Il Venezuela farà default. Svaluterà pesantemente il bolivar, non pagherà i titoli di Stato e chiederà aiuto ad altri paesi. Soprattutto alla Cina. Ci impiegherà qualche mese o qualche anno, non importa, ciò che importa è capire com’è arrivato a questa situazione. Perché nessuno è esente dalla cattiva gestione dell’economia. Neanche gli stati occidentali.
Ad inizio 2013 è morto Hugo Chavez, lasciando la politica economica venezuelana in uno stato degenerativo inoltrato. Ma il sue successore Nicolas Maduro, è incredibilmente più abile nel compromette ulteriormente il paese. Maduro, prima sindacalista e poi attivista del partito MVR, fondato da Chavez, fa carriera politica fino a ricoprire il ruolo di ministro del esteri e vicepresidente sempre all’ombra di Hugo Chavez.
L’obiettivo di Maduro è semplice, vendere petrolio, di cui il Venezuela è il quarto produttore mondiale, e impiegare il ricavato per politiche “sociali”, in pieno stile chavista. Ovvero vendere una risorsa naturale sulla quale il Venezuela è fortunatamente seduto sopra per distribuire ricchezza statale. Ma cosa non può funzionare in questo ragionamento ?
Le politiche sociali ci sono state, eccome: solo per fare qualche esempio, 2,7 milioni di case costruite per i poveri, un prezzo della benzina di soli 1 centesimo di dollaro al litro (si avete letto bene), sostegni sociali di ogni tipo, e addirittura l’importazione, ovviamente con soldi statali, di 400.000 prodotti Samsung, distribuiti per la felicità della gente (parole testuali).
Inutile dire che il governo venezuelano produce deficit, cioè spende più di quello che incassa con le tasse. Quindi non produce ricchezza per i propri cittadini, ma la brucia. Per i fautori della stampa del denaro da parte dello stato questo non sarebbe un problema, basta stampare bolivar. E in effetti è ciò che Maduro fa regolarmente. Ma poiché i bolivar vengono stampati a profusione, per acquistare un dollaro ne servono sempre di più. Ma un sistema altamente inefficiente come quello venezuelano non è in grado di produrre a prezzi competitivi, nonostante la svalutazione. Inoltre una parte della ricchezza prodotta serve per mantenere troppa gente che non produce. Il sistema ha bisogno di importare anche beni primari. E poiché si importa in dollari, i dollari sono sempre più richiesti e i bolivar sempre meno. Quindi il dollaro aumenta di valore. Ufficialmente il tasso di cambio è fissato dallo Stato venezuelano a 6,3 bolivar per un dollaro, già svalutato ufficialmente dal precedente 4,3. Ma non basta. Il tasso di cambio è fittizio, perché in realtà al mercato nero il dollaro vale oltre 80 bolivar ! Risultato ? Lo stato può anche fissare il cambio che gli pare, ma se vai in banca per acquistare dollari non ne trovi ! Infatti il governo ha stabilito delle aste in cui distribuirà dollari solo ad aziende che dimostreranno di dover importare beni di prima necessità. Follie stataliste !
Non basta avere il petrolio nel sottosuolo. Per estrarlo e raffinarlo servono attrezzature e tecnologie che si pagano con valute forti (non certo in bolivar), e infatti ultimamente la bilancia commerciale venezuelana è in deficit con gli Stati Uniti addirittura sulla benzina stessa !
Stampare denaro per mantenere inefficienza serve solo a inflazionare la propria moneta. A dicembre 2013, era arrivata a oltre il 54%, per stessa ammissione di Maduro, ma quella reale è ben più alta.
In tutto questo il governo venezuelano, se possibile, peggiora la situazione: impone i prezzi al pubblico praticamente su ogni cosa. Maduro fonda il Sundde (la Sovraintendenza nazionale per la difesa dei diritti socioeconomici), un altro apparato statale da pagare, per evitare che i commercianti applichino più del 30% di ricarico sui prodotti in vendita. La chiama la “legge sui prezzi giusti”, ma qual è il prezzo giusto di un prodotto ? Che ne sanno centinaia di burocrati seduti dietro una scrivania ? Il risultato: gli scaffali si svuotano. Henkel Garcia, il direttore di Econométrica, società finanziaria locale, commenta così “molte leggi nascono per favorire la popolazione, ma il risultato è l’esatto contrario”. Maduro ha addirittura inviato i militari per aiutare il popolo a razziare i beni sugli scaffali nel supermercato Daka. Ha inviato sempre l’esercito per obbligare una società a produrre carta igienica (sottocosto). E la legge prevede il carcere per i commercianti scoperti ad aumentare di troppo i prezzi.
