“Il lavoro c’è ma i giovani non sono così determinati a cercarlo. Se guardo a molte iniziative che ci sono non vedo in loro la voglia di cogliere queste opportunità, perché da un lato non c’è una situazione di bisogno oppure non c’è l’ambizione a fare certe cose”. (J. Elkann)
John Philip Jacob Elkann, detto Jaki, è presidente della Fiat. Si può dire che quella presidenza lui l’avesse nel DNA, nel senso stretto del termine, essendo il nipote di Gianni Agnelli che lo volle inserire nei consigli di amministrazione del gruppo a soli 21 anni. Probabilmente è pure bravo, anche se il suo ruolo non appare dei più operativi e la guida effettiva del gruppo è nelle mani di Sergio Marchionne.
Le sue agiografie (non saprei definirle altrimenti) raccontano che abbia pure fatto esperienze in fabbrica, ovviamente in stabilimenti del gruppo. Un vero e proprio “capo operaio”, insomma. Tutto bene, non sarò certo io a scagliarmi contro gli ereditieri. E’ un dato di fatto, però, che il giovane Jaki non ha mai dovuto sostenere un singolo colloquio o una singola prova selettiva per accedere a un posto di lavoro, men che meno per diventare presidente dell’azienda controllata dalla famiglia del nonno materno.
Non mi sembra, pertanto, che il suo sia il pulpito più indicato dal quale sentenziare che i giovani non trovano lavoro perché “non sono così determinati a cercarlo”. Probabilmente ci saranno anche casi che corrispondono alla descrizione offerta da Jaki, ma generalizzare mi sembra esagerato. E resta il fatto che lui un lavoro non lo ha mai dovuto cercare. Diego Della Valle, che con Jaki bisticcia da tempo su RCS e dintorni, lo ha liquidato dandogli dell’imbecille. Non mi meraviglierei se in questo caso l’opinione di Della Valle, ancorché indelicata, fosse piuttosto diffusa.
E’ vero, ormai la maggioranza dei giovani ha avuto tanto e quasi tutto dai genitori che li hanno abituati ad avere senza fatica, ma bisogna pur considerare la situazione fiscale e burocratica di oggi rispetto a quella di 20-30 anni fa che fa desistere dall’intraprendere anche il più motivato dei giovani che alla fine o emigra o si rassegna a vivere mantenuto dai genitori.
La normativa fiscale è scritta contro le piccole partite Iva e la burocrazia spegne tutti gli entusiasmi.
@Mauro Gargaglione La tendenza è quella che hai descritto, ti posso assicurare che ci sono ancora giovani volenterosi e produttivi di casa nostra.,Non sono un datore di lavoro ma per le esperienze che ho avuto e che mi stanno accompagnando nella vita lavorativa ne ho visti tanti, io li descrivo come “la fortuna delle aziende”, sono pochi ma ci sono.
Per quanto riguarda il rampollo Agnelli, non ha tutti i torti, il tuo commento lo dimostra….
Quanto a Della Valle …
Lasciamo perdere.
Sono decenni che vedo nei ristoranti bambini spadroneggiare in piedi su una sedia circondati da due genitori e quattro nonni adoranti. Secondo i ristoratori, molto più attendibili dell’Istat, i bambini italiani sono da anni i più maleducati del mondo. Qualcosa vorrà pur dire!
Se uno dice una cosa giusta dice una cosa giusta! Che mi frega se è un ricco o un morto di fame?
La frase di Elkann è per me condivisibile e io la sottoscrivo.
Condivisibilissimo se deprimente il commento di Gargaglione.
Ho avuto esperienze da “datore di lavoro”, dal 2000 al 2010. Ho trovato le stesse difficoltà descritte da Mauro Gargaglione.
E anche da “lavoratore dipendente” ho assistito a scene assurde, nei colloqui e durante il lavoro.
Ciò che manca in Italia è il lavoro vero, quello che sarebbe creato da aziende libere di confrontarsi in un vero mercato. Ma ciò di cui sentono la mancanza tanti “ggiovani” è il famigerato “posto di lavoro”, con annesso stipendio garantito a vita, che è l’antitesi del lavoro come realizzazione di talenti e capacità personali.
Lungi da me la difesa personale di un rampollo del cronycapitalism italico, ma nella vicenda la posizione più veritiera, e – pensateci – meno politicamente corretta, è stata proprio quella di Elkann. Della Valle ha fatto la consueta sparata populistica che ti aspetti da un sindacalista o da un politico qualunque.
Da come la vedo io, per me e la mia famiglia, per i miei miseri affari, e per la mia esistenza, che questi due esistano o meno , non cambia un bel tubo.
Si scannino pure tra loro.
Dicano quel che vogliono.
Facciano quel che vogliono.
Ma non mi rompano i coglioni.
Per inciso, io non ho mai acquistato prodotti sia dell’uno che dell’altro.
Elkann appartiene ad un’altra ‘razza’. Razza di gente che il lavoro non lo ha mai dovuto cercare. Ci saranno anche giovani viziati, ma ce ne sono anche tantissimi che vorrebbero lavorare e non hanno la possibilità di farlo. Molti vorrebbero restare in Italia e sono costretti ad andarsene. E non è una bella cosa né per loro né per le famiglie a cui appartengono. Siamo un popolo attaccato alle proprie radici culturali, alla nostra terra, alla nostra famiglia, ai nostri figli e di questo non dobbiamo certo vergognarci. Andare a lavorare all’estero per scelta è una cosa, per costrizione un’altra. Avrei voluto vedere che cosa avrebbe detto il principino della FIAT se fosse stato costretto ad abbandonare casa sua per lavorare all’estero, magari pure sottopagato. Ma per favore! Certi elementi umani farebbero più bella figura se riuscissero a stare zitti. Purtroppo non perdono occasione di emettere flatulenze orali.
