“Sarete liberi” questo è il primo giudizio di Dio che, dopo aver creato l’universo con tutto quello che c’è dentro, si trova a giudicare due mangiatori di frutta proibita. -Volevate curiosare? Volevate sapere cos’è bene e cos’è male?- Bene, adesso sono frutti vostri, io non vi tutelo più, sarete liberi di andare per il mondo a spaccarvi la schiena e a partorire con dolore per sopravvivere e se, nel frattempo, vi avanzerà il tempo per studiare, potrete cercare la verità.
Chi ha tramandato e poi scritto queste storie raccogliendole nel “libro” aveva il cervello fino ma era soprattutto libero e alla libertà ci teneva in modo quasi ossessivo. Un po’ troppo presuntuoso, questo si, definirsi “eletto” può essere fastidioso per gli altri, ma sicuramente libero. Nella storia è una lotta continua fra uomini liberi, tribù scalcinate ed erranti per lo più, e imperialismo. Imperi faraonici, babilonici, romani, spagnoli, germanici, italici. Lungo i secoli, dove trovi un impero tracotante trovi anche qualcuno, spesso un ebreo, che cerca di difendersi dalle imposizioni inaccettabili del Caesar, Kaiser, Tzar o presidente di turno.
A complicare enormemente le cose si è aggiunta una frase infelice attribuita ad un famoso predicatore e finita in un “libro” altrettanto importante. –Date a Cesare quello che è di Cesare- Grandissima iattura, ignobile proposizione che, ovviamente, i “Cesari” della storia hanno preso sul serio e imposto come comandamento divino. Ma “essere liberi” significa pervicacemente riaffermare qualcosa di essenziale, vero quanto ovvio, ma per gli schiavi incomprensibile. Se Cesare ha inviato le sue legioni per affermare che ogni terra è sua (e lo farà, ostinatamente, nei secoli) se decide che, visto che la terra è sua, anche una parte di me e del mio lavoro gli è dovuta, devo per forza, oltre a subire l’estorsione, convincermi che ha ragione lui? E se non dico che ha ragione mi daranno del “duro di cervice”? Pazienza, subirò le conseguenze, ma nel mio libro, alla genesi, c’è scritto “sarete liberi” e io intendo riaffermarlo.
Sarete liberi, ma cosa vuol dire? Forse che quando saranno finiti i “cesari” potrete costituirvi una entità astratta, alla quale darete sostanza fino a credere che esista, e vi inventerete un nuovo dio che chiamerete stato? Avete sfidato l’autorità di Dio, rifiutato la sua tutela per voler sapere la verità, e adesso vi inventate un dio mostruoso che vi tuteli al suo posto? E vi inventate anche i vari “filosofi” per farvi confermare da loro che tutto ciò è buono e giusto? No, troppo comodo sarebbe. Troppo comodo è.
La tutela dello stato grande pastore del popolo la possono accettare i pecoroni, i servili, gli schiavi nell’anima che rifiutano la libertà perché rifiutano la responsabilità, non chi orgogliosamente, nei secoli, si dichiara appartenente ad un antico ed esclusivo club che ha per statuto, al primo articolo, alla genesi, la frase che ho ripetuto ossessivamente: sarete liberi.
Chi crede e professa la sua fede nel mostro tutore fino a cancellare la sua libertà individuale rischia di ritrovarsi in un luogo dove schiavi armati e ringhianti, incaricati da un potere democraticamente eletto, hanno scritto sopra all’entrata il loro benvenuto sarcastico: “IL LAVORO RENDE LIBERI”.
Il discorso di Veneziano andrebbe spiegato al catechismo e nelle omelie della domenica. Peccato che, come diceva anche Pasolini, la Chiesa secolare non può che essere dalla parte del potere e dell’autorità.
Doveroso anche l’omaggio agli ebrei, proprio il giorno della shoah, quando afferma che spesso è un ebreo quello che cerca di difendersi dal tiranno di turno
Sulle Fondazioni, giusto! Come quelle che presiede il pluridecorato Mastrapasqua:
http://www.soldionline.it/network/politica-economica/romail-presidente-dellinps-mastrapasqua-e-stato-indagato-per-un-giro-di-cartelle-cliniche-che-sarebbero-state-truccate-con-fatture-gonfiate-allospedale-israelitico.html
Costituzione, articolo 1, prima riga: l’italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro.
