Innanzitutto grazie. E’ la prima cosa che, soprattutto da friulani, si può e si deve dire, quando si parla di Alpini.
Gli Alpini hanno fatto tanto per il popolo friulano, soprattutto in occasione del tremendo terremoto del 1976, di cui in questa settimana cade l’anniversario.
E come hanno fatto tanto per noi, in diverse occasioni, altrettanto hanno fatto per moltissime altre popolazioni, in occasione di tremende catastrofi naturali ed umanitarie analoghe.
Dunque, grazie Alpini!
Ma questo loro straordinario operato in veste di “protezione civile”, non cancella ciò che sono e sono stati gli Alpini.
Gli Alpini sono un corpo dell’Esercito Italiano, sono italiani, non friulani, anche se un tempo reclutavano largamente in Friuli.
Gli Alpini rappresentano l’Italia, lo Stato Italiano, non il Friuli ed il popolo friulano.
Non c’è nulla che associ, soprattutto oggi, gli Alpini alla friulanità; sono e restano simbolo di italianità.
Un vero patriota friulano non può far finta di nulla, non può rifiutarsi di vedere i tricolori ostentati in ogni dove ad ogni adunata alpina. Nessuna bandiera friulana, tranne forse quella di qualche singolo privato. Solo la bandiera di uno Stato che non è friulano, ma che anzi sfrutta e spreme a morte il Friuli.
Nessun vero patriota friulano può associare gli Alpini e la loro storia alla Storia friulana.
La storia degli Alpini inizia nel 1855, nella Guerra di Crimea, in cui onore una canzone di quei giorni è diventata inno degli Alpini valdostani, e si ammanta di “gloria” con i fatti della Prima Guerra Mondiale, sui quali si è fondata l’ancora attuale retorica fascista secondo la quale l’Alpino sarebbe un montanaro semplice, tenace, buono, coraggioso e patriottico, “valoroso difensore della Patria dal barbaro invasore austriaco”.
Peccato che nel 1915 sia stata l’Italia a dichiarare guerra all’Austria-Ungheria, mentre erano ancora alleate, e ad invadere i territori per mera brama di conquista.
La storia degli Alpini prosegue poi attraverso le atrocità della Guerra di Libia del 1911, attraverso i massacri della conquista dell’Etiopia del 1935, delle invasioni proditorie di Francia nel 1940, di Grecia e Jugoslavia nel 1941 e dell’Unione Sovietica nel 1942, fianco a fianco dell’alleato nazista, con tutti i crimini annessi e connessi.
La cronaca dei crimini contro l’umanità perpetrati in maniera cosciente e volontaria dall’Esercito Italiano è nutrita e corposa, non vi è spazio per la retorica degli “italiani brava gente” costretti alla guerra da un regime tirannico ed antidemocratico “non scelto, voluto e non appoggiato dalla maggioranza”, e comportatisi con “cultura superiore, senso di giustizia e comprensione umana” che ancora oggi domina la storiografia ufficiale italiana. Questa è mera propaganda nazionalista.
Il regime fascista ha in realtà goduto di un consenso popolare largamente maggioritario fino all’8 settembre 1943, ed i reparti dell’esercito non si sono mai ammutinati, nemmeno davanti agli ordini più odiosi. Inclusi gli Alpini.
Questa è Storia, suffragata da testimonianze e documenti incontestabili anche dal più cieco e fanatico dei negazionisti.
Lo Stato italiano, il suo esercito ed i singoli reparti di esso, non hanno mai pagato né fatto pubblica ammenda per questi crimini, eguali per gravità e diffusione a quelli commessi dai loro colleghi della Wehrmacht; anzi, si continua imperterriti a tacere, minimizzare e distorcere il racconto della Storia con queste menzogne auto-assolutrici.
Gli Alpini in questo non sono affatto diversi dagli altri corpi dell’Esercito Italiano; hanno commesso crimini atroci e non hanno mai rotto con il proprio passato, sul quale insistono a mentire e negare.
