Uber è un’applicazione per smart phone che consente di aggirare (in modo del tutto legale, tra l’altro) le attuali “leggi” che impediscono la competizione nel settore dei taxi e quindi di aprire al libero mercato questo settore che attualmente è sottoposto a monopolio legale da parte delle amministrazioni locali, con i conseguenti vantaggi in termini di costo e qualitativi per i consumatori. Per il momento, in Italia Uber è attiva solo a Milano e sta avendo un notevole successo, al punto che coloro che lavorano per questa società recentemente hanno subìto un’aggressione fisica da parte dei tassisti.
Quest’aggressione potrebbe essere presa come punto di partenza per discutere praticamente ogni aspetto della contrapposizione fra libero mercato e interventismo/collettivismo. Tuttavia, in questo articolo io partirò da questa vicenda per discutere una particolare contrapposizione tutta interna ai sostenitori del libero mercato, e quindi di Uber. Fra questi, infatti, da una parte ci sono coloro che sono a favore del fatto che, in conseguenza dell’apertura del settore al mercato, i tassisti siano indennizzati (p. es. dal comune) per le licenze che hanno acquistato a caro prezzo per il privilegio di poter esercitare il loro mestiere al riparo della concorrenza[1]: licenze che si rivelano un investimento del tutto inutile laddove quel privilegio viene abolito o comunque aggirato dalla tecnologia. Dall’altra, ci sono coloro che sono contrari al fatto che i tassisti siano indennizzati.
Questa contrapposizione è significativa in quanto è generale e si estende molto al di là del caso particolare in questione (rimborso o meno delle licenze dei tassisti): si tratta infatti della stessa contrapposizione, sempre interna ai sostenitori del libero mercato, fra coloro che per esempio ritengono che il debito pubblico vada comunque onorato per salvaguardare i risparmi di chi ha investito in titoli di stato e coloro che invece sono favorevoli, su una base di principio prima ancora che economica, al ripudio del debito pubblico e quindi al fatto che i risparmiatori che hanno investito in titoli di stato perdano i loro risparmi.
In quanto segue, cercherò di esporre le ragioni dei secondi e cioè di quei sostenitori del libero mercato (nelle cui posizioni mi riconosco) che sono contrari all’indennizzo ai tassisti, per esempio. Non essendo in grado di comprendere come, partendo da un’ottica di libero mercato (e quindi di sovranità della Legge intesa come principio), si possa essere favorevoli a questo indennizzo, non esporrò le ragioni di questa posizione, sperando che altri vogliano illustrarle con un argomento che sia coerente con l’ideale di libertà in cui si riconoscono.
Il monopolio legale di una qualsiasi attività economica implica l’uso della violenza da parte dello stato. Questa violenza (o la minaccia della stessa) ha la funzione di impedire lo svolgimento di quell’attività a tutti tranne che a coloro che hanno ricevuto dallo stato stesso il privilegio di poterla esercitare al riparo dalle dinamiche della concorrenza. In questo caso stiamo parlando dei tassisti ma lo stesso discorso potrebbe essere fatto a proposito delle banche centrali in relazione alla stampa di moneta fiat a corso forzoso, per esempio.
In quanto “legge speciale fatta per uno o per pochi; indi vantaggio concesso a uno solo o a più, e di cui si gode a esclusione degli altri contro il diritto comune” (etimo.it), il privilegio è una violazione della Legge intesa come principio e quindi come regola generale e negativa di comportamento individuale valida per tutti allo stesso modo. In altre parole, è un crimine. Chi investe nel privilegio investe quindi nel crimine. Il fatto che questo crimine sia commesso dallo stato (e cioè che, grazie al positivismo giuridico, sia legale) non ne altera minimamente (se non in peggio) la natura.
