In Anti & Politica, Economia

cipro_rapinaDI MICHELE LIATI

“Quando diranno: Pace e Sicurezza, allora una rovina improvvisa verrà loro addosso, come le doglie alla donna incinta; e non scamperanno” (I Tess. 5:3)

“Quasi mi fai diventare keynesiano! – così mi confessa un amico (che chiamerò semplicemente Libero) dopo aver letto il
mio articolo sul moltiplicatore di Keynes – In tutta sincerità, mi ha lasciato molti dubbi: infatti, se ho ben inteso i tuoi
ragionamenti, mi sembra che giungano a conclusioni alquanto paradossali; sei partito dicendo che il moltiplicatore non
moltiplica proprio nulla e hai finito.. mostrando che una quantità aggiuntiva di moneta può moltiplicare gli scambi
infinitamente”.
“Hai ragione! – rispondo a Libero – la cosa può sembrare paradossale, ma solo se si perde di vista che la moneta è pur
sempre una merce di scambio. Qualsiasi merce aggiuntiva portata sul mercato permetterà di effettuare scambi aggiuntivi.
In più, la moneta è una merce che non si consuma mai. È proprio questo che la rende moneta, lo strumento di scambio per
eccellenza, ed è proprio questo che le consentirà di essere utilizzata per infiniti scambi”.
“E questa non la chiami moltiplicazione?” -replica Libero.
“Se quella moneta è stata tolta da qualche parte per essere spesa altrove, proprio no. Altro discorso è se quella moneta
viene creata dal nulla. Ma è ancora presto per parlare dell’economia falsaria, lo faremo a suo tempo. Comunque, oggi mi
trovi in vena ancor più paradossale: voglio raccontarti un’altra storiella, che ti mostrerà come la spesa dello Stato può
veramente aumentare il prodotto di un paese, e che il moltiplicatore della spesa statale esiste realmente, anche se funziona
in modo un po’ diverso da come sosteneva Keynes”.
“Adesso sì che mi farai diventare keynesiano”.
“Aspetta e poi mi dirai. Anche questa storia prende a modello un micro-sistema economico: un piccolo paesino di poche
anime, che si regge su un’economia molto modesta: un fornaio, un macellaio, un droghiere, un fruttivendolo, un piccolo
albergo per qualche sparuto turista, etc, etc. Iniziamo”.

Un giorno, o meglio una sera, nel negozio del sig. Luca, il fornaio, entra uno sconosciuto.
“In cosa posso servirla?” -chiese il commerciante, pensando che il nuovo cliente potesse essere un turista.
“Per ora in nulla” rispose lo straniero “anzi, sono io che vengo a offrirle un servizio”.
“Un servizio? Sarebbe?” chiese perplesso il signor Luca.
“Vengo a portarle pace e sicurezza”
“Pace e sic.. Cosa intende dire?”
“Intendo dire che nessuno verrà più a darle noia. Glielo assicuro io!”
“Ma, veramente… nessuno mi ha mai dato noia
“Eh, ma potrebbe succedere prima o poi; anzi… molto presto. Non so se mi capisce.”
Il fornaio cominciava a capire, e la sua voce tradiva quello che aveva capito.
“E… mi dica… cosa…cosa vorrebbe in cambio di questo servizio?”
“Passerò ogni giorno a fine giornata, più o meno verso quest’ora, e lei mi darà il 10% del suo guadagno. Come vede, è un
prezzo molto modesto per il servizio che le offro. Inoltre, sappia che non voglio fare torti a nessuno: a tutti i commercianti
del paese ho offerto lo stesso servizio, e allo stesso prezzo, e tutti hanno accettato senza fiat… ehm, ben volentieri.
Vediamo, dunque, lei oggi cosa ha guadagnato?”
“Circa 100 euro, non faccio grandi incassi” rispose il signor Luca.
“Ecco vede, 10 miseri euro per il servizio essenziale che le offro, e da questa sera potrà dormire sonni tranquilli”.
Pensando a quanto avrebbe potuto dormire quella notte se si fosse rifiutato di consegnare il denaro, il fornaio decise di
cedere alla richiesta dello sconosciuto: prese 10 euro dalla cassa e glieli consegnò; ma prima che questi potesse sparire
ebbe il coraggio di rivolgergli un’ultima domanda.
“Ma lei.. beh, mi dica almeno come la devo chiamare”.
“Non ha importanza come mi chiamo. Se vuole, può chiamarmi Stato!”
E così dicendo uscì finalmente dal negozio.

Il mattino seguente, appena alzata la serranda del negozio, lo straniero della sera prima, lo… Stato, entrò di nuovo nel
negozio del fornaio.
Il fornaio accennò una timida protesta: “Mi aveva detto che sarebbe passato a fine della giornata, ho appena aperto e non
ho ancora venduto nulla. Non poss…”.
“Non si preoccupi, non sono qui per lavoro, sono qui per comprare. Vorrei 10 euro di pane?”
Il signor Luca servì l’uomo un po’ perplesso, pesandogli circa 5 kg di pane. Non potè fare a meno di notare che
quell’uomo stava spendendo proprio gli stessi soldi che gli aveva preso la sera prima; era una ben strana coincidenza; così,
alla fine, trovò il coraggio di parlargli: “Scusi, ma lei ha intenzione di spendere ogni mattina i soldi che prende a me la
sera?”

