“Il mondo si trova di fronte alla prospettiva di un prolungato periodo di debole crescita economica. Ma rischio non significa destino: il miglior modo di evitare un esito di questo tipo è capire come incanalare ampi risparmi negli investimenti pubblici in grado di potenziare la produttività”. (M. Spence)
Micheal Spence, un economista insignito del premio Nobel i cui articoli trovo sempre particolarmente noiosi, ritiene che sia necessario rilanciare la domanda aggregata mediante un aumento della produttività. E come fare per aumentare la produttività? Bisogna “incanalare ampi risparmi negli investimenti pubblici in grado di potenziare la produttività”.
Se la cosa vi suona vagamente keynesiana il vostro udito funziona correttamente. Prima ancora di discutere l’idea che il rilancio della produttività passi per gli investimenti pubblici, credo valga la pena di chiedersi se davvero il mondo disponga di “ampi risparmi”. Nominalmente la cosa è vera, ma si tratta dell’effetto della pesante monetizzazione operata dalle banche centrali, soprattutto negli ultimi sei anni. Confondere dati nominali e reali è abbastanza pericoloso, dato che sull’idea che ci fosse un eccesso di risparmio la Fed, prima con Greenspan, poi con Bernanke, contribuì a gonfiare la bolla del cui scoppio si sentono ancora le conseguenze. E i cui effetti sono stati “tamponati” aumentando ancora le misure espansive, non limitandosi più ad agire sui tassi di interesse a breve termine, bensì aumentando la base monetaria mediante l’acquisto di asset di ogni genere e durata, soprattutto titoli del Tesoro.
Quindi che il mondo sia intasato di risparmi è per lo più un’immagine distorta dovuta all’interventismo monetario. Spence, comunque, ritiene che “investimenti pubblici correttamente mirati possono fare molto per incentivare le prestazioni economiche, generando rapidamente domanda aggregata, alimentando un aumento della produttività, incoraggiando l’innovazione tecnologica e incitando gli investimenti del settore privato con un conseguente aumento dei rendimenti. Pur non riuscendo a risolvere da un giorno all’altro l’ampia carenza di domanda, gli investimenti pubblici potrebbero però accelerare la ripresa e stabilire modelli di crescita più sostenibili”.
Come mai non ci si è pensato prima: bastava fare investimenti pubblici “correttamente mirati” per ricreare l’Eden in questa valle di lacrime. Spence pare anche avere idea di come si faccia a “mirare correttamente”: “i policymaker dovrebbero abbandonare l’idea sbagliata che gli investimenti con benefici pubblici ampi – per certi versi, non assegnabili – debbano essere interamente finanziati con fondi pubblici. Anzi, dovrebbero stabilire dei canali di intermediazione per i finanziamenti a lungo termine”.
Quindi investimenti pubblici cofinanziati da privati. Nulla di nuovo, si tratta dei classici schemi di project financing. Spence sottolinea che “i policymaker debbano trovare il modo di garantire che gli investimenti pubblici forniscano dei rendimenti agli investitori privati”.
Aggiunge che “esistono dei modelli come quelli applicati a porti, strade, sistemi ferroviari e al sistema di royalties per la proprietà intellettuale”.
Qui il pagatore di tasse/utente di servizi pubblici dovrebbe cominciare ad avere sensazioni sgradevoli, perché se per qualcuno il rendimento è garantito, vuol dire che i rischi sono in capo ad altri. E gli altri, quando c’è di mezzo lo Stato, sono proprio i pagatori di tasse/utenti di servizi pubblici. I rischi si materializzano pagando più tasse per coprire investimenti in perdita in modo da garantire un rendimento ai partner dello Stato, oppure pagando più caro il servizio per rendere proficuo il progetto.
Ma Spence tranquillizza tutti, perché “con un approccio di questo tipo, il “new normal” dell’economia globale potrebbe passare dall’attuale traiettoria mediocre a una fondata sulla crescita robusta e sostenibile”.
Bontà sua, sulla crescita almeno ha usato il condizionale. Il fatto che tanti “investimenti pubblici” abbiano portato perdite e lasciato debiti, invece, sarà stata solo una serie di sfortunate circostanze…