Perché dunque un vero patriota friulano dovrebbe sentirsi orgoglioso di un reparto militare straniero che si è macchiato di inenarrabili atrocità contro altri popoli innocenti e non se ne è mai pentito?
Perché un vero patriota friulano dovrebbe sentirsi orgoglioso di un reparto militare di un esercito straniero che non ha mai combattuto una sola guerra di difesa in tutta la sua storia, ma anzi con le sue gesta criminali infanga il buon nome del Friuli?
Grazie per quello che gli Alpini hanno fatto nel dopoguerra, grazie per lo spirito di sacrificio, per l’inflessibile volontà di aiutare il prossimo; grazie per essere sempre stati i primi ad arrivare e gli ultimi ad andar via. Grazie a tutte queste persone, che sono state e sono meravigliose a prescindere dal cappello piumato che portano.
Ma questo, va rimarcato con forza, è uno spirito civico, un obbligo morale, che si può avere benisssimo senza essere o essere stati membri di un corpo militare che nella sua storia si è macchiato di crimini agghiaccianti di cui non si è mai pentito.
Grazie alle singole persone dunque, che per volontà e spirito aiutano il prossimo credendo in dei valori meravigliosi che loro ritengono riassunti in quella Penna Nera.
Ma un vero patriota friulano non può dimenticare che quella Penna Nera è intrisa di sangue innocente, e che il tricolore non è la sua bandiera.
Viva la brava gente che aiuta gli altri, ma mai viva gli Alpini o viva l’Italia. Questi non hanno nulla a che spartire con la Nazione Friulana.
Movimento “Autodeterminazione delle Nazioni Friulane e del Litorale”
Ad Heinrich. Ma chi parla di Stato italiano? Ho ben rimarcato la distinzione tra Stato-nazione e patria, intesa come oggetto d’amore in quanto terra dei padri e come luogo dell’anima, più che come territorio geograficamente inteso E ho anche detto che i nostri “nemici ” erano nostri fratelli, col solo torto di abitare di là dalle Alpi. Modifico la mia proposta: i libertari italiani e quelli austriaci, si mettano d’accordo, ciascuno esponga la sua bandiera a mezz’asta; oppure tutti espongano le due bandiere a mezz’asta. Tra parentesi: aborro tutte le bandiere e tutti gli inni nazionali, proprio perché simbolo di contrapposizione e stimolo all’odio tra i popoli. Purtroppo anche la croce di Cristo, cioè il simbolo di una vittima dell’intolleranza e del potere, fu usata nel passato come segno di divisione e come arma contro i “nemici infedeli”.
Sono tutti concetti diversi. Lo Stato è un’istituzione politico-amministrativa; la Nazione è una comunità di individui che liberamente riconoscono di avere in comune una base etnolingistica, una storia o una cultura, a prescindere dal fatto di appartenere o meno ad uno stesso Stato; la “patria” è un concetto estremamente vago ed aleatorio, preferisco usare termini tedeschi come Vaterland, la terra dei Padri, quella delle proprie origini, e Heimatland, la terra del cuore, quella cui si è legati affettivamente a prescindere da tutto il resto.
I vostri “nemici” non abitavano al di là delle Alpi, visto che con questo ragionamento lei nuovamente ignora le genti del Tirolo e del Litorale, fieramente asburgiche, che vivono tutt’ora, nonostante la pulizia etnica italiana, al di qua dello spartiacque alpino.
Le bandiere e le insegne non sempre sono simbolo di contrapposizione e odio; possono esserlo quelle create artificialmente quale simbolo di uno Stato inventato ex novo invadendo e conquistando terre e popoli altrui, non certo quelli che da secoli rappresentano un’identità nazionale.
