(da Montecitorio, Noterelle di uno che c’é stato, di Ettore Ciccotti, 1908)
La facciata senza palazzo, come da Giustino Fortunato fu chiamato Montecitorio, simbolo di tanti aspetti della vita italiana, si risolve in una serie di impalcature, di anditi, di corridoi, di disimpegni più o meno provvisori, in cui si esaurisce e si dissolve tutta la casa.
Più piccolo, ancora più piccolo, sempre più piccolo; e per poco anche il più piccolo non dilegua nel nulla, come nelle mani del prestidigitatore.
E, ovunque, stucco che simula colonne, legno che simula muri; tutto uno scenario faticosamente congegnato e mal connesso, che il fiammifero di un fumatore distratto potrebbe mandare in fumo in un quarto d’ora.
Il vestibolo, con le sue alte colonne che un ingenuo visitatore può credere solide colonne, rappresenta l’ultima illusione.
Poi il visitatore si trova subito faccia a faccia con un piccolo andito, una specie di scatola a doppio fondo, fatto di finestrini tramezzi caselle, ch’è in apparenza un cantuccio, ma in realtà è la chiave la molla la leva la ragione e il segreto intimo di tutta la vita di Montecitorio.
Dall’usciolo che dà sul vestibolo, in un continuo andirivieni di portalettere e fattorini, ad ogni treno che arriva, a getto continuo, vi arrivano a sacchi, da ogni parte d’Italia, valanghe di lettere, che, dal lato opposto, ininterrottamente, sono distribuite a’ deputati, i quali, a riprese, si avvicendano allo sportello. E l’effetto se ne proietta, visibile, in une serie di stanze che seguono immediatamente.
A Camera aperta, cioè durante il periodo de’ cosi detti lavori parlamentari il visitatore, solitamente, non è ammesso a vedere questo che M. Homais avrebbe forse chiamato un altro Capharnaum.
L’usciere lo trattiene sulla soglia; ma, dalla soglia stessa, se appena lancia dentro un’occhiata, egli può vedere uno degli spettacoli più caratteristici.
Tavoli verdi attraversano quelle stanze nel senso della maggiore lunghezza; e ad ogni posto, quanti più ve ne cape, è una cartella con l’occorrente per iscrivere, come si dice nelle commedie; e carta, e sempre carta, di ogni sesto, di ogni forma, con impresso lo stemma della Camera. Inchiodati a quei tavoli come forzati, a tu per tu con un mucchio di lettere, di telegrammi, di stampe, di pro-memoria, gli onorevoli sbrigano la corrispondenza con gli elettori, e con i ministri.
Calcolando, molto modestamente, in media, a dieci lettere per ognuno le epistole che da ogni angolo d’Italia si riversano su quattrocentonovanta deputati almeno — quanti ne restano tolti i ministri e sottoministri — si ha una media di quattro o cinquemila lettere, che ogni giorno giungono a Montecitorio e ne determinano più che altrettante a’ ministeri e da’ ministeri, e agli elettori.
Sono le cambiali elettorali che vengono a scadenza, le promesse che chiedono l’adempimento, i nodi che vengono al pettine, i patti che dimandano l’esecuzione.
Sono fanti che vogliono diventar cavalieri, cavalieri che vogliono diventare ufficiali, ufficiali che anelano alla croce di commendatore; genitori amorevoli che chiedono un impiego per i loro rampolli ultimamente licenziati da un ginnasio, da un liceo, da una scuola tecnica o da una scuola elementare o da nessuna scuola; impiegati che chiedono la promozione, la gratificazione, il trasloco; appaltatori che vogliono più arrendevole l’amministrazione agli sperati guadagni del cento per cento; fazioni municipali che vogliono la testa o almeno la carica de’ loro avversari; clienti che vogliono vincere la causa; debitori d’Istituti di credito che vogliono la dilazione, il condono, la transazione: condannati che vogliono la grazia; affaristi che vogliono la fornitura; proprietari di case che vogliono appigionare allo Stato: proprietari di terre che vogliono la stazione ferroviaria a due passi dalla loro casina di campagna, tra burroni e a novecento metri di altezza; padri che chiedono informazioni per maritare le figliuole; proci, che, in contraccambio, si raccomandano per essere ben quotati e raccomandati nelle loro aspirazioni a ricche Penelopi; elettori che chiedono il comparatico del deputato e la sua assistenza a nozze e ne’ battesimi; borgate senza prodotti e senza barche che vogliono un porto; usurpatori che vogliono conservare; conservatori che vogliono usurpare; comuni ancor pieni d’analfabeti che vogliono un nuovo liceo: e, fra tutti questi, a tratto a tratto, se occorre, l’incarico di trovare una balia, la commissione di un fucile da caccia, la lettera dell’amico che si congratula per l’ultimo discorso; o il foglio dell’inventore in ritardo che ha scoperto il cannone a retrocarica, del mattoide che ha trovato il bandolo della felicità universale, del fanatico che suggerisce una fantastica riforma, dell’illuso che ha risoluto il problema del moto-perpetuo; o l’epistola del perditempo che vuole avere una risposta del deputato, con lo stemma della Camera, per far crepare d’invidia gli amici fannulloni della farmacia e per sembrare importante innanzi a’ semplicioni del villaggio. E sono lettere le cui proporzioni vanno dal piccolo biglietto al foglio in quarto di folta scrittura; il cui tono, dalla preghiera e dalla supplica più o meno insistente, va sino alla minaccia dissimulata od aperta; e, in fondo a tutte vi è lo spettro delle elezioni che si avvicinano o in ogni modo ritorneranno; dell’avversario che fa il suo lavoro sotterraneo di talpa, il suo lavoro di verme, là nel suo collegio; del demagogo che muove e organizza la plebe sorgente a nuovi destini.
GRAZIE A http://www.libreriasangiorgio.com
BASTEREBBE FARE UNA SEMPLICE CIRCOLARE (NON UNA LEGGE, CHE COSTA TROPPO) CHE TUTTA LA CORRISPONDENZA VENGA INVIATA AGLI INTERESSATI SOLO TRAMITE POSTA ELETTRONICA (EVENTUALMENTE CERTIFICATA, COME QUESTO PSEUDO-STATO HA IMPOSTO DI FARE A TUTTE LE AZIENDE ITALIANE) E IL PROBLEMA SAREBBE RISOLTO: TUTTA LA CARTA AL MACERO!
MA SAREBBE TROPPO SEMPLICE, PER QUESTA NOSTRA POLIBUROCRAZIA ILLUMINATA CHE HA PRESO IN MANI L’ ITALIA.
E POI …. VUOI METTERE? …. IL TEATRINO GIORNALIERO DEL RITIRO DELLA CORRIPONDENZA : MA CHI CI RINUNCEREBBE!!!
Montecitorio, l’università della clientela e del malgoverno.