Ora, nel momento in cui questo privilegio viene superato (vuoi perché lo stato lo abolisce, come nel caso dell’abolizione della schiavitù; vuoi perché viene aggirato dall’innovazione tecnologica, come nel caso di Bitcoin e di Uber), si ha semplicemente la fine dell’esercizio sistematico di un crimine. E la fine dell’esercizio di un crimine non dà diritto ad alcun compenso per coloro che avevano investito nel crimine: le stesse ragioni che rendono un’attività un crimine rendono criminale un eventuale compenso coercitivo per l’impossibilità di commettere quel crimine o di guadagnarci sopra. La fine dello jus primae noctis non conferisce al castellano il diritto ad avere una prostituta pagata da chi ha abolito il suo privilegio. Coloro che legalmente estraggono una rendita dall’impiego di schiavi (e coloro che fanno affari con questi) non hanno diritto a essere ricompensati nel momento in cui viene abolita la schiavitù e gli ex schiavi devono essere pagati con salari di mercato. Quando Bitcoin & Co. vinceranno definitivamente sulla moneta fiat, magari contribuendo al ritorno dell’oro fisico, le banche centrali non avranno alcun diritto a essere ricompensate per perdita del privilegio di poter stampare denaro fiat a corso forzoso (in regime di monopolio legale); e le banche a riserva frazionaria non avranno alcun diritto a essere ricompensate per l’impossibilità di essere salvate mediante stampa di denaro fiat da parte delle banche centrali, o a essere salvate in altro modo coercitivo: esse devono semplicemente essere lasciate fallire. Semmai sarebbe vero l’inverso: sarebbero coloro che hanno subìto lo jus primae noctis, coloro che hanno subìto la schiavitù, coloro che hanno subìto le conseguenze della stampa di moneta fiat da parte delle banche centrali (e cioè la perdita del potere d’acquisto della moneta e le crisi economiche cicliche), ad avere diritto a un indennizzo da parte di coloro che hanno esercitato o tratto profitto da questi privilegi (anche se per motivi pratici e storici non sempre il riconoscimento di questo indennizzo, per quanto legittimo, è possibile).
Lo stesso discorso vale nel caso del rimborso del debito pubblico. Non ripagare i debiti è illegittimo, ma solo quando i debiti sono stati contratti privatamente in modo legittimo. Non rientra in questa fattispecie, naturalmente, il debito pubblico. Se Tizio contrae un debito con Caio ma, ricorrendo alla violenza e alla coercizione, fa in modo che l’onere del ripianamento del debito ricada su Sempronio, allora questo è un crimine ai danni di Sempronio: in particolare un furto. Prestando soldi a Tizio, Caio investe in questo crimine. Il fatto che questo crimine sia legale lo configura, di nuovo, come privilegio (un’azione come quella di Tizio lo stato la riserva solo a se stesso, non ad altri). Come dice Murray Rothbard nel suo noto articolo in difesa del ripudio del debito pubblico, «Entrambe le parti [Tizio e Caio, n.d.r.] sono immoralmente inclini a partecipare alla violazione dei diritti di proprietà dei cittadini nel futuro [cioè di Sempronio, n.d.r.]. Entrambe le parti, dunque, stanno facendo accordi sulla proprietà altrui ed entrambe meritano il dorso della nostra mano. L’operazione di credito pubblico non è un vero contratto che deve essere considerato sacrosanto, come non dovrebbe essere considerato un contratto sacrosanto quello dei ladri che si dividono il bottino in anticipo».
Per le stesse ragioni, cioè per il fatto che fino a oggi essi hanno investito in un privilegio e quindi in un crimine, i tassisti non avrebbero diritto ad alcun indennizzo per la perdita di efficacia o per la decadenza della loro licenza. Essi devono semplicemente perdere i loro privilegi, quindi la loro licenza e il lavoro che dipende da essa, senza avere assolutamente nulla in cambio.
