In Anti & Politica, Economia

ZUCCODI CLAUDIO ROMITI

Errare humanum est, perserverare autem diabolicum. E a quanto si legge nell’intervista rilasciata dall’amico Giacomo Zucco a Libero si nota una certa perseveranza nel voler proseguire su una linea che considero totalmente sbagliata. In sostanza, tra le tante cose dette, il giovane portavoce del Tea party tiene a ricordare tra le principali iniziative del suo movimento quella del cosiddetto pledge contro la spesa pubblica e le tasse. L’idea, sottoscritta da dieci parlamentari (9 del centro-destra ed uno di Scelta Civica), sarebbe quella di firmare un documento in cui ci si impegna formalmente a non aumentare di un euro la spesa dello Stato e la pressione fiscale.

Ora, è necessario premettere che in politica, soprattutto in un momento critico come l’attuale, tutto ciò che è inutile risulta poi dannoso. Nella fattispecie, dato che raccogliere nel “palazzo” una adesione (in Italia una firma per qualunque nobile causa non si nega a nessuno) formale contro le tasse non serve assolutamente a nulla, l’unico effetto che tale iniziativa può suscitare è di tipo anestetizzante. Ovvero essa può solo illudere i più che si stia facendo qualcosa di concreto per almeno bloccare l’avanzata dello Stato ladro. Ma in realtà il colossale problema  sistemico , perchè di questo si tratta, di una democrazia illimitata e basata sul deficit-spending non viene assolutamente scalfito da questi ipocriti impegni, magari sostenuti da una bella pacca sulle spalle. Ci vuole ben altro.

E comunque, anche se i dieci parlamentari -tra cui  Daniele Capezzone, Giancarlo Galan e Giorgia Meloni- avessero tutte le migliori intenzioni di onorare il proprio impegno anti-spesa e anti-tasse, le ragioni che hanno condotto la politica a controllare e redistribuire il 55% del reddito nazionali ne renderebbero vano ogni sforzo. Su questo punto il buon Zucco esprime parole ingenue: “…i dieci hanno promesso di combattere la tassazione spasmodica e lo stanno facendo, anche se Galan qualche patema d’animo l’ha dato, giocando con i cavilli, ma alla fine non ha rotto il patto”. Loro sono gli occhi dei Tea party nelle stanze che contano, conclude il giornalista che ha realizzato l’intervista.

In realtà, cavilli o meno, l’idea di entrare nella stanza dei bottoni di un sistema fondato su un sempre più pervasivo collettivismo strisciante per portare il contagio contro le tasse è paragonabile al tentativo di impedire l’affondamento del Titanic svuotando i compartimenti allagati con un secchiello. La pressione politica che la crescente componente sociale che vive di spesa pubblica e di tasse è tale che non c’è petizione che possa minimamente bloccarla. Soprattutto alla vigilia di qualunque campagna elettorale, in cui ci si gioca il consenso a colpi di risorse pubbliche, l’utilità di tali pledge è paragonabile a quella della carta straccia, relegando i suoi volenterosi promotori  al ruolo  di “servi sciocchi”. E poi che vuol dire, come si legge nello stesso documento on line del Tea party,  “Una firma contro le tasse”, quando poi nel dettaglio si chiede ai politici di impegnarsi “a non votare mai nessun provvedimento che aumenti in alcun modo le tasse e la spesa”?  A parte il fatto che se, ammesso e non concesso, fosse possibile cristallizzare l’attuale situazione, l’eccesso di tassazione risulterebbe comunque insostenibile. Ma l’ambiguità, sicuramente non voluta dagli amici del Tea party, tra la lotta per abbattere la pressione fiscale e l’impegno minimale a non aumentarla apre la strada a molte illusionistiche interpretazioni ad opera della classe politica, come quella espressa più volte da Berlusconi e dal suo partito, secondo cui costoro non avevano mai messo le mani nelle tasche degli italiani, sebbene i grandi numeri dicevano ben altro.

A mio parere per scongiurare la catastrofe determinata da un sistema che, parafrasando la compianta Lady di ferro, continua a rubare a Peter per dare a Paul non serve illudere il piccolo popolo liberale che la rivoluzione contro le tasse è in marcia, annunciata dai pledge di Galan e Capezzone. La rivoluzione contro le tasse occorre farla sul serio se vogliamo avere qualche speranza di salvezza.

P.s. Ho chiesto a Giacomo Zucco di inviare una sua replica all’articolo di Claudio Romiti, affinchè il dibattito sia completo. (L.F.) 

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Showing 11 comments
  • Giacomo Zucco

    Saluto Leonardo e lo ringrazio per l’invito a rispondere.

    Ringrazio anche Claudio per le critiche utili e costruttive. Risponderò brevemente appena possibile, forse già entro questa notte.

  • Marco Tizzi

    Concordo su ciò che dice scrive Romiti e l’esperiemza mi ha insegnato a diffidare di chi vuole in qualsiasi modo immischiarsi col Palazzo senza il preciso e dichiarato scopo di tirarlo giù.
    Oggi in Italia dire “non aumentare le tasse” è una frase talmente vuota che la pronuncia anche Fassina.

