesso collidenti e dunque necessitanti di controregole e norme. quanto ai tiranni di ogni tempo la storia ci ha mostrato che il destino era spesso gentile, regalando al popolo persone lungimiranti e trattamenti benevoli, quando nella ipotesi del peggior tiranno, le sofferenze inflitte erano limitate alla capacità di infliggerle attraverso un numero limitato di ranghi elevati.
aiutano una banca? neoliberismo! si inventano una cordata per Alitalia? neoliberismo! danno soldi alla Fiat con gli incentivi? neoliberismo! fanno un provvedimento ad hoc per Mediaset? neoliberismo! Aiuti alle scuole private? neoliberismo! Fanno regali agli Angelucci e a chi per loro? neoliberismo! La Tav? neoliberismo! L’expo? neolberismo! Il Jobs Act? neoliberismo! La riforma della scuola? neoliberismo!
Per certa gente anche se le tasse fossero al 100%, se tutto fosse “proprietà pubblica”, se i dipendenti pubblici fossero 30 milioni e se esistesse una legge pure sullo spessore della carta igienica, vivremmo ancora nella deregulation neoliberista e il problema resterebbe l’assenza di Stato!
Per meglio precisare, va ricordato che la scienza è avanzata malgrado lo stato e quando va lenta è per colpa dello stato. Grazie a quest’ultimo, infatti, si perpetua la mentalità luddista che incolpa la scienza di creare disoccupazione attraverso le macchine. E per arginare gli eccessi di questa mentalità, si inventa sussidi o posti di finto lavoro “socialmente utile” pagato dai contibuenti che così non possono finanziare la ricerca scientifica. Per non parlare della legislazione che, in nome di non si sa bene quali principi morali, impedisce la ricerca stessa in diversi settori come il nucleare o il comparto biomedico. Quanto al capitalismo, o è di libero mercato o non è capitalismo. Il cosiddetto capitalismo clientelare non esiste come non esiste quello di stato. Il primo si chiama mercantilismo, il secondo socialismo. Non perché, nel problema filosofico degli universali, il nominalismo debba avere maggiore importanza del concettualismo; ma perché chiamare le cose con il nome loro può contribuire a smascherare i Syrizoidi del pianeta che definiscono gli aiuti di stato a banche ed aziende decotte come politiche liberiste o neo – liberiste. Se mai neoplastiche con metastasi.