In sistemi politici basati sul privilegio come lo sono le “democrazie” totalitarie, è estremamente difficile che i privilegi vengano aboliti da chi controlla lo stato. La teoria dimostra che, al contrario, in questo contesto i privilegi tendono necessariamente ad aumentare e a rafforzarsi (e, incidentalmente, l’esperienza conferma abbondantemente questo fatto). Dove, grazie al positivismo giuridico, un gruppo di persone può ottenere voti e potere politico illimitato in cambio di privilegi elargiti a destra e a manca (“reddito di cittadinanza” dei grillini docet), occorrerebbero senso dell’onore e dignità diffusi perché i privilegi non si espandessero continuamente. Tuttavia, anche in una società come la nostra in cui la maggior parte delle persone si fa comprare per un tozzo di pane, l’innovazione tecnologica orientata alla disintermediazione (come Internet, Bitcoin e Uber) è a volte capace di scavalcare lo stato “democratico” e di scardinare alcuni dei privilegi su cui esso si regge. Quando questo succede, è un meraviglioso spettacolo da osservare. Una sorta di aurora boreale. In questi casi, inevitabilmente, lo stato reagisce a difesa dei privilegi ma così facendo non fa che spingere oltre queste innovazioni tecnologiche orientate alla disintermediazione. Un attacco a Uber da parte dello stato potrebbe spingerla per esempio su piattaforma Bitcoin e quindi renderla inattacabile dalla “democrazia” totalitaria.
NOTE
[1] Dal punto di vista di chi contesta, su una base di principio, il diritto dei tassisti a ottenere un indennizzo per l’inefficacia o la decadenza della licenza, la questione di come si sia formato questo prezzo (p. es. se sia stato fissato arbitrariamente dal comune oppure, come nel caso in esame, se sia emerso da un processo “di mercato” ristretto a coloro che avevano ottenuto la licenza) è del tutto irrilevante.
Purtroppo oggi non esistono più attività che non siano protette da un privilegio. Per esercitare qualsiasi attività c’è bisogno di una licenza e quindi le vittime diventano carnefici contro la loro volontà. Io ho delle perplessità sulla validità della proprietà intellettuale ma quando vengono rappresentati i miei lavori gli introiti della SIAE me li prendo. Vero che la questione è diversa e controversa ma anche tra privilegio monopolistico e schiavitù c’è differenza. In linea di principio sono d’accordo anch’io che non si debbano rimborsare le licenze né i titoli pubblici. O meglio questi ultimi li risarcisca il debitore reale, se ci riesce, non il cittadino. Ma se per evitare una guerra civile o per avere consenso politico al fine di abolire privilegi e schiavitù varie occorresse rinunciare occasionalmente ad applicare un principio, non avrei dubbi. Purché il risultato fosse realmente conseguito, però, non concedendo qualcosa per concederne poi un’altra ancora. Magari in nome del gradualismo; che può essere uno strumento in caso di necessità ma non uno stile di vita. In caso di emorragia accetto la trasfusione con i suoi pericoli di crisi di rigetto. Ma non vado a usare il sangue di un altro quando sto bene.
Bellissimo articolo, e inoltre vorrei aggiungere che, quello delle licenze per avere il privilegio di, oltre ad essere un sistema illecito per comprare voti, è anche l’ ennesimo subdolo modo per rubare prosperità alle generazioni future.
Infatti le risorse raccolte con l’ emissione delle licenze vengono immediatamente bruciate dai governanti per finanziare sprechi e clientelismi. L’ onere economico per il ripristino del libero mercato va invece a cadere sulle spalle delle future generazioni, quelle che verranno tassate ulteriormente affinchè lo stato possa ricomprarsi le licenze che aveva emmesso anni prima.
I tassisti delle vittime? Non ci siamo proprio.
Hai ragione condivido la osservazione che, portando lo sguardo sulle conseguenze del ragionamento di Birindelli su un singolare caso umano, spiace constatare la sofferenza che ci porterebbe a scuotere la testa davanti al principio.
Questa però è carità e misericordia, degli stati d’animo tutt’altro che religiosi. Sono la astrazione che ci consente di raffinare il sentire morale, etico e giuridico, MA SOLO PER IL FUTURO. Se la analisi è solvente, direzionevievitare un errore futuro, è necessario che chi ha (anche in buona fede) indugiato in appetiti impropri ne assuma con evidenza il costo e che il sacrificio indubbio sopportato con dignità comunichi il valore di chi indica una direzione che libera l’uomo.
