“Era evidente che non era il modo giusto per gestire quella che già allora era la prima economia mondiale. Il risultato fu la legge del 1933 (passata alla storia come Banking Act), che accrebbe il potere della Fed di scontare e acquistare banconote, cambiali e titoli di Stato, garantendo così che le banche commerciali avessero liquidità sufficiente a soddisfare le esigenze dei depositanti. La legge del 1933 (e l’esperienza da cui quella legge è nata) mostrano chiaramente che la Fed aveva il dovere di usare quei poteri. Non è un caso se dopo di allora gli Stati Uniti non hanno più avuto una crisi finanziaria come quella del 1933. La crisi del 2008 ci è andata vicina, ma è stata proprio la disponibilità della Fed ad agire come prestatore di ultima istanza a che ha impedito il peggio”. (B. Eichengreen)
In un articolo scritto a difesa del programma OMT lanciato un anno fa dalla Bce e sul quale pende un giudizio di costituzionalità da parte della Corte costituzionale tedesca, Barry Eichengreen fa il paragone con la Fed per evidenziare la necessità di avere una banca centrale in grado di agire con ampi poteri qualora sia necessario a “salvare” il sistema. Come vuole la narrazione mainstream, fu a causa della politica monetaria restrittiva della Fed che la crisi del 1929 portò a un avvitamento dell’economia. Nel 1933 venne quindi varata una legge bancaria che aumentava i poteri e gli strumenti operativi a disposizione della Fed e questo, secondo Eichengreen, consentì al sistema bancario degli Stati Uniti di uscire dalla crisi e di evitare nuove crisi del genere nei decenni successivi. Ora, a parte il ricordare, come ho fatto in altre circostanze, che meriterebbe di essere letta l’analisi di quel peirodo fatta da Murray Rothbard in “America’s Great Depression”, vorrei evidenziare che alcune affermazioni di Eichengreen si scontrano palesemente con la realtà dei fatti verificatisi successivamente, oppure sono indimostrabili. E’ indimostrabile, per esempio, che la legge del 1933 mostri chiaramente che “la Fed aveva il dovere di usare quei poteri”. La Fed ebbe quei poteri e li utilizzò solo perché così fu deciso politicamente e disposto mediante un atto legislativo. A me questa sembra l’unica cosa chiara e incontrovertibile. A scontrarsi palesemente con la realtà dei fatti, invece, è l’affermazione secondo la quale “dopo di allora gli Stati Uniti non hanno più avuto una crisi finanziaria come quella del 1933”.
Eichengreen sembra soprassedere sulla copiosa inflazione prodotta nei decenni successivi e, soprattutto, sulla decisione unilaterale di abbandonare la convertibilità del dollaro in oro assunta nel 1971. Quello fu un vero e proprio default, anche se non si è politicamente corretto definirlo tale. Altre, poi, sono state le crisi di minori dimensioni, ma, venendo a quella più recente, affermare che si è evitato il peggio grazie alle politiche ultraespansive della Fed implicitamente escludendo che sia stata proprio la politica monetaria degli anni precedenti una delle cause principali di quella crisi, a me pare la negazione dell’evidenza. Oltre tutto, Eichengreen non fa alcun riferimento agli incentivi all’assunzione di maggiori rischi da parte delle banche che le azioni della Fed comportano. Per far si che le banche commerciali abbiano sempre liquidità sufficiente a soddisfare le esigenze dei depositanti l’unica via priva di effetti collaterali inflattivi e destabilizzanti è quella di mantenere una riserva pari al 100 per cento dei depositi a vista.
Non è un mistero che questa soluzione sia osteggiata da coloro che vedono nell’attuale sistema a riserva frazionaria coordinato dalle banche centrali un motore di sviluppo economico. Il problema è che, oltre al non secondario aspetto di rendere disponibile a vista la stessa somma di denaro sia al depositante, sia al soggetto al quale la banca concede un prestito (che è legale nella forma, ma illegittimo nella sostanza), tale sistema entra periodicamente in crisi, essendo di fatto un castello di carta basato solo sulla fiducia (credulità) dei depositanti. Oltre tutto l’espansione del credito per importi multipli rispetto al risparmio reale genera l’inizio del ciclo economico che porta alla formazione di bolle e successive crisi, per la cui soluzione si chiede nuova liquidità alle banche centrali, in un circolo vizioso che ormai dovrebbe essere sotto gli occhi di tutti. Ma evidentemente non è così, se ancora oggi si legge l’elogio della Fed per quello che ha fatto dal 2008 in poi.