    Però rubare a Peter per dare a Paul era di G.B. Shaw, quindi deve fare penitenza e comprare 10 copie del micropensiero libertario :-)

  • Mauro Gargaglione

    Un Libertario non può definirsi pienamente tale se non è d’accordo sul fatto che le tasse sono un furto ed evaderle è legittima difesa. Fin qui, nulla di nuovo.

    Se parliamo di legittima DIFESA, è evidente che il furto è una AGGRESSIONE, da chi ci si difenderebbe sennò?.

    Alle aggressioni è possibile reagire in diversi modi

    1 – Contrattaccare
    2 – Subire
    3 – Sabotare
    3 – Fuggire
    4 – Fare un battaglia culturale
    5 – Unirsi aggressori per partecipare al banchetto

    si possono usare singolarmente queste opzioni oppure in combinazione (tranne l’opzione 5, naturalmente).

    L’opzione più irrealistica e illogica è la

    6 – Cercare di convincere gli aggressori a moderarsi (e aspettarsi che lo facciano)

    Siccome Alessandro, Giacomo e altri dei TP che ho la fortuna di conoscere, sono Libertari (cioè persone intelligenti BY DEFINITION) , mi piace pensare che, aldilà delle firme che possono ottenere dai rappresentanti della squadra degli “aggressori” (che non valgono assolutamente nulla), con il timbro Tea Party si guadagnano un po’ di visibilità per cercare di attuare il punto 4 di cui alla mia modesta lista.

  • Renato

    Non molliamo e incitiamoci a vicenda, ognuno fa del suo meglio.

    Se il risultato dei pledge non c’è … pazienza, proviamo altre strade,
    siano rudi o diplomatiche, facciamo quel che riusciamo.

    Mi pare che la buona fede ci sia da parte di tutti, quindi avanti e basta.

    Il nostro attacco ai nemici della Libertà non è compatto e pianificato, sarà sempre diversificato, siamo liberi anche in quello.

    E’ proprio questa secondo me la forza dello spirito libertario, noi il controllo non lo perdiamo… A NOI IL CONTROLLO NON SERVE,
    mentre gli statalisti se lo perdono sono fottuti ….
    ….e prima o poi lo perdono, eccome se lo perdono …. ;-)

    BRAVI FACCO, FIDENATO, ZUCCO, ROMITI, CIUTI, …. BRAVI TUTTI!!

    Ciao a tutti … e w Mises!

  • Liberty Defined

    Il pledge non è servito in usa e non servirà qui. Ben venga Zucco e i TP se servono a smuovere qualcosa. Mr. Facco è un’altra cosa

  • Nereo

    Tanto… non cambia niente…
    http://youtu.be/SyES970v5fk
    Ciao

  • Albert Nextein

    Zucco mi piace.
    Fora il video.
    Ma tra il dire ed il fare c’è di mezzo il mare.
    Anche per lui.

  • Pedante

    Chi sta troppo vicino alla nave che affonda rischia di essere trascinato giù negli abissi.

  • Claudio Romiti

    Caro Alessandro, condivido il tuo scetticismo circa la possibilità reale di una rivoluzione. Molto probabilmente il collasso economico e finanziario del sistema arriverà prima che si possa solo abbozzare un tentativo in merito. Tuttavia, proprio per questo, mi risulta incomprensibile continuare a dialogare con i soci vitalizi di un meccanismo democratico inesorabile e irriformabile, andando a elemosinare impegni che la logica politica e i numeri negano in partenza. Non sarebbe meglio portare la propria battaglia culturale fuori dai palazzi in cui si decide ogni giorno di aumentare la già enorme quota di risorse da espropriare alla società spontanea? Quanto poi alla questione delle idee, non vorrei deluderti, ma da tempo ho compreso che queste nelle questioni politiche entrano ben poco. Sono gli interessi che determinano l’agire dei partiti e degli schieramenti. E quando essi muovono oltre 800 miliardi ogni anno, invadendo ogni ambito delle attività economiche, l’idea di contrastarli a colpi di pledge mi sembra francamente demenziale. Ricambio i saluti con affetto.

