«[…] Con lo shock della guerra, tuttavia, lo Stato ritorna in auge. Il Governo, senza mandato del popolo, senza consultare il popolo, conduce tutte le negoziazioni, i tira e molla, le minacce e le spiegazioni, che lentamente lo portano in collisione con qualche altro Governo, e gentilmente e irresistibilmente fa scivolare il paese in guerra. A beneficio dei cittadini orgogliosi e sprezzanti, si fa forte di una lista degli insulti intollerabili che sono stati scagliati contro di noi dalle altre nazioni; a beneficio di coloro che esercitano liberalità e beneficenza, possiede un insieme convincente di scopi morali che il nostro ingresso in guerra raggiungerà; alle classi ambiziose e aggressive, può sussurrare gentilmente di un ruolo più grande nei destini del mondo. Il risultato è che, anche in quei paesi dove il compito di dichiarare la guerra è teoricamente nelle mani dei rappresentanti del popolo, non si sa di nessuna assemblea legislativa che abbia mai rifiutato la richiesta di un Esecutivo che, dopo aver condotto tutta la politica estera in stretta riservatezza ed irresponsabilità, ordini alla nazione di entrare in battaglia. I buoni democratici sono soliti avvertire la differenza cruciale tra uno Stato in cui il Parlamento popolare o il Congresso dichiara la guerra, e lo Stato in cui un monarca assoluto o la classe dominante dichiara la guerra. Ma alla prova rigorosa dei fatti, la differenza non è così evidente. Nelle repubbliche più libere, così come negli imperi più tirannici, tutta la politica estera, i negoziati diplomatici che producono o prevengono la guerra, sono egualmente proprietà privata della parte esecutiva del Governo e sono egualmente immuni da controlli da parte del corpo popolare, o del popolo stesso come massa che vota.»
~ Randolph Bourne, La Guerra è la Salute dello Stato
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DI PETER SUDERMAN
Gli Stati Uniti sono in marcia per muovere guerra alla Siria? Durante la scorsa settimana è stata allestita la scena per un altro intervento militare in Medio Oriente. La richiesta di azione degli Stati Uniti è diventata più veemente a seguito di segnalazioni di un attacco con armi chimiche a Damasco (attacco effettuato con l’approvazione del presidente Bassar al-Assad). Negli ultimi giorni la retorica aggressiva è diventata sempre più aggressiva, e gli articoli di oggi indicano che gli Stati Uniti non stanno più cercando l’approvazione degli alleati NATO o dell’ONU per un attacco. Ma la tesi per un’azione in Siria è debole — e ci sono un sacco di motivi per evitare di impantanarsi in un altro conflitto in Medio Oriente. Ci sono otto motivi per evitare la guerra in Siria:
1. Se i ribelli vincono, è una cattiva notizia per gli Stati Uniti. Assad non è amico degli Stati Uniti, ma nemmeno i gruppi ribelli che combattono contro il dittatore siriano. In effetti, molte delle fazioni ribelli hanno forti legami con Al-Qeada. Se i ribelli cacciano Assad, è del tutto possibile che essi cercheranno di istituire un nuovo regime che sarà intensamente ostile agli Stati Uniti. Un intervento dal lato dei ribelli complicherebbe le relazioni già irte dell’America con la Russia, che è vicina al regime di Assad.
2. Se Assad vince, è una cattiva notizia per gli Stati Uniti. Specialmente se gli Stati Uniti si sono schierati apertamente con i ribelli. Una vittoria di Assad è una vittoria per le forze anti-americane dell’Iran, che vedrebbero rafforzarata la loro influenza nella regione. Sarebbe anche una vittoria per Hezbollah, che è strettamente collegato agli estremisti iraniani. Quindi, è meglio se gli Stati Uniti si tengano alla larga dal conflitto.
3. E’ tutt’altro che certo che eventuali azioni “limitate” siano effettivamente efficaci. La maggior parte dei dibattiti in questo momento ruota intorno alla possibilità di attacchi missilistici limitati e/o l’applicazione di una no-fly zone. Ma come il presidente del Joint Chiefs of Staff, Martin Dempsey, ha detto a NPR il mese scorso, i possibili risultati di una no-fly zone potrebbero “includere la perdita di aerei statunitensi, cosa che richiederebbe l’invio di forze di recupero. Tale strategia può anche fallire per ridurre la violenza, perché il regime si basa prevalentemente sul fuoco di superficie — mortai, artiglieria e missili.” Lo stesso vale per i colpi mirati. Ecco quello cha ha detto Anthony Cordesman del Center for Strategic and International Studies al Los Angeles Times: “Si possono fare danni con i missili cruise? Sì. Si può impedire loro di usare armi chimiche? Vorrei che la risposta sia no. Bisognerebbe limitarsi solo ad una sorta di ritorsione incrementale? Non serve ad alcun scopo strategico. Non protegge il popolo siriano, non caccia via Assad.”
4. E’ difficile mantenere limitate le azioni limitate. Come il Presidente Dempsey ha ulteriormente ammonito: “Una volta che agiamo, dobbiamo essere preparati per ciò che viene dopo. Un coinvolgimento più profondo è difficile da evitare.” E poi cosa?
