“Se usate la parola “keynesiano” come sinonimo di “socialista”, “progressista” o “liberal”, vi sbagliate amici miei”. (N. Smith)
In un suo post su Bloomberg, Noah Smith si lamenta dell’utilizzo del termine “keynesiano” come sinonimo di “socialista”, “progressista” o “liberal”, pur essendo lui stesso costretto ad ammettere che buona parte dei keynesiani sono anche socialisti, progressisti o liberal.
Secondo Smith, Keynes aveva lo scopo di evitare il socialismo in un periodo nel quale si stava diffondendo piuttosto velocemente ed era considerato una valida alternativa al libero mercato. In fin dei conti, l’interventismo keynesiano era diretto unicamente a “stabilizzare” l’economia con interventi anticiclici.
Forse oltre a non aver letto nulla di quanto scritto dagli economisti di scuola austriaca (che pure spesso critica), Smith non ha letto nulla neppure di Keynes. Il quale partì da posizioni abbastanza in linea con quelle degli economisti classici, per poi virare negli anni Trenta verso una rivalutazione del mercantilismo. La sua opera principale, la “General Theory of Employment, Interest, and Money”, ambiva a essere innovativa, ma era una rivisitazione del mercantilismo scritta in modo non sempre chiaro, forse per farla apparire un lavoro scientifico (per un’analisi critica consiglio prima di leggere la General Theory di Keynes, poi “The Failure of New Economics” di Henry Hazlitt o “Tutti gli errori di Keynes” di Hunter Lewis).
Se Smith avesse letto Keynes, sarebbe difficile per lui sostenere che quelle contenute nella Teoria Generale fossero politiche di stabilizzazione. L’intervento sui tassi di interesse auspicato da Keynes doveva essere a senso unico (al ribasso), mentre la tassazione doveva essere usata per redistribuire il reddito ed eventualmente raffreddare il ciclo se vi fossero vampate inflattive. Keynes non voleva contrastare le fasi di euforia del ciclo economico (peraltro causate dalle politiche monetarie espansive da lui stesso auspicate), bensì riteneva necessario tentare di renderle permanenti.
Sostenere che la manipolazione dei tassi di interesse e l’uso della leva fiscale per indirizzare l’economia sia sinonimo di socialismo può forse apparire radicale a chi è politically correct, ma che ogni intervento ne richiami di altri per tentare di correggerne le conseguenze in intenzionali è dimostrato dalla storia ed era stato spiegato con argomentazioni logiche dai principali economisti della scuola austriaca contemporanei di Keynes.
Smith, tuttavia, non avendo evidentemente letto nulla di tutto ciò, incolpa Hayek e il suo libro “La via della schiavitù” di aver diffuso idee antikeynesiane uscendo da argomentazioni economiche.
“Perché, quindi, la gente pensa che il keynesismo sia una forma leggera di socialismo? Potrebbe essere colpa del principale oppositore intellettuale di Keynes, Friedrich Hayek… nel suo libro “La via della schiavitù”… invece di dire che le teorie di Keynes erano sbagliate, Hayek profetizzò che le politiche keynesiane di stabilizzazione avrebbero condotto verso il totalitarismo. Hayek aveva torto marcio… Eppure in qualche modo ciò è entrato nella nostra coscienza collettiva.”
Perché Hayek avesse torto marcio Smith non lo spiega. Indubbiamente non viviamo in regimi totalitari in stile Unione sovietica, ma che il tasso di socialismo sia aumentato in Occidente è difficilmente negabile. Ovunque lo Stato si occupa di molte più cose rispetto a un secolo fa, e ovunque sono molto più alte la spesa pubblica, la pressione fiscale e il debito pubblico. Nella vita di tutti i giorni ognuno è soggetto a molti più obblighi e divieti, senza che questi abbiano portato benefici tangibili alla sicurezza e al benessere (fatta eccezione per l’esercito crescente di chi campa di Stato, ossia con i soldi altrui).
Soprattutto, Smith farebbe bene a leggere alcuni lavori di Ludwig von Mises: “Economic Calculation in the Socialist Commonwealth”, “The Middle of the Road Policy Leads to Socialism”, oppure, per una analisi completa, “Socialismo”.
Dubito lo farà, così come sono certo che continuerà a scrivere di cose che conosce solo per sentito dire.
Siamo schiavi di un sistema socialista, forse morbido, ma indubbio. Al tempo dell’antica Sparta gli iloti di Messenia consegnavano ai loro padroni Spartiati la metà dei loro prodotti annui. La pressione fiscale odierna, almeno in Italia, fatti tutti i conti, è ben superiore. Siamo messi peggio degli iloti di Messenia
Esatto. Viviamo in una dittatura socialista camuffata, con quel poco di mercato necessario perche la casta sanguisuga statalista possa campare (bene)
Quante acrobazie logiche, pur di non ammettere l’errore di Hayek.
Gli USA sono keynesiani, in molte delle loro politiche economiche. Sono socialisti? C’è una dittatura?
Nessuno impedisce ad un keynesiano di essere a favore di un mercato libero. Correggere le storture del mercato, quando si manifestano, non vuol dire volere un’economia pianificata.
Sembra quasi che, per voi libertari, qualsiasi cosa non sia “pro mercato tout-court” sia socialista, o addirittura comunista.
Per favore, non diciamo cose assurde.
Per citare Mises, maestro di Hayek, non esistono terze vie: o c’è libertà (mercato) o c’è socialismo (Stato)
secondo Hoppe ou sei liber ou sei socialista non esiste definizione migliore
L’errore di Hayek fu quello di basare le sue critiche al socialismo sulla difficoltà di raccogliere ed interpretare dati ampiamenti disseminati, lasciando il dubbio che il problema fosse solo computazionale. Mises 1: Hayek 0.☺
Hayek forse si riferiva ad una forma di pervasività governativa, anche democratica.
Mi pare che il totalitaritarismo democratico, la continua manomissione da parte di governi eletti democraticamente sulla libertà della gente comune, in ogni settore, sia un dato di fatto.
Hanno aperto una specie di vaso di pandora economico keynesiano che chiama intervento su intervento, a spese della gente comune, degli elettori.
Questo mi pare di aver capito, e che si stia subendo.
Free market o Kynes chose one.