Quando Pannella, nel fiore dei suoi anni, non era ancora intruppato nelle istituzioni repubblicane, ma combatteva le grandi e benemerite battaglie radicali rimanendo all’esterno del Parlamento, ebbe il coraggio di dire e di ripetere che il 4 Novembre andrebbe celebrato non come giorno di festa, ma di lutto. Propongo a tutti i libertari di far propria questa proposta e di metterla in atto, nel giorno in cui si celebrerà il centenario della cosiddetta Vittoria, esponendo la bandiera italiana a mezz’asta. Sì la bandiera italiana, perché fu proprio in nome della nazione-Italia che migliaia e migliaia di abitanti della patria-Italia ( Stato-nazione e patria senza Stato: due concetti, a mio parere, che vanno tenuti ben distinti) vennero mandati al massacro contro i i loro fratelli che avevano il solo torto di abitare al di là delle Alpi. Altro che nuovi steccati e nuovi nemici: una nuova, vera fratellanza, un recupero del migliore illuminismo contro l peggiore romanticismo. E, se mi si permette, un ritorno a Cristo.
Se permette, io a mezz’asta preferisco mettere la bandiera imperiale asburgica, assieme alle bandiere dei territori occupati in quei mesi funesti dallo Stato italiano e dei popoli oppressi da quel giorno in poi.
Loro furono molto più vittime di quanto non lo fossero gli italiani mandati a morire controvoglia per occupare quelle terre, ed anche questa ipotesi di proposta provocatoria, per quanto relativamente corretta ed accattivante, dimostra comunque un preconcetto di fondo, il pregiudizio che comunque, tutto ciò che conti celebrare o commemorare, sia relativo all’Italia ed allo Stato italiano, degli altri, dei “nemici” ora conquistati ed annessi, chi se ne frega.
Questo è inaccettabile.
Timori un po’ pretestuosi; ci sono indipendentisti di vario tipo, tra cui quelli che dice lei ma anche quelli di idea diametralmente opposta; bisogna conoscere ciascuno di questi per capire qual’è il rispettivo ideale su cui si fonda il suo programma.
E’ vero che l’ammutinamento era punito con la morte, ma la cosa, ripeto, non è mai stata presa come esenzione da responsabilità o attenuante nei tribunali internazionali.
STATUTO DELLA CORTE PENALE INTERNAZIONALE
[…]
Art. 33 Ordini del superiore gerarchico e ordine di legge
1. Il fatto che un reato passibile di giurisdizione della Corte sia stato commesso da una persona in esecuzione di un ordine di un governo o di un superiore militare o civile non esonera tale persona dalla sua responsabilità penale, salvo se:
a) la persona aveva l’obbligo legale di ubbidire agli ordini del governo o del superiore in questione;
b) la persona non sapeva che l’ordine era illegale;
c) l’ordine non era manifestamente illegale.
2. Ai fini del presente articolo, gli ordini di commettere un genocidio o crimini contro l’umanità sono manifestamente illegali.
Ognuno legga e intenda quello che vuole del sopra richiamato articolo.
E’ vero, in linea di principio obbedire a ordini criminali è a sua volta criminale; ma voglio vedere come le plebi semianalfabete dell’Italia 15-18 avrebbero potuto trovare la coscienza etico-politica per ribellarsi in massa a una coercizione militare sostenuta da una propaganda martellante, alla quale finirono per piegarsi loro malgrado anche le forze non interventiste. Se il mio caro nonno, che partecipò a quell’infame guerra, si fosse rifiutato, per coerenza con i suoi principi morali e per un’iniziativa tutta e soltanto sua, di eseguire gli ordini, sarebbe finito dritto davanti al plotone di esecuzione. Rischiò di finirci per essere stato accusato (ingiustamente, e poi per fortuna scagionato) d’un furto di pane. Quanto al nazionalismo che purtroppo infetta ancora le nostre menti, vorrei ricordare che molti protagonisti del Risorgimento italiano sognavano un’Italia indipendente e pacifica; Mazzini arrivò a vagheggiare una “giovane Europa”. Le cose andarono diversamente, come sempre capita. Ecco perché, a dispetto delle loro buone intenzioni, cui va il mio apprezzamento, gli indipendentismi micro-nazionalistici di oggi mi fanno paura. Il loro primo risultato è quello di alzare nuovi steccati e inventare nuovi nemici (un tempo gli Austriaci e i Borboni, oggi gli Italioti e i Magnogreci, o, scendendo al Sud, i Polentoni e i Piemontesi)
Carlo Butti,
sa niente di quanti fanti sono stati ammazzati dai reparti dei carabinieri perché scappavano dalla sicura mattanza?
