“Naturalmente, un giudizio più completo richiede la valutazione complessiva di tutti i decreti delegati che saranno emessi nella fase attuativa. E naturalmente il testo attuale presenta luci ed ombre; a qualcuno piace, ad altri no. Ma di fronte a un nuovo testo di legge ci si deve comunque porre in atteggiamento positivo, riconoscendo ruolo e funzione dei decisori istituzionali (Parlamento e Governo) cioè tenendo ben presente il primato della politica cui spetta decidere quali diritti ampliare e quali comprimere, e quali tutele accordare a essi. A tutti i destinatari, i giudici in primo luogo, spetta fare quanto è possibile perché la legge funzioni, assicurando la tutela dei diritti riconosciuti a ciascuna parte. Dopo il testo definitivo occorrerà monitorare quel che l’esperienza concreta farà emergere. Vale sempre la “prova del cucchiaio”: per sapere se il budino è buono non basta guardarne colore o forma, ma occorre mangiarlo. È interesse di tutti che sia gustoso e che non risulti indigesto”. (P. Martello)
Piero Martello è presidente del Tribunale del lavoro di Milano. Ho tratto le parole riportate da un suo intervento relativo alla riforma della legislazione in materia di lavoro, meglio nota come Jobs Act.
Due sono i punti che mi interessano maggiormente. Il primo è quello in cui Martello scrive che “di fronte a un nuovo testo di legge ci si deve comunque porre in atteggiamento positivo, riconoscendo ruolo e funzione dei decisori istituzionali (Parlamento e Governo) cioè tenendo ben presente il primato della politica cui spetta decidere quali diritti ampliare e quali comprimere, e quali tutele accordare a essi”.
Martello non dice in realtà nulla di nuovo, ma credo sia sempre utile riflettere, di fronte ad affermazioni come questa, sull’essenza di quel “primato della politica” che rappresenta il tratto saliente delle democrazie rappresentative. Parlamento e Governo, che nel migliore dei casi hanno ricevuto un mandato sostanzialmente in bianco da una minoranza dei cittadini, possono decidere “quali diritti ampliare e quali comprimere”. Che il cittadino sia quindi una sorta di schiavo a me pare difficilmente discutibile. Dipende solo dal buon cuore di chi detiene il potere stabilire il grado di schiavitù a cui ogni individuo sarà soggetto.
Il secondo punto è quello in cui Martello scrive che è “interesse di tutti che [il budino] sia gustoso e che non risulti indigesto”. Il problema è che il budino non può essere gustoso per tutti allo stesso modo. Per alcuni sarà squisito, per altri immangiabile o indigesto. Ma questi ultimi non saranno liberi di non mangiare il budino, con buona pace della libertà individuale, che evidentemente è incompatibile con il totalitarismo, anche se nella versione soft delle democrazie rappresentative.
Prima di lanciarsi in elogi senza se e senza ma del “primato della politica” e della democrazia rappresentativa, credo sarebbe bene riflettere.
Questo bel pensatore dovrebbe andar a lavorare 10 ore al giorno in un’azienda zootecnica a 5€ all’ora per una decina di anni.
Al secondo mese smetterebbe di scrivere cazzate del genere.
Per gli altri 9 anni e 10 mesi imparerebbe un mestiere che gli farebbe bene al cervello e al fisico.
Fuori da ogni privilegio che i magistrati hanno e ben coltivano a spese , appunto, della gente che lavora.
E’ facile fare i fenomeni col lavoro , la fatica, i risparmi, la vita e il culo degli altri.