Come è istruttivo leggere il giornale. Prendo le pagine del Sole 24 Ore (domenica 19 gennaio 2014) e apprezzo – ovvero soppeso – due atteggiamenti diametralmente opposti dei nostri imprenditori.
In seconda pagina parla Giorgio Squinzi (Stabilità e capacità di governare di Nicoletta Picchio), leader della più importante Associazione degli imprenditori d’Italia: “Siamo delusi da quello che è uscito dalla legge di stabilità”. Più che deluso, sembra un po’ depresso. Ogni giorno si parla di imprese che chiudono, di imprenditori che gettano la spugna – alcuni perfino si suicidano… è un’ecatombe – considerando anche quanto non affiora alla ‘superficie’, ciò che i quotidiani non riportano. Il Governo Letta non ha preso misure adeguate per il rilancio dell’economia ovvero, dice Squinzi, “a fronte di alcune nostre visioni non c’è stato recepimento da parte del governo”. Che sia il caso (finalmente) di ‘pensare’ e di fare qualcosa di straordinario, che so: una proposta, una iniziativa choc, per esempio? No, Squinzi è un manifesto di pazienza: “Aspettiamo nei prossimi mesi, vediamo che succede”. Che cosa potrà mai succedere, nei prossimi mesi? Parole davvero sconfortanti perché ritraggono un soggetto della rappresentanza che rischia di “rappresentare” sempre di meno; tracciano un abbrivio di progressiva autoriduzione in cui la difesa della dignità (e di uno spazio economico ma anche politico) è scambiata con la funzione del sismografo che registra, con numeri sempre più aridi (perché a furia di ripeterli sembrano non dire più alcunché), lo sfilacciamento del tessuto economico. Non fautori di un grande terremoto ma fotografi impotenti di tanti quotidiani cedimenti.
Per fortuna non è tutto così e l’occasione per rianimarsi (almeno un po’) arriva a pag. 17, con la rubrica “Impresa e territori” dove è in primo piano la proposta degli industriali di Pordenone (Un patto per sviluppo e lavoro di Luca Orlando): “Io ci conto. Naturalmente bisognerà fare la notte, ma secondo me si farà, anche con la Cgil”. Chi parla è Michelangelo Agrusti, Presidente della locale Unione Industriali. Ciò che propone non è né inedito né originale: un patto con i lavoratori, molto pragmaticamente, per scambiare tutela occupazionale a fronte di moderazione salariale e flessibilità. Quante volte ne abbiamo sentito parlare, in ogni angolo del Paese? E quante volte ha realmente funzionato? Ma questa proposta potrebbe fare di Pordenone – si scrive – un “laboratorio per la nuova competitività industriale”. Può darsi che non sarà sufficiente ad arrestare la progressiva desertificazione in atto ma perlomeno è il segno di una vitalità, di una volontà di reazione, di un ottimismo pervicace che non rimanda all’azione salvifica di un governo (che non ci sarà), che non reclama soluzioni dall’alto.
E’ questa ancora, malgrado tutto, la forza dei territori?
Ci sono, hic et nunc, lontano dal potere ‘alto’ – che vuol dire ormai: ‘astratto’ – sangue e intelligenza da iniettare, da mettere vieppiù in circolo?
Scontando le parole d’ordine, i vessilli e le battaglie – tutte fasulle – anche del recente passato, chi vuole essere fautore di novità deve trarne tutte le immancabili conseguenze.
Ha ragione Fabio, è proprio questo il vero male dell’Italia.
Molti ipocriti statali con cui ho parlato recentemente affermano che adesso le cose sono cambiate, ma a tuttora non ho ancora visto uno statale licenziato: che siano davvero diventati tutti così lavoratori ed efficienti?
Oppure, essendo questo il paese del gattopardo, anche qui si è cambiato per non cambiare niente?
In teoria (molto in teoria) uno statale fannullone può essere licenziato, ma chi è che giudica il suo operato? Un suo superiore, cioè un altro statale, che non rischia niente di suo, non mette in gioco i suoi soldi, e quindi non ha nessun interesse a provocare il licenziamento del fannullone, facendosi così dei nemici nell’ambiente (dei fannulloni).
Una soluzione potrebbe essere, oltre a quella di rendere realmente licenziabile lo statale, di assumere nella pubblica amministrazione SOLO a tempo determinato, per esempio 2 anni, allo scadere dei quali l’interessato (se è ancora interessato) dovrà rifare il concorso.
Inoltre l’assumere il dipendente statale solo a tempo determinato avrebbe un’altra importante conseguenza positiva: renderebbe palese una cosa che per ora è chiara solo ai libertari, è cioè che non c’è nessun diritto al lavoro. Dovrebbe essere naturale alternare periodi di lavoro a periodi di non lavoro, periodi di abbondanza a periodi in cui stringere la cinghia.