Grazie Birindelli
Scusate la dattilografa da telefonino
Nessun indennizzo, hai goduto per anni dell’oligopolio? ..Quando l’oligopolio si sgretola fai i conti con la concorrenza come avrebbe dovuto essere dal principio
Secondo me le cose vanno viste ancora da un’altra prospettiva: sia le motivazioni di chi è a favore, sia le motivazioni di chi è contrario ad un rimborso dei tassisti si basano sul fatto che sarebbe avvenuto un cambio dello status quo, che la regolamentarizzazione del mercato dei taxi sarebbe cambiata. Questo è falso, Uber è legale secondo le leggi vigenti, lo Stato non lo ha autorizzato solo adesso, sarebbe stato legale già in passato. Pertanto i taxisti non hanno diritto ad un indennizzo perchè lo Stato, una volta tanto, non ha fatto niente.
I tassisti secondo me sono esattamente nella stessa posizione di “coloro che hanno subìto le conseguenze della stampa di moneta fiat da parte delle banche centrali”. Vittime perchè subiscono l’azione coattiva dello stato. Non evidentemente i criminali a cui la prima parte del pezzo si riferisce. Ergo vanno indennizzati.
Non ti seguo Andrea. A questa stregua TUTTI sono vittime del sistema della stampa fiat di denaro. L’indennizzo, tra l’altro, non sarebbe possibile se non con denaro fiat. E’ un ragionamento circolare.
Birindelli dice:
“Semmai sarebbe vero l’inverso: sarebbero coloro che hanno subìto lo jus primae noctis, coloro che hanno subìto la schiavitù, coloro che hanno subìto le conseguenze della stampa di moneta fiat da parte delle banche centrali (e cioè la perdita del potere d’acquisto della moneta e le crisi economiche cicliche), ad avere diritto a un indennizzo da parte di coloro che hanno esercitato o tratto profitto da questi privilegi (anche se per motivi pratici e storici non sempre il riconoscimento di questo indennizzo, per quanto legittimo, è possibile).”
Se questo è vero, io in tutta onestà non vedo la differenza tra le vittime che sono costrette ad usare denaro FIAT e le vittime che sono costrette ad acquisire una licenza dallo stato per potere lavorare.
Se me la riuscite a spiegare voi ….
Ma scusami, un vassallo che ha servito (con denaro o servizi) il signore per ottenere il permesso a sfruttare e angariare i contadini del villaggio, è sullo stesso piano dei contadini?
Il paragone vassallo-tassisti / contadini-clienti è del tutto inconsistente. Il tassista non coerce nessuno ad usare il suo servizio. Mentre viene obbligato dallo stato a comprare la licenza per potere lavorare. Lo stato è il criminale e i tassisti sono vittime.
Non sono d’accordo Andrea.
La coercizione non è essere obbligati a prendere un taxi, ci mancherebbe che mi imponessero di usare il taxi.
La coercizione è che se io VOGLIO usare un taxi, devo prendere QUEL TAXI a e pagare QUELLA TARIFFA.
Se provo a mettermi sul mercato a costi più bassi, o a servizio migliore o entrembe le cose, il tassista ufficiale mi sventola la ricevuta del pemesso che gli ha dato il “boss” e, siccome quel permesso gli è costato un sacco di soldi, mi spacca la faccia col consenso del boss.
Non ci siamo proprio.