Mio commento del giorno 7 Maggio 2014 fatto alle ore: 17:14
al seguente collegamento:
https://www.facebook.com/groups/337996802910475/726909377352547/?notif_t=like
Renzo Riva
7 maggio alle ore 17.14
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Riflessione sull’impiego delle FFAA.
Gli alpini servono o no come corpo e per le finalità per le quali fu istituito?
Come corpo fu istituito per difendere quelli che venivano denominati i
“Sacri confini” ed in particolare del loro territorio alpino.
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Oggi invece sono sempre più utilizzati in missioni internazionali
mentre non danno avvedersene dell’invasione delle loro “italiche terre”.
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Italia porta d’ingresso a EURABIA, invece, con quello che ne consegue.
Nessuno ci sente da questo orecchio.
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Per le missioni internazionali bastano altri corpi, con quello che ne dovrebbe conseguire sulla loro esistenza già falcidiata di tre brigate.
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L’italia repubblicana è nata col “mito” resistenziale.
Gli alpini continuano a vivere del mito di gesta epiche.
A Pordenone si dovranno porre delle riflessioni su questo.
Esaltare comunque i loro pronto-intervento nel caso di calamità naturali è obbligatorio per l’insostituibile opera a favore delle popolazioni civili.
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Forse sono andato un po’ fuori tema e chiedo venia.
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Bella quella divisa da alpino, sig. Riva…
Silvia del contenuto: del mio scritto ovvio e non di quello che era dentro “la divisa”, ha qualche opinione da esprimere?
Non è affatto più corretto ricondurre le colpe agli ufficiali; il “obbedivo agli ordini” non è una scusa né un’attenuante, così come non lo è stato per i tedeschi chiamati a processi (sia veri che morali e mediatici), non lo deve essere per gli italiani.
Non tutti i separatismi sono nazionalisti in senso “risorgimentale” ottocentesco; non è paragonabile al nazionalismo violento e militarista di chi ieri pretendeva costruire un proprio Stato occupando e mutilando arbitrariamente Stati terzi, con chi oggi invece chiede pacificamente il rispetto del proprio diritto di autodeterminarsi in maniera democratica secondo le regole internazionali.
Le atrocità di cui gli Alpini sono stati partecipi, condividendo all’eccesso, in tutte le campagne militari dall’Unità in avanti, l’atteggiamento di ogni arma dell’esercito italiano (forse sarebbe più corretto dire dei suoi ufficiali) sono il frutto avvelenato di quel nazionalismo che, nato nell’Ottocento sull’onda del movimento romantico, s’è concretato nella fondazione degli Stati nazionali attraverso i vari “risorgimenti” e -paradossalmente-rivive nelle aspirazioni micro-nazionali ci cui si nutrono gli odierni separatismi.
Un furlan si sares firmat
La firma c’è, in fondo all’articolo.
E tu cui sêstu?
Renzo Riva
renzoslabar(at)yahoo.it
http://renzoslabar.blogspot.it/
Manca l’ Albania.
Questi sono messaggi seri, argomentati e senza retorica e senza rivalsa, solo per stabilire la verità delle cose. Senza verità non si può imbastire nessun rapporto futuro, con nessuno. I rapporti basati sulla falsità e sull’ipocrisia non durano niente.