Perché tutto questo non funzioni dovrebbe essere evidente. In un paese con una inflazione oltre il 50%, colpa di politiche stataliste, i prezzi aumentano per forza. I militari controllano che i ricarichi siano inferiori al 30%, ma si basano su dati statistici e soprattutto su un cambio ufficiale dollaro-bolivar più basso di dieci volte. Non si trovano dollari a quel prezzo, le aziende devono reperirli al mercato nero e costano tremendamente di più. Non riescono a produrre a quei prezzi ! In più rischiano la galera. Chi glielo fa fare ? Gli scaffali restano vuoti. Ad oggi mancano il 25% dei beni primari, e la situazione, con queste politiche, è destinata a peggiorare.
Un governo non può inflazionare la sua valuta a dismisura, negarlo e pretendere che i propri imprenditori producano a prezzi stabiliti “per legge” viola le fondamentali leggi dell’economia, e del buon senso. Solo qualche stato riesce a farlo, perché impone l’utilizzo della propria valuta a tanti altri paesi, gode di tutto il beneficio, ma solo in parte dell’inflazione dei prezzi (leggi Stati Uniti).
Il Venezuela dovrebbe far riflettere tutti quelli che sostengono che basta stampare denaro per produrre ricchezza. Anzi tra i più “originali” oggi ne troviamo alcuni che sostengono che la vera ricchezza passi solamente dal deficit dello Stato coperto da emissione di nuova valuta. Qui siamo talmente lontani dalla realtà che forse è inutile discutere. Meglio limitarsi a fare degli esempi come questo e sperare che qualcuno cominci a studiare veramente l’economia o per lo meno la storia. Oppure può sempre provare ad aprire un’impresa in Venezuela !
Quando dobbiamo scegliere un luogo dove fare business, è opportuno evitare quei paesi perennemente a deficit e che svalutano allegramente la propria moneta. Perché prima o poi diventeranno molto aggressivi imponendo tasse e condizioni coercitive inaccettabili. Per esempio: l’Italia.
In collaborazione con www.matrix-economy.com
@Pedante
Di pure tipici dell’ItaGlia
@ Albert Nextein:
C’è la cordillera da attraversare prima. Flussi immigratori incontrollati sono un fenomeno solo dell’Occidente.
Avete scordato di riportare questa notizia, per fortuna ci ho pensato io:)
http://www.quieuropa.it/monsanto-lascia-il-venezuela-agricoltori-in-campo-contro-ogm/
Prendersela con le minoranze cercando qualcuno su cui scaricare le responsabilità è lo sport preferito dalle caste peggiori, nel senso che queste manifestazioni di odio ideologico possono essere prese quali cartine tornasole: quando i casini e guai che combinano sono troppo grossi e gravi tanto da non poterli più nascondere, allora cominciano con le campagne denigratorie e persecutorie su qualcuno, una volta le streghe, oggi gli immigrati cinesi, coi paradisi fiscali, con le multinazionali cattive, con gli ebrei, e con gli ultimi arrivati OGM.
2011:
In Venezuela, nei 12 anni di egemonia di Hugo Chàvez, l’inflazione è arrivata al 733%, ogni fine settimana vengono uccise oltre 300 persone. Per far fronte al suo fallimento il dittatore permette attacchi contro la comunità ebraica e cristiana, urla in televisione “a morte lo stato di Israele” e cerca di dividere la Chiesa. Per rimanere lui l’unico DIO della patria, reincarnazione di CRISTO!
2009:
Dilaga l’antisemitismo: assalita la sinagoga, bruciati i libri sacri
Quanto è avvenuto nella notte: Hanno dissacrato la sinagoga di Mariperez, hanno gettato in terra i rotoli della Torà, hanno lasciato scritte insultanti, erano armati. Sono centinaia gli ebrei venezuelani che negli ultimi anni hanno abbandonato il loro Paese a causa di Hugo Chávez rifugiandosi soprattutto a New York e Miami, da parenti ed amici, per iniziare una nuova vita.
Mi pare una situazione irrecuperabile.
Se la sono cercata.
Chissà che flusso emigratorio ci sarà verso il Cile.