Onestamente non riesco a capire come tu possa affermare che “i tassisti … sono nella stessa posizione di ‘coloro che hanno subìto le conseguenze della stampa di moneta fiat da parte delle banche centrali’. Vittime perché subiscono l’azione coercitiva dello stato”. In primo luogo, i tassisti TRAGGONO PROFITTO dal privilegio del monopolio legale, mentre coloro che per comprare il pane devono per forza usare denaro fiat che lo stato si riserva il diritto di svalutare a piacere, oppure coloro che perdono il lavoro a causa della crisi ciclica prodotta dall’inflazione, cioè dalla stampa di denaro fiat da parte delle banche centrali, SUBISCONO DELLE PERDITE a causa del monopolio legale esercitato DA ALTRI (non da loro). Chiamare vittima chi, scegliendo di investire in un crimine, trae profitto da esso, richiede un capovolgimento del significato del termine “vittima”. In secondo luogo, i tassisti hanno appunto SCELTO LIBERAMENTE di investire nel privilegio, cioè nel crimine: e lo hanno fatto in funzione della rendita che potevano trarre da un lavoro che fosse al riparo della concorrenza. Chi invece vede diminuire il potere d’acquisto dei 100 euro che ha in tasca oppure chi perde il lavoro a causa della crisi, NON HA SCELTO le conseguenze per lui negative del privilegio della stampa di moneta: le ha subìte. Mario NON può scegliere di pagare il pane in monete d’oro, il tassista poteva scegliere di investire in un’attività che non fosse protetta da un privilegio.
Infine, nell’articolo ho parlato dei tassisti (o di coloro che hanno acquistato titoli del debito pubblico) come di coloro che hanno investito nel crimine: questo non ne fa necessariamente dei criminali (questo aspetto è lasciato volutamente in ombra nell’articolo in quanto richiederebbe molto più spazio e un’analisi di tipo molto più astratto).
@spago
no!!!
Un giorno un medico mi disse: o smetti o muori. Non devi devi ridurre gradualmente, devi smettere, oppure muori (stavo molto male). Gettai l’ultima sigaretta delle poco meno di 40 che fumavo giornalmente e da allora, sono passati anni, non ho più neanche fatto un tiro. In passato avevo tentato di ridurre senza successo. Avevo anch’io smesso e ricominciato, convinto di poter fumare poco.
Racconto questo aneddoto perchè lo status di fumatore (non è un vizio, non è una malattia, non è un abitudine) è stato evocato nel tuo commento. La Thatcher diceva che il socialismo funziona finchè non finiscono i soldi degli altri. Ecco, il mio fisico aveva “finito i soldi”. Per rimanere nella similitudine.
Lo stato col debito pubblico a carico dei posteri e le tasse a carico dei centemporanei, funziona seguendo lo stesso principio. Non lo si può ridurre a dimensioni innocue. Magari, come successe all’Italia dopo che l’avevano rasa al suolo gli Alleati, lo stato riparte piccolo e per qualche anno non riesce a entrare nella vita dei singoli [il boom economico e la prosperità è figlia di quel periodo], ma dura poco.
La democrazia totalitaria esige consenso che deve essere comprato dai governanti attraverso privilegi in cambio di voti. Quindi lo stato non può che crescere ed espropriare sempre più ricchezza ai sempre meno che la producono. E’ una legge di natura, come la legge di gravità. Non si può essere d’accordo con la legge di gravità in teoria …
Da un punto di vista di principio sono d’accordo. Però in una situazione reale dove a disposizione non fosse la scelta fra cio che è e ciò che dovrebbe essere, ma si verificasse la concreta possibilità di passare da una situazione peggiore a una migliore, anche se ancora imperfetta e non ideale, io propenderei per il compromesso dal peggio al meglio. Voglio dire che se l’opzione che avessi a disposizione fosse l’abolizione della schiavitù o dello ius primae noctis sarebbe meraviglioso, ma se per intanto l’opzione disponibile fosse solo il riscatto di tutti gli schiavi o il pagamento di una prostituta al signorotto.. per quanto sarebbe preferibile gettare in galera lui e gli schiavisti.. lo troverei un compromesso amaro ma accettabile: in fondo andrei a sospendere un crimine come la schiavitù. Insomma se esiste la possibilità di liberarsi della corporazione dei tassisti senza indenizzo bene, ma se il modo per farlo attualmente disponibile è “ricomprare” in qualche modo le licenze, dopodichè abolirne del tutto il sistema, lo troverei certo non “meraviglioso”, ma comunque “digeribile”. Immagino però che lei mi risponderà che potrei essere accusato di finanziare il crimine, di compromettermi con esso, di contribuire a incentivarlo.. quindi di essere un po’ criminale anch’io? Insomma esiste una possibile via gradualista? per es. facendo l’esempio di un fumatore: io ho trovato più facile smettere gradualmente che farlo di botto (poi ho ripreso!:).. quando si sia riusciti ad avvicinare gradualmente una situazione a quella che si desidererebbe è più facile fare l’ultimo passo decisivo.. o no?
