In Anti & Politica, Economia

spesapubblicatasseDI MATTEO CORSINI

“In Paesi toccati dalle devastazioni della guerra la fine delle sofferenze fa scattare una voglia di riscatto, uno slancio vitale che inaugura una nuova stagione di crescita. Intanto, le bombe hanno anche distrutto fabbriche e infrastrutture obsolete, e le ricostruzioni danno opportunità di ammodernare il tessuto produttivo e infrastrutturale… Certo, i malefici della guerra sono di gran lunga superiori ai benefici, ma anche in questo caso è vero che non tutto il male vien per nuocere.” (F. Galimberti)

Da keynesiano coerente, Fabrizio Galimberti identifica il buon andamento dell’economia con il livello nominale di spesa che si registra in un sistema economico. Pur riconoscendo dei meriti alla fallacia della finestra rotta di Bastiat (più in generale, direi al concetto di ciò che si vede e ciò che non si vede, poi ripreso da Hazlitt in “Economics in One Lesson”), Galimberti ritiene che colui che si trova a dover spendere denaro per riparare la finestra possa comunque comprarsi un abito nuovo: è sufficiente che risparmi meno, utilizzi denaro risparmiato in precedenza, oppure si indebiti (creare denaro dal nulla ovviamente aiuta).

Questo ragionamento non cambia di una virgola la validità della “lezione” di Bastiat. Anzi, a mio parere rende ancor più evidente che la rottura della finestra comporta una perdita di ricchezza. Nessuno dubita che abbattendo il risparmio o indebitandosi si possa consumare di più, ma alla fine della storia l’individuo e il sistema si trovano sempre con la stessa finestra a fronte di minori risparmi. Ed è qui che Galimberti introduce un altro argomento che gli fa concludere che “non tutto il male vien per nuocere”, si tratti di una guerra o di una calamità naturale. Ciò che viene distrutto è spesso obsoleto, quindi “le ricostruzioni danno opportunità di ammodernare il tessuto produttivo e infrastrutturale”. Si potrebbe restare ancora all’esempio della finestra: quella sostitutiva potrebbe essere di qualità migliore di quella rotta, ma questo non cambia il fatto che al proprietario della finestra andava bene anche quella precedente, prima che venisse rotta. Anche perché, se avesse preferito cambiare la finestra invece di comprarsi un abito nuovo, lo avrebbe potuto fare. Ma evidentemente riteneva per se stesso più utile comprare un abito nuovo.

Credo che questo punto sia essenziale: l’idea che “non tutto il male vien per nuocere” perché la ricostruzione consente di ammodernare le infrastrutture e il tessuto produttivo, oltre a dare lavoro a un certo numero di persone, a me sembra doppiamente fallace: da un lato, perché si concentra su ciò che si vede e tralascia ciò che non si vede, come evidenziava Bastiat. Dall’altro, perché mette le preferenze individuali dei legittimi proprietari delle risorse economiche in una posizione subordinata rispetto al punto di vista di chi ritiene che questa o quella cosa sia obsoleta e da sostituire. Ovviamente con i soldi altrui.

E questo spiega anche perché in molti ritengano la spesa pubblica, sia essa finanziata da tasse attuali o future, un propulsore di crescita economica e non, nella migliore delle ipotesi, una semplice redistribuzione. Che a fronte dei disastri di una guerra o di una calamità naturale ci si debba anche sentire ripetere queste storie a me pare deprimente.

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Showing 2 comments
  • Fabio

    come al solito, i responsabili del disastro se da una parte cercano di scaricarne la responsabilità su altri, dall’altra cercano di sminuire gli enormi danni fatti cercando di mettere in risalto eventuali, miseri ed assolutamente involontari risultati.

    in questo caso vediamo come cercano di far passare l’idea che ‘abbiamo del benessere grazie allo stato’, non malgrado esso!

    Ci mostrano orgogliosi le briciole (che si vedono) spacciandole per pagnotte, nascondendo quello che avremmo potuto avere (che non si vede) se non ci fossero stati loro e le loro sciagurate azioni.

  • CARLO BUTTI

    Se un vetro si rompe è sempre una perdita, anche se può essere sostituito con un altro, magari migliore. Se sparissero i Galimberti sarebbe un guadagno, a patto che non vengano sostituiti co cervelli ancor più bacarti…

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