“Roma non può tecnicamente fallire, è sotto gli occhi di tutti che il proprio patrimonio immobiliare e societario è largamente e enormemente superiore ai debiti che in questi anni sono stati contratti. E’ proprio sulla leva del patrimonio che costruiremo le nostre azioni di risanamento: razionalizzeremo, valorizzeremo e metteremo a reddito, tagliando gli sprechi”. (I. Marino)
Queste le parole del sindaco Ignazio Marino poche settimane dopo che il governo ha messo l’ennesima pezza da quasi 600 milioni di euro, ovviamente a carico di tutti gli italiani, al malandato bilancio del comune di Roma. Marino sarà probabilmente un ottimo medico, ma di amministrazione e bilanci ho l’impressione che non capisca granché.
Premesso che anche disponendo di un enorme patrimonio immobiliare e societario nessun amministratore che non sia anche proprietario privato di quel patrimonio dovrebbe permettersi di accumulare debiti e perdite come è successo a Roma in modo perfettamente bipartisan nel corso degli ultimi decenni, quelle promesse di Marino sembrano tanto promesse da marinaio. Di razionalizzazioni, valorizzazioni, messe a reddito e taglio di sprechi hanno parlato tutti coloro che hanno portato allo sfascio il bilancio comunale, senza peraltro fare nulla di concreto in tal senso. Si potrebbe obiettare che Marino ha ereditato una situazione difficile e già in gran parte compromessa.
Indubbiamente è così, ma negli ultimi nove mesi qualcosa avrebbe potuto iniziare a fare, mentre pare che l’unico sforzo concreto sia consistito nel battere cassa nei confronti del resto degli italiani. Quanto al fatto che Roma non possa tecnicamente fallire, non ne sarei così convinto. Il patrimonio che potrebbe avere un valore ben superiore a quello dei debiti accumulati non è lo stesso di pertinenza delle società indebitate e non credo che sia intenzione di Marino mettere monumenti e opere d’arte a collaterale di quei debiti. Ma se un debitore non può o non vuole concedere in garanzia i sui attivi di valore, non può neppure pretendere che i creditori si accontentino di sapere che quegli asset esistono, dato che non potrebbero escuterli in caso di inadempimento da parte del debitore.
Tecnicamente Roma può dunque fallire, e se ciò non accade è solo perché, di volta in volta, si impone al contribuente tricolore di tappare i buchi.
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P.S. CAUSA UN INCONVENIENTE, IL SITO E’ RIMASTO OFFLINE PER 24 ORE. CI SCUSIAMO COI LETTORI
Sono 500 i comuni sull’orlo del fallimento. Alessandria è fallita, Roma sta per fallire e Napoli idem. I soldi non ci sono più per nessuno. EU, politici corrotti, parassiti, camorra, ndrangheta e mafia si stanno mangiando tutto. Di tutte queste organizzazioni a delinquere, l’EU è la peggiore. Lo stato fa schifo, ma in fondo con la DC qui mangiavamo tutti. Loro il caviale e noi il riso bollito. Adesso non c’è più neanche quello.
sono tanti anni ormai che va avanti la vendita del patrimonio romano, c’è la società creata dal comune di roma Risorse Per Roma SPA che vende continuamente negozi, appartamenti, edifici industriali, che in un modo o nell’altro entrano nella disponibilità del comune.
http://www.risorse-spa.it/it/
…gestione della vendita del patrimonio immobiliare disponibile e per servizi mirati alla più efficiente ed efficace gestione delle attività tecnico – amministrative a supporto del condono edilizio.
Principali campi di azione:
a) ingegneria e architettura
b) dismissione del patrimonio immobiliare di Roma Capitale finalizzata al reperimento dei capitali da investire nei settori dell’edilizia sociale e dell’emergenza abitativa;
c) attività relative alla gestione territoriale (condono, espropri,convenzioni, riordino archivi ecc.);
d) finanza di progetto.
Già li sento, gli statalisti di turno, la mentarsi che le cose non funzionano perché è una società ‘privata’, colpa del tubbocapitalismo e non del loro voler intrallazzare, da pubblico, nascondendosi dietro il muro del diritto privatistico.