La ringrazio del suo commento, che chiama in causa la questione del gradualismo. Le rispondo per punti per esigenze di sintesi e di semplicità.
In primo luogo, come lei ha il rigore di riconoscere, quella del gradualismo è una questione puramente strategica, non di principio. Laddove la “legge” fiat consente agli inquilini di poter occupare indefinitamente un appartamento senza nemmeno pagare l’affitto, da un punto di vista strategico per qualcuno può avere un senso dargli una buonuscita (ma parliamo di qualcuno che si priva di soldi propri, non di soldi di altri). Questo tuttavia non vuole affatto dire che gli inquilini morosi abbiano diritto a questa buonuscita. Ed era proprio questo l’obiettivo dell’articolo: affermare che i tassisti non hanno nessun diritto a un indennizzo.
In secondo luogo, a mio parere (per motivi che sarebbe troppo lungo discutere) oggi la strategia vincente per ritornare alla libertà è difendere apertamente i princìpi da cui essa dipende, non cercare sotterfugi.
In terzo luogo, come afferma William Lloyd Garrison, “gradualism in theory is perpetuity in practice”: il gradualismo in teoria significa perpetuità in pratica.
In quarto luogo, il gradualismo (purché non sia in teoria ma solo in pratica, cioè purché l’obiettivo non sia un second best ma rimanga sempre la libertà), può avere dei vantaggi, ma ha anche degli svantaggi: lei avrebbe il coraggio di dire a uno schiavo: “mio caro, è stato riconosciuto che la Sua condizione di schiavitù è illegittima. Ma purtroppo La dobbiamo mantenere in questa condizione ancora per un po’ perché, per l’azienda che La impiega, sarebbe un passaggio troppo traumatico dover pagare all’improvviso i lavoratori che impiega”?.
Io stesso ho proposto una strategia gradualistica per una certa cosa: e lo ho fatto semplicemente perché, in quel caso particolare, mi sembra il modo più rapido per conseguire l’obiettivo. Tuttavia, un conto è proporre una strategia gradualistica riconoscendone esplicitamente i limiti di principio, e quindi essendo disposti a rinunciarvi all’istante laddove una strategia non gradualistica si rivelasse più efficace. E una cosa completamente diversa è tentare di giustificare il gradualismo in quanto tale.
Impeccabile!
aggiungo che chi ha pagato magari non vuole assolutamente il rimborso cercando di ottenere ad ogni costo la contropartita promessa.
Per esempio, se mi promettono un viaggio aereo per la località dei miei sogni (NewYork ? Bahamas? fate voi) per 50 euro A/R ed io pago, e quando arrivo all’aeroporto (dopo aver preso le ferie io, mia moglie salutato le amiche, i figli si sono vantati con gli amichetti, ecc…) mi dicono che il contratto non è più valido, posso incazzarmi? Dispiaciuti dicono che mi restituiscono i pochissimi soldi, ma il fatto che il sogno del viaggio della vita svanisca non cambia. Mi sembra più che ovvio che rifiuterò i soldi cercando di ottenere a qualsiasi costo il viaggio che non otterrei in alcun altro modo.
E per i tassisti è uguale: con un modesto investimento (quanto il mutuo che usai per comprare casa) comprano un posto di lavoro redditizio per se e forse per i propri figli. Credo bene che non gl’interessi affatto il rimborso, se ne sbattono al confronto di avere un posto di lavoro del genere. E capisco bene le proteste, più forti dove più c’è turismo ed aeroporti internazionali (milano come roma), coi turisti visti da tutti (Stato compreso) come polli da spennare con tariffe assurde.