“Sì, sento qualcuno di voi replicare: e a proposito dell’inflazione sui
prezzi degli asset? Risposta: è una gran cosa! La decisiva dinamica dietro
la storia di successo della Fed è stata, a mio parere, la risalita dei
prezzi delle azioni. Perché? I guadagni in conto capitale sono l’unica
attività a fronte della quale non c’è una passività. Quindi, un aumento dei
prezzi delle azioni ripara endogenamente i bilanci del settore privato che
hanno troppo debito e troppo poco capitale. Un semplice esempio: se il
proprietario di una casa ha un debito superiore al valore della casa, ci
sono due modi per risolvere il problema. La banca può ridurre il mutuo,
oppure il valore di mercato della casa può salire al di sopra dell’importo
del mutuo… I guadagni in conto capitale – che siano o meno realizzati! –
lavorano per ridurre la leva di bilanci del settore privato con troppi
debiti, il cancro fondamentale di una trappola di liquidità.” (P. McCulley)
Paul McCulley è tornato a lavorare come capo economista per PIMCO, grande
società di gestione (prevalentemente) obbligazionaria del gruppo Allianz.
Evidentemente a PIMCO sentivano una carenza di keynesismo e sono corsi ai
ripari.
Il modo di ragionare di McCulley è tipico di coloro che si concentrano
sulle grandezze nominali e, soprattutto, su ciò che si vede, tralasciando
completamente ciò che non si vede. Ovviamente da chi segue Keynes non ci si
può aspettare un apprezzamento (e neppure la conoscenza, spesso) di Bastiat
e Hazlitt.
Posto che finora la crescita dei prezzi al consumo, per come misurata dagli
istituti di statistica, è piuttosto contenuta, c’è chi fa notare, a mio
parere giustamente, che le politiche monetarie espansive hanno (ri)gonfiato
i prezzi delle attività finanziarie. Occorre precisare che anche un
andamento quasi piatto degli indici dei prezzi al consumo non equivale ad
assenza di effetti delle politiche monetarie espansive, perché i prezzi
relativi comunque sono influenzati e, in generale, gli indici potrebbero
anche aver registrato un andamento decrescente in assenza di tali
politiche. Il che sarebbe visto dai keynesiani (e non solo da loro) come
una catastrofe, ma, come ogni variazione dei prezzi, avrebbe danneggiato
qualcuno e beneficiato altri.
Secondo McCulley il rigonfiamento dei prezzi degli asset è “una gran cosa”,
perché questo sanerebbe i bilanci ingolfati di debiti. Affermazione che
suscita in me diverse perplessità.
Innanzitutto non è del tutto vero che a fronte dei rialzi dei prezzi delle
azioni (o di altri asset) non vi sono passività. Se quel rialzo è dovuto
all’espansione della base monetaria (cosa che pare ammettere lo stesso
McCulley), c’è in realtà un aumento del debito in circolazione, dato che
ogni emissione di moneta è fatta a fronte di un debito nei sistemi monetari
attuali. E in effetti il debito complessivo in questi anni di politiche
monetarie ultraespansive non è affatto diminuito.
Inoltre la riparazione dei bilanci via aumento dei prezzi delle azioni (e
di altri asset) non può essere considerata “endogena” se dovuta a politiche
monetarie espansive. Men che meno è indifferente che i guadagni in conto
capitale siano realizzati oppure no. Seguendo l’esempio fatto da McCulley,
se il prezzo di una casa aumenta per effetto della politica monetaria, il
bilancio del debitore viene risanato effettivamente solo se la casa viene
ceduta (si suppone che quella casa non sia concessa in locazione, per cui
non generi flussi di cassa) e il debito viene estinto con i proventi della
cessione dell’immobile. Se, viceversa, il debitore è in grado di produrre
redditi tali da continuare a pagare il mutuo nonostante il valore della
casa sia inferiore al debito residuo, quel debito è sostenibile, a
prescindere dal fatto che la garanzia per il creditore sia inferiore
all’importo del credito.
Non parrebbe, però, essere questo il caso a cui fa riferimento McCulley,
che, al contrario, pare prendere in considerazione quei tanti casi in cui
il valore dell’immobile è determinante per la solvibilità del debitore. In
questo caso, sapere che il valore è gonfiato da politiche monetarie
espansive espone tanto il debitore quanto il creditore al rischio di un
successivo calo del valore stesso, come è già successo nel 2007/2008.
Quindi il rialzo dei prezzi causato dalla politica monetaria espansiva non
risana un bel nulla. D’altra parte il cosiddetto “effetto ricchezza”, tanto
caro ai keynesiani, è alla base dell’aumento dei consumi a debito
finanziati con mutui accesi per importi crescenti durante il periodo in cui
i prezzi degli immobili (o di altri asset da usare come garanzia) continua
a crescere per effetto di politiche monetarie espansive. Una crescita
evidentemente insostenibile, che finisce per mandare “sott’acqua” il
debitore (e fa perdere soldi al creditore) quando la bolla scoppia.
Ciò detto, il risanamento fittizio di coloro che hanno debiti insostenibili
è ciò che si vede. Ciò che non si vede è la mancata riallocazione (o la
distorsione nella riallocazione) delle risorse che restano allocate in
investimenti errati favoriti da politiche monetarie espansive (e quindi
distorsive) invece di poter essere disponibili a prezzi inferiori per nuove
attività.
Tornando all’esempio di McCulley, ciò che non si vede è la mancata
opportunità per chi vuole acquistare oggi un immobile di pagarlo meno di
quanto è costretto a pagarlo (seppure il prezzo sia inferiore al picco pre
crisi) per effetto delle politiche monetarie espansive.
In conclusione, credere che la cura sia aumentare la dose di ciò che ha
causato la malattia a me continua a parere assurdo, soprattutto dopo tutti
questi anni.
Ai keynesiani no.
anche una massaia saprebbe benissimo che tali ragionamenti, gonfiare i prezzi nominali per non far fallire le aziende decotte e le banche esposte, perché alla fine è lei e la sua famiglia a pagare quotidianamente il conto di queste giochini miliardari.
Però non glielo si spiega, bombardandola da media complici di sciocchezze degne di una madrassa islamica.
il popolino è privato di qualsiasi arma atta sia a ragionare sia a difendersi.