“La decisione presa dalla Bce avrà una ricaduta positiva sul Pil perché allontana sempre di più i rischi di deflazione e permetterà una dinamica dei redditi nominali: sarà una spinta alla crescita… per un cittadino italiano cambia che c’è più potere d’acquisto e anche più certezza per il futuro… si può iniziare a spendere di più e le imprese sicuramente possono a investire di più, tenendo anche conto dell’importante contributo del taglio delle tasse e degli incentivi all’occupazione”. (P. C. Padoan)
Con queste parole il ministro dell’Economia ha commentato il lancio del quantitative easing (QE) da parte della BCE.
Secondo Padoan, il QE “allontana sempre di più i rischi di deflazione”. Ovviamente il ministro per deflazione intende la diminuzione degli indici dei prezzi al consumo e non della quantità di moneta (definizione che ritengo corretta), perché in quest’ultimo caso l’affermazione sarebbe piuttosto ridicola.
Padoan sostiene poi che il QE “permetterà una dinamica dei redditi nominali”. Questo potrebbe in effetti verificarsi nel tempo, ma potrebbe non corrispondervi una dinamica (positiva) dei redditi reali. E in effetti lo stimolo monetario ha l’obiettivo (keynesiano) di provocare una crescita degli indici dei prezzi al consumo in modo tale da alleggerire gli oneri del debito. I redditi nominali potrebbero anche aumentare, ma quelli reali potrebbero diminuire. L’illusione monetaria è uno dei cardini della teoria keynesiana.
Il ministro sostiene che per un cittadino italiano “c’è più potere d’acquisto e anche più certezza per il futuro”. Per un cittadino italiano ci sarà maggior potere d’acquisto a seconda che sia tra i beneficiari della redistribuzione inflattiva oppure no. In quest’ultimo caso, contrariamente a quanto sostiene il ministro, il potere d’acquisto diminuirà. Come accennavo prima, tuttavia, il cittadino potrebbe avere l’illusione iniziale di trarre beneficio dagli effetti del QE. Come scrisse Murray Rothbard, “l’inflazione è generalmente popolare per il suo effetto narcotico”.
Quanto agli investimenti da parte delle imprese, se il QE comprimerà ulteriormente i tassi di interesse si potrebbe in effetti assistere a un aumento degli investimenti, la cui redditività prospettica sarebbe peraltro condizionata da tassi bassi non per via di un aumento del risparmio reale, bensì per effetto della manipolazione monetaria. Tali investimenti rischierebbero di rivelarsi “malinvestimenti” una volta esaurito l’effetto dell’inflazione. Ciò porterebbe a fallimenti e conseguente deflazione.
E la soluzione in tal caso non sarebbe, come suggeriscono i keynesiani, perpetuare il QE, perché ciò significherebbe, prima o poi, giungere all’implosione del sistema monetario. Nessuna illusione (o ipnosi) può durare all’infinito.
L’articolo dice giusto.
Padoan poteva esser un ottimo venditore di uova fresche al mercato.
Quando tornerà a risparmiare, non a spendere, la gente?
In giappone, incubo keynesiano senza fine, ho letto che la popolazione non risparmia più.
Sono già morti senza saperlo?