Posso essere d’accordo. A me però di Elkann & Co interessa poco e ancora meno mi interessano le polemiche a mezzo stampa. Quello che mi interessa è capire perchè abbiamo fatto così fatica a reclutare dei ragazzi ai quali non chiedevamo certo di andare in miniera o di caricarsi sacchi di cemento sulle spalle. Sto cercando di trovare tutte le giustificazioni possibili che mi spieghino che sono stato particolarmente sfortunato nella mia ricerca di personale.
NB: Niente Partita IVA e roba del genere, come minimo un contratto a tempo determinato con regolare busta paga e contributi previdenziali. Forse che in Perù non hanno paura a svegliarsi presto?
Condivido le sue osservazioni. Quello che critico di Elkann è la generalizzazione e, soprattutto, il pulpito da cui predica.
Mauro, per capire meglio la tua vicenda, che competenze informatiche dovevano avere i giovani che cercavate?
Si fa help desk da remoto sui più diffusi pacchetti di produttività individuale, dalla suite di Office, a problematiche di rete e connessione. Se il cliente vuole impariamo suoi applicativi particolari e facciamo assistenza anche su quelli.
Prevedevamo anche l’inserimento con contratto di appredistato per i giovanissimi primo impiego. Mi rendo conto che sembra una situazione incredibile ma l’ho sperimentato di persona.
@Mauro Gargaglione
io, 27enne, fino ad ora ho sperimentato solo il contrario… inviati curriculum ovunque, risposte nessuna… in più, essendo laureato (ok, in lettere, potessi tornare indietro farei una facoltà ben più “pratica”) ed essendo passati due anni dal titolo di studio, mi ritrovo pure escluso dai meccanismi di stage che sono ormai l’unico modo di entrare nel mondo del lavoro! eppure sarei disposto ad imparare qualsiasi professione!! e come se non bastasse, mi devo sopportare le sparate generalizzate di Elkann, come pure di molti ben pensanti! [su La Provincia di Como, giornale della provincia in cui risiedo, ogni tre per due ci sono articoli o commenti di gente che offre lavoro e non trova nessun ragazzo che li faccia perchè i giovani sono sfaticati… ma dove!!!]
Non amo Della Valle ma sono “quasi” d’accordo con lui nel definire imbecille Elkann. Sulle sue dichiarazioni, però, però, però …
Occhio che i disastri dell’interventismo e dello statalismo vanno assai oltre la già drammatica situazione di una gioventù con pochissime speranze di trovare un lavoro, un lavoro vero non un posto da parassita, intendo. Mi spiego.
Mi occupo di servizi informatici ai clienti retail, catene di negozi, grande distribuzione organizzata ma anche società manifatturiere, per arrivare ad ospedali e università. Facciamo assistenza agli utenti che hanno problemi col computer. Naturalmente dobbiamo adattarci agli orari di lavoro dei nostri clienti che solo in rarissimi casi sono il classico “orario ufficio”. Quindi lavoriamo su turni.
Abbiamo preso dei nuovi contratti e abbiamo avuto bisogno di reclutare almeno un altro paio di ragazzi. Paghiamo bene, paghiamo precisi come un orologio svizzero, nell’annuncio abbiamo scritto che, in funzione dell’esperienza, potevamo anche ragionare su un’assunzione a tempo indeterminato.
Su una quindicina di risposte pervenute per cui abbiamo fissato un colloquio, una decina di ragazzi non si sono neanche presentati.
La maggior parte non ha neanche avvertito, semplicemente non li abbiamo più visti e sentiti. Alcuni hanno telefonato il giorno prima dicendo che eravamo scomodi da raggiungere (siamo alle porte di Milano e abbiamo indicato il Comune dove siamo di sede). Due ragazzi hanno detto che la turnazione gli impediva di dedicarsi in un caso alla palestra serale, nell’altro a un’attività di volontariato, eppure era ben specificato nell’annuncio che lavoriamo a turni.
Alla fine abbiamo scelto una ragazza peruviana che, poverina, deve alzarsi la mattina alle cinque, prendere un treno e due pulmann per essere al suo desk all sette e tranta del mattino. Posso dire che è “bravissima”. Poi abbiamo preso un ragazzo che aveva già lavorato con noi in passato e che è rimasto a piedi nella nuova azienda dov’era andato.
Ora, io non posso certo ragionare sui grandi numeri su cui studiano giuslavoristi o capitani di industria. Sono poi d’accordo che i pulpiti da cui parlano le Fornero e gli Agnellini (che han fatto fior di disastri) non sono da tenersi in gran conto, però, da quel che ho sperimentato, ho veramente il terrore di aver visto coi miei occhi l’effetto pratico che lo stato, per il tramite della scuola pubblica, ha causato nelle nuove generazioni.
Un esercito di senza palle, senza voglia di sacrificarsi, appoggiati sulle spalle della famiglia così come mamma e papà sono probabilmente attaccati alla mammella pubblica che li nutre in cambio di un voto. Quelli bravi se ne vanno all’estero. Mi sa che tutto torna.