“Il rischio di una spirale deflazionistica nell’eurozona è un freno alla
crescita europea. Questa probabilità è quantificabile attorno al 25 per
cento”. (O. Blanchard)
Olivier Blanchard è capo economista del Fondo Monetario Internazionale. I
suoi testi di macroeconomia sono adottati in diverse facoltà di economia in
Italia. Circostanza che fa capire immediatamente, anche a chi non lo
sapesse, che Blanchard è keynesiano.
Non è però del keynesismo di Blanchard e delle sue considerazioni sulle
spirali deflazionistiche che mi voglio occupare. Preferisco soffermarmi
sulla quantificazione della probabilità attribuita al verificarsi della
spirale deflazionistica (o di qualsiasi altro scenario).
Blanchard sostiene che la probabilità di quello scenario sia
“quantificabile attorno al 25 per cento”. Questo approccio è molto diffuso
tra gli economisti mainstream, che sentono l’esigenza di quantificare ogni
cosa. Peccato che sia niente più che spazzatura, scientificamente parlando.
Se lancio un dado o una moneta posso quantificare esattamente la
probabilità di un determinato evento. Se faccio previsioni su scenari
economici tale quantificazione è impossibile. Anche disponendo di serie
storiche di dati molto lunghe, nulla consente di affermare con certezza che
le variabili in questione avranno un andamento analogo a quello passato, né
prese singolarmente, né in correlazione tra loro. Né le correlazioni
possono essere confuse con relazioni causali, altro punto sul quale i
macroeconomisti patiti di econometria spesso indulgono.
Agli economisti della scuola austriaca questi concetti sono noti da almeno
un secolo (si pensi alla distinzione tra case probability e class
probability di cui parla Mises), ma il rifiuto di quantificare
l’inquantificabile ha contribuito alla loro emarginazione nei circuiti
accademici e non solo. Resta il fatto che non c’è nulla di meno scientifico
del quantificare le probabilità di uno scenario economico, anche se
facendolo si diventa capo economisti al FMI.
Me lo ricordo bene: all’università (statale), corso di macroeconomia:
manuale d’uso: Autore: Olivier Blanchard.
Keynes, Solow, domanda aggregata ecc .. ecc..
Sarà un caso? W la squola pubblica
@sigismondo di treviri. la tua affermazione che l’economia non é una scienza perché manca la possibilitá di verifica sperimentale delle teorie rivela che tu non hai letto Mises e non hai la minima base di Economia Austriaca. Perché simpatizzi per i libertari quindi? Istinto? Naturale simpatia?
Ricordo che anni fà, un collega di lavoro voleva affittare una stanza di una casa che ho a Roma. Si chiamava Giosuè. Il cognome non lo ricordo, ma per questioni di riservatezza non lo avrei comunque scritto. Era laureato in Economia ed aveva fatto un master in econometria. Prima di venire a lavorare da noi era stato uno ‘stagista’ al ministero del tesoro. Un giorno di una decina di anni fa, mi confessò che era stato lui a fare l’ultima manovra finanziaria. Alla mia domanda su quali erano i modelli matematici che usava mi rispose: ” Semplice. Vedo dove stanno i soldi secondo i dati dell’ISTAT e li metto le tasse, ma alla gente gli facciamo credere che usiamo metodi altamente complessi.” Cioè, prima ti fotto e poi ti piglio pure per il c…o.
Le cifre, anche sparate a casaccio, suscitano sempre reverenza in coloro (e purtroppo sono i più) che in matematica non vanno più in là delle quattro operazioni. La matematica è un linguaggio, il più raffinato dei linguaggi. Ma come tutti i linguaggi, può essere usato anche per dir menzogne. Se io dico: “Gli asini volano” il mio enunciato è grammaticalmente impeccabile, ma empiricamente falso. Come tutta la teoria economica keynesiana, che insegna chimere altamente formalizzate.
@ S.g.T.:
È esatta, solo non empirica.☺
Io le considero pure valutazioni spannometriche.
Guarda , ad esempio, il dato confindustria sulla crescita prevista pubblicato oggi, e confrontalo con le altre previsioni precedenti a cura di altri organismi “economici” di studio.
Io penso che tutti costoro non riescano neppure a cogliere la realtà valutando dati e numeri ex-post, cioè a fatti avvenuti.
Ne trarrebbero sempre e comunque risultati e insegnamenti contrastanti se non inconcludenti.
Ritengo che siano molto vicini alla ciarlataneria, nonostante i loro sforzi.
Naturalmente sono in malafede.
La possibilità di trasformare l’economia in una scienza esatta è fallita miseramente da almeno due decenni. Come sosteneva Sergio Ricossa, l’economia non è nemmeno una scienza in quanto le variabili in gioco sono troppe e troppo poco quantificabili, per cui viene a mancare la possibilità di verifica sperimentale delle teorie. I modelli econometrici fatti di centinaia di equazioni che dovrebbero tenere conto di tutte le variabili in gioco, si sono dimostrate più o meno fallimentari. Quindi, questo 25% è un numero buttato lì tanto per dare una parvenza di credibilità all’autore della sparata. Tanto chi e come potrebbe dire che invece del 25% è il 32% o il 16%?
Questi personaggi incassano lautamente ad ogni conferenza, ogni articolo, ogni presenza in pubblico.
Devono avere sempre qualcosa da vendere.
Parole , vendono parole.
Gli ignoranti amano i venditori di parole come anticamente rispettavano i ciarlatani.
http://static2.wikia.nocookie.net/__cb20130425181709/de.simpsons/images/0/01/Love_Tester.jpg
La quantificazione dell’azione umana trattata con la serietà che merita.