5. Non c’è un fine partita. Non in Siria, dove sembra che non ci sia alcun piano al di là di un attacco iniziale limitato. E non in quella regione o nel mondo, dove gli Stati Uniti farebbero di tutto tranne opporsi (attraverso la forza militare) alle armi chimiche dei regimi di tutto il mondo. Il problema è che non esiste alcun obiettivo di lungo termine dichiarato ufficialmente — forse perché è evidente che non si possa raggiungere alcun obiettivo di lungo periodo. Data l’improbabilità che gli attacchi possano eliminare completamente l’uso delle armi chimiche o porre fine al massacro attraverso mezzi più convenzionali, non è chiaro a cosa possano servire. Il che significa che quasi certamente ci sarebbero pressioni per dare loro un significato, aumentando l’impegno dell’America nel conflitto.
6. La “linea rossa” delle armi chimiche è stata già varcata. Circa un anno fa, il presidente Obama disse che l’uso di armi chimiche da parte di Assad contro il suo popolo avrebbe costituito una “linea rossa” che avrebbe cambiato l’ottica della Casa Bianca sul conflitto siriano. I dibattiti sugli attacchi sono aumentati quando la settimana scorsa è stato segnalato l’uso di armi chimiche a Damasco, le quali si dice che abbiano causato centinaia di morti. Ma i funzionari americani già credono che Assad abbia usato armi chimiche su scala leggermente inferiore nel corso dell’anno scorso. L’ultimo attacco sembra essere più grande di quelli precedenti, ma questa è una distinzione torbida. La linea rossa, in altre parole, sembra più una zona grigia.
7. Non sarà facile. John McCain ha detto che gli attacchi potrebbero essere effettuati con una certa “facilità” e “non metterebbero a rischio nessuno [americano].” Inoltre, ha detto, gli attacchi potrebbero essere effettuati in un paio di giorni. Ma la grande lezione appresa dai tanti interventi militari degli Stati Uniti è che raramente sono facili, veloci o a costo zero come promettono i loro sostenitori. Come George Friedman dello Statfor (un’agenzia d’intelligence globale) ha scritto di recente: “l’Afghanistan, l’Iraq e la Libia hanno generato il principio che deporre un regime significa vivere con un successore imperfetto. In questi casi, il cambio di regime significa una rapida intromissione degli Stati Uniti nelle guerre civili, i cui risultati non valgono il prezzo.”
8. La popolazione si oppone all’intervento militare con un ampio margine — anche se sono state usate armi chimiche. Il popolo americano si è stancato della guerra, e non vuole rimanere coinvolto in un ennesimo conflitto civile. Secondo un sondaggio di Reuters pubblicato nel fine settimana, circa il 60% della popolazione si oppone all’intervento militare nella guerra civile in Siria, mentre solo il 9% lo sostiene. Il supporto per l’intervento è ancora estremamente basso anche se venisse stabilito che la Siria abbia usato armi chimiche, con appena il 25% a sostegno dell’azione contro Assad.
TRATTO DA: http://johnnycloaca.blogspot.com
Hill & Knowlton è un gigante delle pubbliche relazioni. Tom Lantos era uno degli architetti della strategia.
https://www.youtube.com/watch?v=GKIjk-RJWuw
Attribuire questi fatti a un solo gruppo è, in effetti, eccessivamente riduttivo. Ciò nonostante, un gruppo coeso, fortemente impegnato, e con abbondanti mezzi è un elemento necessario ma non sufficiente perché una coalizione di interessi a volte contrastanti possa reggersi in piedi.
Se le masse puntono i piedi, spetta alla Hill & Knowlton inventare una favola che unisca bambini morti gasati in incubatori, e il regime Assad.
E’ vero, pero’ ai tempi della guerra dei trent’anni non e’ che fosse diverso, e se non lo fa la Hill & Knowlton (chi e’?) si fa anche da se’.
Il difetto di questa analisi sta nel fatto che esamina il quadro come se gli interessi sovrani degli Stati Uniti fossero importanti.
“Il difetto di questa analisi sta nel fatto che esamina il quadro come se gli interessi sovrani degli Stati Uniti fossero importanti.”
Se ho interpreto bene, non ti pare un’affermazione un po’ troppo da monomaniaci? (cioe’ quelli che interpretano tutto cio’ che accade con un’unica chiave di lettura?) La storia e’ imprevedibile proprio perche’ e’ complessa, perche’ i moventi sono molteplici e a seconda di quale prevalga in un dato periodo cambia il suo corso.
Certo da quando la societa’ e’ pervasa dall’informazione di massa, anzi dalla comunicazione di massa, si formano rapidamente coacervi di opinioni sempre piu’ vasti, che in dati momenti vivono in equilibrio dinamico, in altri si polarizzano fino al punto di arrivare allo scontro fisico. (a muovere il corpo e’ lo spirito)
“La popolazione si oppone all’intervento militare con un ampio margine — anche se sono state usate armi chimiche.”
Con un po’ di propaganda, ci vuole tanto a fargli cambiare idea… Specialmente a chi non aspetta altro che un pretesto per cambiarla. In fin dei conti volete mettere una vera guerra rispetto ad una partita di baseball?
I likudnik stanno semplicemente attuando un piano strategico formulato da Odet Yinon nell’82.
http://cosmos.ucc.ie/cs1064/jabowen/IPSC/articles/article0005345.html