“È vero, il compito della politica dovrebbe essere quello di guardare alle correnti profonde che plasmano l’economia e guidarle e cavalcarle verso esiti migliori. Come disse John Maynard Keynes, «La politica economica non dovrebbe essere qualcosa che sradica una pianta, ma che la guida lentamente a crescere in una direzione diversa». Ma tutto questo presuppone che la politica abbia il tempo di guardare lontano, mentre di solito l’orizzonte dei politici è ristretto, limitato com’è dal ciclo elettorale”. (F. Galimberti)
Come spesso accade, Fabrizio Galimberti cita Keynes, che egli considera essere il più grande economista del Ventesimo secolo (ahimè, non lo pensa solo lui).
Trovo sempre piuttosto inquietanti affermazioni del tipo “il compito della politica dovrebbe essere quello di guardare alle correnti profonde che plasmano l’economia e guidarle e cavalcarle verso esiti migliori”, perché danno per scontato che tutti quanti necessitino di una giuda “illuminata” e che qualcuno possa e debba effettivamente guidare gli altri, anche se non consenzienti.
Esiti migliori? Da quale punto di vista? Solitamente la risposta è più o meno questa: in democrazia “migliori” dal punto di vista della maggioranza. Che poi non è quasi mai la maggioranza delle persone, bensì, nella migliore delle ipotesi, la maggioranza di chi vota.
In realtà “migliori” dal punto di vista di chi governa, che si sente investito della missione di “guidare” il popolo. Il quale è composto da individui che si ritiene, per l’appunto, debbano essere guidati, il che implicitamente significa ritenere costoro incapaci di badare a se stessi senza la guida in questione.
Fatto abbastanza inconciliabile con l’idea di far decidere a quegli stessi “incapaci” chi deve “guidare” tutti quanti. In pratica, è come se le persone fossero incapaci, salvo trovare il lume della ragione una volta chiamati alle urne.
Come se ciò non bastasse, se tutti quanti siamo uguali (cosa di cui spesso si riempiono la bocca quelli che si riempiono la bocca anche del termine democrazia e degli aggettivi connessi), non si vede per quale motivo alcuni dovrebbero essere “più uguali di altri”, come direbbe l’Orwell della Fattoria degli animali.
La verità è che ogni individuo è diverso dagli altri, e che nessuno è onnisciente. Quindi la “guida” diventa una forma più o meno soffice o rude di totalitarismo.
Galimberti sostiene che le cose non funzionano perché “di solito l’orizzonte dei politici è ristretto, limitato com’è dal ciclo elettorale”. Questa è una circostanza che può peggiorare le cose, ma che non è determinante come il fatto che nessuno è onnisciente e che nessuno dovrebbe avere il diritto di “guidare” altri senza il consenso dei singoli.
Qualcuno ritiene di affidarsi alla guida di un uomo della provvidenza o di un guru? Sia libero di farlo. Purché la sua scelta non vincoli altri, che potrebbero volersi scegliere un’altra guida oppure non volere alcuna guida se non se stessi.