“Ho raccontato più volte di come i sostenitori del “denaro caro” spostino continuamente il tiro delle loro argomentazioni, ma senza cambiare mai la sostanza: i tassi devono salire subito, subito, subito. Beh, la mia opinione è che quelle che sentiamo sono le voci dei rentiers (e di quelli che, esplicitamente o implicitamente, lavorano per loro) che si levano a rivendicare il loro diritto naturale di guadagnare rendimenti elevati, anche se la risorsa di cui hanno il controllo in realtà non è più una risorsa scarsa”. (P. Krugman)
Che il risparmio e ciò che risulta dalla sua accumulazione, ossia il patrimonio, siano guardati con sospetto da un gran numero di pseudo-economisti e socialisti di ogni risma (le due cose non sono necessariamente alternative, anzi, spesso non lo sono) è fuori dubbio. I primi finiscono per fornire ai secondi argomenti pseudo-scientifici per giustificare la spoliazione (a scopo redistributivo) a danno di coloro che si sono macchiati della grave colpa di non spendere sempre tutti i loro redditi e che, magari, traggono una buona parte dei redditi attuali dall’investimento dei risparmi accumulati in precedenza. In un sistema teorico, quello keynesiano tanto caro a Krugman, nel quale ciò che conta sono i soldi spesi, ci sono due reati da colpire con la massima severità. Il primo consiste nell’accumulare denaro senza spenderlo, né prestarlo. Per la verità si tratta di una pratica ormai desueta, dato che un tempo si poteva tenere in cassaforte oro (che era a tutti gli effetti denaro) o banconote convertibili in oro, mentre oggi, essendo tutti i sistemi monetari basati su moneta fiat, chi tiene denaro in cassaforte (o sotto il materasso) è destinato a vederne diminuire progressivamente il potere d’acquisto (ovviamente uno può sempre tenere oro, ma non può utilizzarlo poi come moneta a corso legale). Da questo punto di vista, il denaro non riesce più a svolgere, se non nel brevissimo periodo, la funzione di riserva di valore.
Sta di fatto che oggi generalmente il denaro viene investito o depositato in banca e, come è noto, anche le somme disponibili a vista al depositante possono essere utilizzate quasi interamente dalle banche per fare prestiti (di qui una delle principali cause della sostanziale instabilità intrinseca nei sistemi bancari a riserva frazionaria). Il secondo reato consiste nel cercare di massimizzare rendimento ottenuto dal denaro investito. Se l’investimento prende la forma del prestito (per esempio mediante la sottoscrizione o l’acquisto di titoli obbligazionari), colui che presta denaro lo fa rinunciando a utilizzarlo per consumi nel tempo presente. E dato che il valore di un consumo oggi è superiore a quello di un consumo futuro (ancorché qualcuno teorizzi la possibilità di tassi di interesse negativi per via di un eccesso di risparmio che, però, non è reale), chi presta denaro per un periodo di tempo più o meno lungo vuole ricevere una remunerazione, che dovrebbe dipendere dalla domanda e dall’offerta di denaro, dalla possibile perdita di potere d’acquisto del denaro stesso, oltre che dal rischio di insolvenza del debitore.
Ora, in un mercato privo di interventi distorsivi da parte dello Stato e della banca centrale, l’incontro tra domanda e offerta quantifica tutti gli elementi che concorrono alla determinazione del tasso di interesse che uno specifico debitore paga a chi lo finanzia. Secondo Krugman quelli che prestano il loro denaro rivendicano “un diritto naturale di guadagnare rendimenti elevati, anche se la risorsa di cui hanno il controllo in realtà non è più una risorsa scarsa”. In realtà non c’è nessuna rivendicazione a un diritto naturale a ottenere rendimenti elevati, mentre è comprensibile che chi investe il proprio denaro cerchi di massimizzarne il rendimento, tenendo conto dei rischi che corre. La rivendicazione, semmai, potrebbe e dovrebbe essere quella di non subire danni da interventi dello Stato e della banca centrale volti ad abbassare artificialmente i tassi di interesse onde favorire chi si indebita. Tanto per essere chiari, la risorsa di cui parla Krugman non è abbondante per volontà di madre natura, bensì perché la si è resa riproducibile all’infinito a sostanziale discrezione di chi la emette. Il problema è che scoraggiare il risparmio mediante la tassa dell’inflazione sottrae agli investimenti l’unica base solida. Sostituire il risparmio reale con denaro creato dal nulla espone gli investimenti fatti con quel denaro a tassi di interesse artificialmente bassi a rivelarsi errati quando l’espansione inflattiva verrà interrotta per evitare un “surriscaldamento” dei prezzi (così lo chiamano i fautori della crescita, purché moderata, degli indici dei prezzi al consumo). Ora, nel contesto attuale parlare di “denaro caro” è ridicolo, se solo uno ha una vaga idea di cosa hanno fatto e continuano a fare le banche centrali da diversi anni a questa parte. Ma Krugman non si sente ridicolo, evidentemente, e inveisce contro i “rentiers”, rei di non volersi fare spennare mediante l’inflazione e la cosiddetta repressione finanziaria orchestrata dalle banche centrali. Krugman è peraltro in buona compagnia: da più parti si sentono odi al basso costo del denaro, mentre i tassi di interesse, come qualsiasi altro prezzo, dovrebbero essere determinati dalla domanda e dall’offerta, senza distorsioni esogene.
Coloro che vogliono passare per per benefattori del popolo additano i rentiers, mentre in realtà a essere penalizzato è chiunque abbia due spiccioli di risparmio, inclusi quelli accumulati nei fondi pensione da gente che rentier non è per nulla. Tra l’altro, non vedo per quale motivo avere un pregiudizio negativo contro chi vive dei frutti del proprio patrimonio. Se il patrimonio non deriva dal furto o da altre violazioni della proprietà altrui, ma è il frutto di risparmio e successo in attività imprenditoriali o di investimento, non c’è alcun motivo per inveire e invocare mannaie fiscali dirette o surrettizie (mediante tassi reali negativi, appunto). Ma allora non ci sarebbero i socialisti e Krugman avrebbe un’altra occupazione.
Krugman sarebbe a pulire i cessi, purtroppo ogni giorno se ne esce con una bella trovata keynesiana… E i “governanti” lo ascoltano
Poi basta guardarlo in faccia…..
Krugman è un incapace, va avanti solo per meriti politici. Persino la sua tanto sbandierata teoria moderna del commercio internazionale è una gran favolata, essendomi preso la briga di approfondirla. Il problema, è che in Italia c’è gente che si vanta di leggerlo e lo va adulando nei talk show