Da tempo ormai sentiamo di gente, imprenditori o dipendenti privati, che si tolgono la vita per questioni legate al lavoro.
Il dramma di questa gente non è che hanno paura di morire di fame.
Il dramma per l’imprenditore è rappresentato dallo stato che gli sta addosso come una piovra per sottrargli i frutti del suo lavoro.
Per il dipendente privato la colpa è ancora dello stato perchè lo stato propone il modello del lavoratore a posto fisso, a reddito garantito. Se uno prende questo come modello, è chiaro che si sentirà frustrato se la sua situazione non è conforme a quel modello.
Il modello lavorativo valido non può che essere quindi quello del lavoro NON garantito: quello garantito, il lavoro statale, è un modello artificioso, contro natura, che si mantiene in piedi grazie al prelievo forzoso dalle tasche dei veri lavoratori.
Gli impiegati nella pubblica amministrazione credo siano quasi 3.5 milioni; anche ammesso che ciascuno di loro percepisca solo 1000 euro/mese, significa che lo stato deve trovare ogni mese 3.5 miliardi di euro per pagare questi “signori”. Chissà come fa a procurarseli.
Continuiamo a farli questi discorsi: quando saremo in più di 3.5 milioni a farli allora cominceranno ad avere peso.
la casta si metterà d’accordo, _qualsiasi_ accordo a qualsiasi prezzo,solo quando gli sarà assicurata l’intoccabilità ed impunità per se stessa e gli affini.
il rimedio ai disastri combinati in italia è, secondo me, licenziare nel pubblico impiego (a cominciare da, e sopratutto, nelle forze armate) e nelle grandi imprese e fabbriche, prima gli ultra 40enni poi gli altri.
Ma è proprio questo che tutti i privilegiati cercano in ogni modo di evitare: dove andrebbe mai un parassita statale (dai generali ai caporali, dagli usceri agliinsegnanti) buttato fuori dalla culla statale e proiettato nel mondo reale dove deve mostrare OGNI giorno il proprio valore e sperare che venga riconosciuto dal cliente.
Sento dire che in germania già da diversi anni hanno fatto l’accordo per licenziare gli anziani ed assumere i giovani e, udite udite, cancellato il ‘Ruolo’ nella pubblica amministrazione cioè il vero cancro d’italia. Se mai arriverà in italia sarà sempre troppo tardi.
la casta si metterà d’accordo, _qualsiasi_ accordo a qualsiasi prezzo,solo quando gli sarà assicurata l’intoccabilità ed impunità per se stessa e gli affini.
il rimedio ai disastri combinati in italia è, secondo me, licenziare nel pubblico impiego (a cominciare da, e sopratutto, nelle forze armate) e nelle grandi imprese e fabbriche, prima gli ultra 40enni poi gli altri.
Ma è proprio questo che tutti i privilegiati cercano in ogni modo di evitare: dove andrebbe mai un parassita statale (dai generali ai caporali, dagli usceri agliinsegnanti) buttato fuori dalla culla statale e proiettato nel mondo reale dove deve mostrare OGNI giorno il proprio valore e sperare che venga riconosciuto dal cliente.
Sento dire che in germania già da diversi anni hanno fatto l’accordo per licenziare gli anziani ed assumere i vecchi e, udite udite, cancellato il ‘Ruolo’ nella pubblica amministrazione cioè il vero cancro d’italia. Se mai arriverà in italia sarà sempre troppo tardi.
Squinzi non è in grado di guidare l’associazione che presiede.
Va al rimorchio di politiche tradizionali ed esiziali.
Opportunismo, questua, sterile lamentela.
Ha in mano , sol che lo volesse , un mezzo straordinario per suonare la campana a governo e stato.
Gli basterebbe proporre agli associati una semplice azione, ripeto azione, dando per primo il buon esempio.
Cessare immediatamente il versamento di imposte di ogni genere, sia come aziende che come persone fisiche.
Potrebbe concordare l’azione con gli artigiani ed i commercianti, ma non sarebbe in realtà necessario. Lo seguirebbero comunque.
Invece stà lì, ogni tanto bofonchia qualcosa, nessuno lo ascolta, gli associati sono scontenti e in condizioni non buone per la gran parte.
Squinzi non ha la visione strategica, la cultura, la forza di prendere provvedimenti incisivi in una situazione grave come l’attuale.
I giovani industriali che fanno, che dicono?
Aspettano come confindustria?
Associazioni del genere, buone solo ad adeguarsi ai diktat del principe, in attesa di mettersi anch’essi a mangiare alla greppia clientelare e pubblica sono inutili e controproducenti.
Per Squinzi vale il motto , chi è causa del proprio male , pianga sé stesso.