“Una crescita economica ancora troppo debole sta aumentando le ineguaglianze sociali.” (J. Yellen)
Questo ha detto Janet Yellen, presidente della Fed, durante un intervento al Congresso degli Stati Uniti. Come è noto, la crescente disuguaglianza nella distribuzione dei redditi viene da più parti imputata, alternativamente, a un non meglio definito “neoliberismo” o a una crescita economica debole. Yellen aderisce a questo secondo punto di vista. E’ strano che questi amanti (si potrebbe dire maniaci) dell’econometria, che non accettano nessun ragionamento che non sia avvalorato dalle correlazioni evidenziate da un’analisi di regressione delle serie storiche di determinate variabili economiche (individuando spesso del tutto impropriamente delle relazioni di causalità che le correlazioni di per sé non autorizzerebbero a identificare come tali), non abbiano mai voluto testare ciò che il buon senso e diversi studiosi (da Cantillon agli economisti della scuola austriaca) suggeriscono essere una delle cause principali della disuguaglianza nei redditi, ossia l’espansione monetaria. Che tale analisi non sia condotta (o quanto meno pubblicizzata) da un banchiere centrale è (dal suo punto di vista) comprensibile; meno comprensibile, e certamente ingiustificabile, è l’ostracismo del mainstream verso la spiegazione “austriaca”.
Eppure basterebbe ancora il buon senso a scartare l’ipotesi del non meglio definito “neoliberismo”, non fosse altro per il fatto che i principali beneficiari dell’espansione monetaria, dopo lo Stato, sono gli intermediari finanziari, che operano in un contesto pesantemente regolato, ancorché sia passato il concetto di “deregulation” come eliminazione di regole, che, al contrario, sono semplicemente state modificate e ampliate nel corso degli ultimi decenni. Se c’è un settore in cui la distanza dal libero mercato è massima, questo è proprio quello finanziario, ancorché gran parte dell’opinione pubblica sia indotta da politici e mezzi di informazione a essi compiacenti (e spesso da essi finanziati con i soldi dei contribuenti) a identificare i mercati finanziari con il libero mercato.
Quanto all’ipotesi che le ineguaglianze stiano aumentando per via della crescita economica debole, suppongo che questa sia l’unica giustificazione che un banchiere centrale possa addurre. Il problema è che se si indagano le cause della crescita economica debole si arriva sempre allo stesso punto: la crescita è debole, nonostante una politica monetaria straordinariamente espansiva, perché non sono ancora stati corretti gli squilibri accumulatisi prima della crisi, a loro volta causati in buona parte dalle distorsioni indotte nei prezzi (a partire dai tassi di interesse) proprio dalle politiche monetarie delle banche centrali. D’altra parte, l’espansione monetaria beneficia qualcuno a danno degli altri. I benefici spettano a coloro che per primi entrano in possesso della moneta aggiuntiva; per costoro il potere d’acquisto aumenta. In misura minore aumenta per coloro che vendono beni e servizi ai primi possessori della moneta aggiuntiva. E così via, fino a quelli che non hanno alcun beneficio, ma che subiscono l’aumento (peraltro mai uniforme) dei prezzi di qualche bene o servizio che acquistano.
Un puro effetto redistributivo, spesso a danno dei titolari di redditi fissi e di modesta entità. Non ci si deve poi meravigliare se le disuguaglianze nella distribuzione dei redditi aumentano.
Vorrei chiedere al sempre bravissimo Corsini di spiegare, anche se l’argomento rischia di essere tecnico, quali sarebbero a grandi linee le regolamentazioni imposte agli intermediari finanziari e al mondo della finanza in generale, anche solo per smontare definitivamente quelli che addossano a un inesistente “libero mercato” tutte le colpe del mondo.
Mi raccomando, conto su una tua risposta e complimenti per quello che scrivi!