“Il decreto “Valore cultura” rappresenta anche una risposta al mondo”. (E. Letta)
Come nella migliore tradizione statalista, a un clamoroso fallimento dello Stato, rappresentato nel caso specifico dalla gestione del sito archeologico di Pompei, il governo pensa di porre rimedio aumentando la dose di statalismo e burocratismo.
Ecco, quindi, che verrà nominato un “direttore generale di progetto”, con tanto di struttura dedicata; verrà creata una soprintendenza speciale per il “patrimonio storico, artistico ed etnoantropologico e per il polo museale delle città di Napoli e della Reggia di Caserta”. Qualche centinaio di giovani precari verranno assunti, andando a ingrossare le file di quelli che, di tanto in tanto, manifestano per essere assunti dallo Stato a tempo indeterminato, per entrare, cioè, nella categoria dei tax-consumers in pianta stabile.
Vengono poi stanziati 8 milioni per i Nuovi Uffizi di Firenze e 4 milioni per il Museo dell’Ebraismo e della Shoah di Ferrara. Last, but not least, le fondazioni lirico-sinfoniche, i cui bilanci sono da sempre degli autentici buchi neri di denaro dei contribuenti, verranno ancora una volta salvate, con una spesa di 75 milioni.
E sapete da dove verranno attinti questi 75 milioni? Dalle risorse stanziate per il rimborso dei debiti delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle imprese. E pazienza se qualche imprenditore dovrà chiudere i battenti perché lo Stato salderà il debito nei suoi confronti con qualche mese di ritardo in più.
Bisognava dare una risposta al mondo, mica a titolari di fabbrichette di provincia…
Se certi enti dovessero contare solo sui biglietti venduti e le donazioni dei privati, farebbero dei cartelloni con della musica più accettabile (invece di Britten potrebbero rispolverare Mendelssohn o Shumann più spesso). Speriamo nella crisi.
Se gli enti lirico -sinfonici sono pieni di buchi, vadano in fallimento e non se ne parli più. Parola non di un appassionato, ma di un fanatico della Musica(quella con la M maiuscola) quale io sono.
La risposta al mondo gliela abbiamo data. Peccato che non è quella giusta.