“La tendenza positiva è basata sul fatto che le tecnologie informatiche facilitano l’accesso alla sfera pubblica… L’aspetto negativo – che tra l’altro è strettamente collegato a quello positivo – concerne invece la capacità del ciberspazio di creare un’opinione pubblica critica. Quest’ultima non è necessariamente favorita dal Net, dove la capacità di filtrare individualmente l’informazione fa sì che molti utenti siano propensi a scegliere quel tipo di informazione che meglio asseconda i loro pregiudizi. Inoltre, l’estrema frammentazione del Net, le sue mille opzioni e alternative, la sua stessa orizzontalità dei livelli di partecipazione, possono suscitare notevoli perplessità da questo punto di vista… La democrazia deliberativa migliora la qualità della vita pubblica se e solo se alla partecipazione si accompagna la competenza critica. Che non dipende dalle tecnologie adoperate”. (S. Maffettone)
Sebastiano Maffettone, docente di filosofia alla Luiss e rawlsiano doc, è uno di coloro che usano la parola liberalismo stravolgendone il significato originario, fenomeno già messo in evidenza da Mises nel 1927. Nell’articolo da cui ho tratto queste parole, Maffettone avanza delle riserve sulle opportunità di accesso alla informazione (in questo caso politica) fornita da internet. Ciò che non va bene, a suo parere, è il fatto che su internet si possa interagire a livello orizzontale, il che indurrebbe gli individui a “scegliere quel tipo di informazione che meglio asseconda i loro pregiudizi”. Questo, a sua volta, andrebbe a detrimento della “qualità della vita pubblica”, perché alla partecipazione non si accompagna la “competenza critica”. Quando una persona è abituata a interagire con i propri interlocutori per lo più da una cattedra si può capire che nutra una certa diffidenza nei confronti della comunicazione orizzontale. A mio parere, però, ciò che afferma Maffettone è infondato, oppure in contraddizione con la sua fede nella democrazia moderna.
Che internet abbia aumentato esponenzialmente le fonti di informazione a disposizione degli individui è innegabile, e secondo me è un fatto positivo. Che la mancanza di “filtri” esogeni induca coloro che si informano su internet a consultare le fonti che meglio assecondano i loro pregiudizi, ancorché probabilmente vero, non mi pare porti significative novità rispetto a ciò che avveniva prima di internet. A meno che non si voglia sostenere che giornali e reti televisive fossero (siano) del tutto esenti da orientamenti pregiudiziali. Il che mi parrebbe ridicolo. Resta allora da affrontare la questione della mancanza di “competenze critiche” che potrebbe esserci nel caso di comunicazione orizzontale. Chi sostiene questo punto di vista, a mio parere, non può essere al tempo stesso un fautore della democrazia nella sua forma attuale, se non cadendo in contraddizione.
Insomma: o ci si dice contrari al suffragio universale, ritenendo migliore una democrazia in cui non solo gli eletti, ma anche gli elettori sono una èlite (una sorta di ritorno alle origini della democrazia), oppure non si dovrebbero temere le conseguenze della comunicazione orizzontale. Questa, in fondo, è la grande contraddizione nella quale cadono la maggior parte di coloro che si riempiono la bocca di democrazia: l’individuo viene considerato capace di intendere e di volere quando vota per eleggere chi deciderà al posto suo, mentre resta privo di neuroni appena uscito dalla cabina elettorale. Chiaramente la cosa è assurda: o uno è capace di intendere e di volere sempre, oppure non lo è mai (a parità di altre condizioni). Non è internet il problema.
Il fatto che internet faccia paura al potere è accertato, e lo dimostra la censura palese in paesi come la Cina e l’ Iran. Nei paesi democratici i governanti e gli intellettuali venduti devono essere più cauti, e quindi fare in modo di censurare senza darlo a vedere, oppure farlo in nome del “bene comune”.
Anche il nostro attuale presidente della camera, poco tempo fa, avanzò qualche ipotesi di controllo di internet come mezzo per contrastare il femminicidio (che baggianata!).
La preoccupqzione di questo professore della Luiss nonchè dei miei stivali è, pressappoco: “Dove andremo a finire se tutti hanno accesso a tutte le informazioni e possono mettere in discussione quello che diciamo noi e sviluppare un senso critico? Qui c’è bisogno di gente che abbia fiducia in noi, non di gente che pensa troppo.”
Comunque io non sarei troppo pessimista a questo riguardo; per sua stessa natura internet tende a sfuggire a ogni controllo e anche in Cina si riesce ad aggirare gli ostacoli.
In ogni caso bisogna fare resistenza.