“L’evasione è un problema diffuso, culturale prima che economico…
l’evasione è sempre violazione di norme e ripudio dei doveri civili e, come
tale, riprovevole in termini che sono qualitativi e non quantitativi. Dato
che è un problema culturale, la via maestra per combattere in modo efficace
l’evasione… passa per un cambiamento di mentalità: il che significa,
innanzitutto, modificare la percezione dello Stato e della spesa pubblica
presso i cittadini.”
(A. Carinci)
Andrea Carinci è professore straordinario di diritto tributario
all’Università di Bologna. Ho tratto queste parole da un articolo denso di
quella retorica statalista a cui fanno ricorso quasi tutti coloro che si
occupano di materie tributarie nelle università italiane. Posso capire la
posizione dell’autore: il suo stipendio in ultima analisi dipende dal
gettito fiscale che il datore di lavoro riesce a raccogliere con le buone o
con le cattive dai cosiddetti contribuenti.
Ciò nondimeno, quella retorica non mi pare affatto convincente se si toglie
il velo di sacralità impropriamente conferito dai Carinci di questo mondo
alla fonte giuridica che serve da base di appoggio per i ragionamenti degli
statolatri in servizio permanente: la costituzione della Repubblica
italiana.
Secondo Carinci, la lotta all’evasione fiscale non dovrebbe essere
considerata una faccenda di mero recupero di gettito per le sempre esangui
casse dello Stato, bensì una battaglia per cambiare la mentalità degli
italiani, “il che significa, innanzitutto, modificare la percezione dello
Stato e della spesa pubblica presso i cittadini”.
Anche io credo che andrebbe modificata la percezione dello Stato e della
spesa pubblica presso i cittadini, ma in direzione opposta a quella
auspicata da Carinci. La lunga storia statalista ha indotto una moltitudine
di persone a vedere nello Stato la fonte delle soluzioni a tutti i
problemi, a ritenere che debbano sempre essere gli altri a farsi carico di
tali problemi. Lo Stato è una mammella a cui allattarsi, litigando con
coloro che si ritiene che ingiustamente stiano succhiando più latte di se
stessi.
In altri termini, è ancora oggi illuminante e calzante la definizione che
dello Stato diede Bastiat: “la grande illusione attraverso la quale tutti
cercano di vivere alle spalle di tutti gli altri”. E se questo è lo Stato,
la costituzione non mi pare altro se non il totem al quale molti ricorrono
per giustificare le loro pretese e gli obblighi che vorrebbero assegnare
agli altri.
Tutta la retorica della lotta all’evasione resta come il re nudo se si
constata che la costituzione non è stata dettata dall’alto da una qualche
divinità, bensì è stata scritta da esseri umani in un preciso momento
storico e rappresenta il compromesso tra i punti di vista di quelle persone
in quel preciso momento storico. Non ha nulla di sacro e di intoccabile.
Non è sacro, né intoccabile l’articolo 2 (a cui fa riferimento Carinci per
sostenere il dovere della solidarietà), non lo è l’articolo 53 (che
sancisce il principio della progressività nell’imposizione fiscale), né lo
sono tutti gli altri articoli di quella che in molti, senza alcun senso del
ridicolo, si ostinano a definire “la costituzione più bella del mondo”.
Non serve la costituzione per porsi in relazione civilmente con gli altri,
e sarebbe ridicolo affermare il contrario, non fosse altro per il fatto che
la società è preesistente di migliaia di anni. La costituzione, lo ripeto,
non è altro che un testo legislativo intriso di positivismo giuridico che
non ha codificato le norme a cui gli individui già si attenevano per porsi
in relazione gli uni con gli altri, bensì ha imposto a tutti (posteri
inclusi) gli orientamenti politici di coloro i quali hanno preso parte alla
sua stesura.
La costituzione e i suoi difensori non ammettono che uno o più individui
non vogliano avere nulla a che fare con lo Stato, non vogliano i servizi il
cui finanziamento lo Stato impone loro di sostenere mediante il fisco,
vogliano, invece, scegliere con chi avere relazioni nel rispetto reciproco
del diritto di proprietà di ognuno.
La costituzione e i principi costituzionali tanto cari a Carinci non fanno
altro che codificare la schiavitù di un gruppo di persone, i pagatori di
tasse, a vantaggio di un altro gruppo di persone, i consumatori di tasse.
Non esiste, infatti autentica solidarietà se questa viene imposta per
legge. Cosa ci sia di civile in tutto questo, francamente mi sfugge.
GRANDE CORSINI!
bell’articolo.
parlare con quella gente è come cercare di ragionare coi preti: qualsiasi prete è una ‘brava persona’ chevuole il bene nel mondo e tutti in pace tra loro e cavoli vari, ma prima di tutti si fa e rispetta quel che dice santa madre chiesa.
Ed in egual modo questi statalisti, per quanto brava gente siano, fanno e rispettano innanzitutto quel che dice lo StatoSantoSubito ed Onnipotente.
Ed arrivano a dire, indifferenti a ridicolo e prove storiche, che dobbiamo essergli grati per il benessere che lo stato ci da (mentre abbiamo benessere nonostante lo stato e non grazie ad esso)!
COMINCIAMO A FARE QUALCOSA PER CAMBIARE RADICALMENTE LA COSTITUZIONE?
SUPER CORSINI!!!
Gran bel post!
GRANDE FACCO !!
Grande Facco che lo pubblica, ma Grande Corsini che lo scrive !
Ottimo post! Bravissimo.