  • Alessandro Ciuti

    Caro Claudio, le tue considerazioni contengono molte verità. Non ultima il fatto che questo sistema non sarà riformato da qualche raccolta firme. Il punto è che non credo che una rivoluzione, anche armata, avrebbe maggior successo. La verità che questo paese è talmente irriformabile che riuscirebbe anche a soffocare, dopo il sangue, qualsiasi velleità di evoluzione ad uno stadio di convivenza più libera e civile. Nessuno si illude di poter ottenere risultati eclatanti o addirittura strutturali….va bene la provvidenza ma non si può nemmeno chiedere troppo. Ora, la mia non è una difesa di ufficio e non rappresenta il movimento Tea Party nel suo complesso: a quello potrà pensarci il buon Zucco. Io cerco solo di spiegare il perchè aderisco al movimento e perchè ne sono un attivista. Innanzitutto ci si domanda a cosa serve il TPI. Beh per quanto mi riguarda grazie al TPI ho conosciuto Leonardo Facco. Il movimento libertario già lo avevo incrociato ma è solo attraverso il contatto, la frequentazione ed il confronto con gli amici conosciuti nel Tea Party, fra cui lo stesso Zucco, che oggi mi sento e mi definisco libertario. E’ stato un veicolo attraverso cui ho ritrovato e approfondito alcune letture abbandonate da tempo. Questa è la mia esperienza, non per tutti è così. Ogni iniziativa, dalla più piccola alla più grande, è finalizzata alla divulgazione di un messaggio di libertà. Non sempre e non per forza libertario: non tutti gli aderenti e simpatizzanti sono libertari. Tra l’altro è un bene perchè lo scopo non è “aggregare” alla carlona per poi “contarsi” o altre stronzate politcanti ma mettere insieme nel senso di creare contatto, discussione, confronto, spesso anche duro. Le apparizioni sempre più frequenti di Zucco sono importanti perchè sono funzionali a quello che a me interessa davvero: la battaglia delle idee. E’ inutile pensare di cambiare le istituzioni di un paese i cui cittadini sono schiavi e felici di esserlo. Anzi non gli basta tant’è che il mito ed il culto dello stato è oggi in tempo di crisi, forse ancora più forte e pericoloso che mai. Io non mi aspetto nulla sul breve periodo. Il breve periodo è per i politicanti in cerca di consenso elettorale. Sono convinto, profondamente, del fatto che noi si debba ragionare sul medio lungo periodo. Sono convinto che la libertà non possa che riemergere e affermarsi. I tempi della storia però spesso sono lunghi e rischiano di frustrare le attese di noi esseri umani, limitati dal tempo e dalla natura. Il Tea Party non è il Movimento Libertario e quindi lotta e porta avanti le proprie iniziative in modo differente e forse in modo meno ruvido. Eppure quando qualcuno dei Tea Party va in televisione per le “comparsate” o quando si organizza un banchetto, o quando si organizzano eventi culturali, tappe ed incontri, la battaglia del tea Party è la stessa dei libertari. Riaffermare dei principi di libertà. Poi è chiaro che ci sono diverse sfumature e sensibilità ma questo è un bene: io voglio che circolino le idee, che si discuta che ci si scontri. I Tea Parties americani hanno successo e sono anche molto ruvidi? Certamente sì. Però loro si rifanno ad una cultura già presente, ad una sensibilità che è l’ossatura di quel paese su cui si fondano le sue tradizioni e la sua storia. L’itaglia è stata altro. L’itaglia è altro. Anzi, per quanto mi riguarda non è: nel senso che è una truffa, una illusione da sgangherato maghetto da osteria di terz’ordine. Eppure violenta e oppressiva come una brutta malattia degenerativa presa da una puttana da quattro soldi. Questa è l’itaglia unita.
    Amici, la rivoluzione? Sogni. Essere pragmatici significa avere il senso della realtà e vederla per quella che è. L’unica via è la secessione individuale, ogni altra velleità rimarrà tale. Per chi resta, finchè resta, c’è da fare, se lo si vuole, un lungo lavoro fatto di pazienza e che richiede carattere e una buona dose di forza morale. Sì, perchè il pragmatismo può scadere nell’opportunismo e di cialtroni è pieno il mondo. Per questo io sono sempre felice di poter leggere ciò che si pubblica su queste pagine, anche e sopratutto quando si tratta di critiche. Mi fa piacere perchè so che la critica non è mai fine a se stessa ma è uno strumento utile affinchè si mantenga dritta la barra. La capacità di tessere rapporti, sfruttare le opportunità mediatiche, costruirsele con il duro lavoro sul territorio, tutto sarebbe spazzato via se ci fosse l’attitudine ai cedimenti culturali. Io credo che al netto di tanti errori che si commettono, ad oggi il Tea Party Italia ha mantenuto coerenza, che gli ha portato credibilità. Questo im sento di rivendicarlo anche con un certo orgoglio. Non esistono soluzioni semplici. Parlare di fare la rivoluzione è fantastico ma nei fatti in cosa si traduce? Già pensare di coordinare uno sciopero fiscale è roba da fantascienza, eppure se ne parla e spero si porterà avanti. Io nel mio piccolo ci proverò. Alla fine il tea party è un insieme di individualità che collaborano volontariamente per obiettivi comuni. Quando non si condivide una battaglia è lecito e previsto a tutti i livelli non prendervi parte ma rimanere “amici” del movimento per ripartire su altre tematiche comuni. Cosa c’è di più libertario di questo?
    Un caro saluto.

  • Fidenato Giorgio

    Concordo pienamente con Claudio. I tea party nacquero impugnando le armi contro la tassazione inglese. Non riesco a capire la funzione dei tea-party italiani. Forse noi del ML-FE siamo troppo ruvidi e poco presentabili, ma farei molta attenzione alle facili comparsate.

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