Tre aziende su cinque temono il fallimento nel 2013. Questo l’esito di un sondaggio del Centro studi Unimpresa tra le 130 mila associate, da cui emerge come cui la ripresa delle attivita’ dopo la pausa estiva, per la maggior parte delle imprese italiane, venga considerata drammatica. Diversi i motivi che mettono in ansia gli imprenditori del nostro Paese: problemi con le banche per la concessione di credito, difficolta’ nel rispettare scadenze e adempimenti fiscali, ritardi dei pagamenti della pubblica amministrazione, mancati incassi da clienti privati, impossibilita’ di pianificare investimenti, scarsa flessibilita’ nel gestire l’occupazione. Un mix di fattori che fa prevedere un quadrimestre assai complesso per l’economia italiana con le prospettive di ripresa ridotte al lumicino.
Secondo i risultati della “consultazione”, nei prossimi 4 mesi potrebbe registrarsi un’impennata di dissesti finanziari, stati di crisi o addirittura fallimenti e altre procedure concorsuali. Una previsione disastrosa che viene registrata nel 62,6% delle risposte ai questionari. La recessione economica piu’ dura del previsto e l’assenza di prospettive di ripresa rendono il quadro ancora piu’ cupo, stando alle indicazioni fornite dalle aziende.
Le imprese indicano alcuni motivi precisi come fattori negativi. In cima alla “classifica” c’e’ la questione credito: i problemi con le banche sono di due tipi. Anzitutto l’inasprimento delle condizioni per la concessione di nuovi finanziamenti; poi viene segnalato l’aumento delle richieste di rientro, anche fra le imprese con bilanci in regola.
Dito puntato, poi, contro le tasse: la pressione fiscale (imposte e contributi), che per le imprese supera il tetto del 50%, e’ il secondo elemento destabilizzante. Scadenze e adempimenti tributari sono difficilissimi da rispettare. Il terzo fattore allarmante e’ il ritardo dei pagamenti da parte di Stato centrale ed enti locali. Anzitutto per lo stock da 90-100 miliardi di debiti della pubblica amministrazione che non viene sbloccato da amministrazioni centrali e locali, come recentemente denunciato dalle banche, a causa dello stallo nel meccanismo di certificazione dei crediti vantati dalle imprese.
Non solo: le nuove direttive europee adottate recentemente in Italia – che dovrebbero imporre alla Pa di saldare le fatture entro 60 giorni – trovano scarsissima applicazione. Ritardi dei pagamenti, quarto motivo di tensione, sono evidenziati anche nei rapporti fra privati che si traducono in un colpo tremendo alla circolazione di liquidita’ e nella crescita delle insolvenze. La quinta fonte di apprensione e’ lo stop agli investimenti che, allo stesso tempo, rappresenta un fattore e una conseguenza della crisi economica. Il sesto e ultimo elemento critico e’ l’ingessamento del mercato dell’occupazione.
“La situazione – commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi – e’ da allarme rosso. La massa di imprese che alzano bandiera bianca si estende a vista d’occhio giorno dopo giorno e non si vede una via d’uscita. Le imprese sono stremate e il fallimento, in taluni casi, e’ inevitabile. Al Governo di Enrico Letta abbiamo posto piu’ volte l’esigenza di varare riforme serie, volte a dare speranza agli imprenditori e pure alle famiglie. Per rimettere in moto l’economia, e quindi per far ripartire l’occupazione, si deve dare impulso al credito e vanno tagliate le tasse”. Secondo Longobardi “senza la liquidita’ delle banche e senza un abbattimento drastico della pressione fiscale il nostro Paese non ha futuro ed e’ destinato a morire. In questo quadro drammatico, assistiamo purtroppo a una grande irresponsabilita’ dei partiti, specie quelli della maggioranza chiamati a sostenere l’esecutivo, che continuano a dividersi sulle vicende dell’ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, rinunciando a salvare il Paese. Che, purtroppo, sembra pericolosamente bloccato attorno ai problemi di una sola persona”. Per il presidente di Unimpresa, “un ragionamento, e forse qualche ripensamento, va fatto anche in chiave europea: la Germania ha dati migliori, ma nel lungo periodo anche la robusta econom ia tedesca paghera’ il conto in assenza di politiche economiche in grado di far ripartire anche i paesi piu’ deboli”.
Il declino.