A parte “repubblica” e “democratica” concetti che si possono interpretare a piacere e in se significano ben poco, il termine “fondata” mi sembra fondamentale (appunto). Se l’edificio dello stato, la sovrastruttura (repubblica democratica) è FONDATA sul lavoro significa che il lavoro ne è la fondamenta ovvero la fondazione (altra parola pericolosa) significa che il lavoro viene “PRIMA”. Doveva essere così, in effetti, durante la ricostruzione. Con il lavoro si ricostruiva, si costruiva, si produceva. Poi si consumava, si esportava, e con gli utili si reinvestiva in nuove attività lucrose producendo altro benessere.
E’ ancora così? Nemmeno per sogno. Il primo articolo, prima riga è stato completamente stravolto, ribaltato sottosopra. La fondamenta è stata infiltrata, irretita dai tentacoli parassitari della politica. Un po’ alla volta la “fondamenta-lavoro” è stata sgretolata e digerita dal mostro pervasivo che si è insediato al suo posto e ora spadroneggia.
L’italia è un paese fondato sulla politica, questo è l’attuale articolo uno. Il passaggio è stato graduale ma a questo punto non c’è pertugio infinitesimale dove la politica non si sia infilata. Era obbligatorio, per affermare il suo potere, che la politica infiltrasse e distruggesse gli innumerevoli centri di potere grandi, medi o piccoli costituiti dalle libere imprese o da altre libere associazioni. Un po’ come ai tempi dell’impero nei confronti dei liberi comuni, con il fondamentale, ingenuo, aiuto dei “cittadini”, la politica è riuscita nel suo intento esattamente come un rampicante che si avvia a strangolare un albero.
La politica depreda e indebita categorie e “classi” a seconda degli schemi razzisti propri della semplificazione politica, di volta in volta identificando i nemici dello stato da punire e distribuisce, apparentemente, ai bisognosi di aiuto. In realtà distribuisce a caso non dimenticando mai, però, di pagarsi profumatamente il disturbo. Se qualcosa avanza, raramente, elargisce (soprattutto annunci) ai residui di quello che un tempo era la fondamenta del paese: il lavoro.
Politica, finanza creativa, debito mostruoso e fuori controllo, tasse fantasmagoriche, declino ineluttabile.
Il vero colpo di genio, però, è, come sempre, nel linguaggio. Su cosa si può “fondare” tutto ciò per essere ben confezionato e ben accetto? Per rappresentare, al posto di quella cosa sporca che è il lavoro, una solida ma aggraziata fondamenta che cosa ci può essere di meglio di una “fondazione” ?
Propongo L’italia è un paese spiritoso “fondato sulle fondazioni”, ecco, a me sembra più carino, più “Renziano”.
@ Carlo Butti:
Condivido in pieno il suo commento. Non per niente i farisei se ne andarono delusi e perplessi.
Come ho già avuto modo di osservare, la troppo famosa pagina evangelica del tributo a Cesare, se letta con attenzione, significa tutto il contrario di quello che comunemente ci si vuol leggere. Cristo replica alla perfida domanda dei Farisei in modo ambiguo, per sottrarsi ad accuse che l’avrebbero portato anzitempo a giustificarsi delle sue affermazioni davanti ai poteri costituiti, impedendogli di portare a termine la sua missione. Pensiamoci bene: che cosa è di Cesare? Niente, proprio niente, se è vero che i Romani hanno conquistato la Palestina con un atto di violenza militare, e sono invisi a tutta la popolazione. Forse qualche mente sottile, in quell’occasione, capisce fin troppo bene il significato autentico della risposta enigmatica ; tant’è vero che una delle imputazioni con cui Cristo sarà deferito a Pilato è proprio quella di aver dichiarato illecito il versamento del tributo a Cesare. Queste cose i preti non le ammetteranno mai, perché al tempo di Costantino hanno sottoscritto un patto scellerato con Cesare, infangando il messaggio di Cristo; e si guardano bene dal rescinderlo…
Arbeit macht frei.
Era il motto, forgiato in metallo, che troneggiava sul cancello di non ricordo quale campo di concentramento e sterminio nazista.
L’italia è una repubblica fondata sul lavoro.
Anche questo motto, di più non è, suona alquanto sinistro
E tutti sappiamo dov’esso è scritto.
E’ un motto sinistro che ha trasformato, per le sue conseguenze ideologiche, un popolo potenzialmente libero in una massa di sinistrati.