“Certo! Non è contento? E così farò anche con gli altri commercianti. Vi ridarò i vostri soldi e farò crescere la domanda
del paese. Nessuno potrà dire che non sono una persona equa e giusta. Non ci perderete proprio nulla”.
“Nulla? Quando le ho dato ieri i miei 10 euro, in cambio non ho avuto nulla, e ora che viene a… restituirmeli, se ne va dal
mio negozio con 5 kg di pane. Mi avrà anche restituito i miei soldi, ma si è preso il mio pane!”
“E non è contento? Ha trovato un nuovo cliente! E poi, dimentica che io le fornisco pace e sicurezza”.
“Ah, certo. Ma ai vecchi clienti quale pane darò se lei viene a prendermelo senza darmi nulla in cambio?”
“Di nuovo? Lei dimentica…”
“Ah… già, certo: pace e sicurezza”.
“Comunque, signor Luca, sono sicuro che comprenderà molto facilmente quale effetto avrà questa questa “nuova
domanda” sull’economia del paese. Oggi tutti riavranno gli stessi soldi di ieri, e se qualcuno resterà senza pane, o carne o
formaggio, vorrà dire che ci sarà più risparmio, e non è forse il risparmio il motore del sano capitalismo? Inoltre, son ben
sicuro che già domani lei cuocerà più pane per vendere anche al cliente che oggi resterà senza, e così faranno tutti gli altri
commercianti. E così, in un sol giorno, la mia spesa avrà moltiplicato il prodotto del paese”.
Di moltiplicazione del prodotto il fornaio non ne capiva nulla; aveva capito soltanto che doveva lavorare di più, senza
guadagnare nulla in cambio, tanto meno… pace e sicurezza.
“Mah, mi pare comunque una fregatura! – disse il fornaio con rassegnazione – Comunque, dico, se proprio vuole fare
così, mi pare inutile che venga a prendermi dei soldi alla sera per spenderli il mattino dopo; venga da me, e le darò il pane
che vuole”.
A queste parole lo sguardo dello sconosciuto s’infiammò improvvisamente.
“Lei mi offende, Signor Luca. Che carità vuol farmi? Il pane quotidiano io me lo voglio guadagnare onestamente!”.
E uscì lasciando il fornaio… di sale.

“Dunque, cosa ne pensi?” -chiesi a Libero al termine del mio racconto.
“Direi che anche a me, come al fornaio, sembra una bella fregatura! Eppure, secondo i criteri di contabilità nazionale non
mi pare che lo Stato abbia del tutto torto: se i commercianti, per compensare quello che gli viene portato via, producono
più pane, più formaggio, più verdure, senz’altro il prodotto del paese alla fine sarà cresciuto. Forse l’errore è pensare che
debba essere proprio così: forse il fornaio può accontentarsi di vendere allo Stato quello che prima vendeva a qualcun
altro, e allora il suo prodotto non crescerà di un soldo, o meglio, di un grammo. Dimentichi infatti che lo Stato fornisce ai
cittadini servizi veri, non fantomatiche ‘protezioni’”.
“Ne sei sicuro? -replico a Libero – Torniamo a quando lo Stato non era ancora entrato nella vita del fornaio. Egli
scambiava utilità con il fruttivendolo, il macellaio, il droghiere, etc.. Lo Stato, insieme ai 5 kg di pane quotidiano, gli
porta via le utilità che poteva avere in cambio di quel pane. Resta quindi da capire se i servizi che gli fornisce lo Stato
possano compensare quelle utilità perse, se per il fornaio ciò che ha perso e ciò che riceve hanno lo stesso valore. E direi
che senz’altro non è così: se il servizio che gli offre lo Stato avesse per il fornaio un’utilità equivalente o anche superiore a
quello della carne, della verdura, del vino, o di qualsiasi altro bene che potrebbe avere vendendo il suo pane, lo Stato non
avrebbe bisogno di estorcerne il prezzo con la forza; il fornaio lo preferirebbe ad altri beni, volontariamente. É proprio
perché quel servizio offre un’utilità minore (forse anche nulla) che occorre offrirlo “con la forza”, e quindi il fornaio
cercherà sicuramente di ripristinare l’utilità perduta, e accrescerà il prodotto. Non sempre ci riuscirà, certo. Ma tenterà
sempre di farlo”
“Quindi la contabilità non mente! La spesa dello Stato creerà nuovo prodotto?”
“Certo, come potrà crearlo un terremoto, un cataclisma, un incendio, dopo aver distrutto ricchezza. Chi ha subito quella
sciagura cercherà sicuramente di ripristinare la ricchezza perduta. Ma con la differenza che qui il prodotto non è distrutto,
viene solo spostato da una mano all’altra. Se il fornaio saprà produrre di più avrà ottenuto le stesse utilità di prima, mentre
lo Stato, con amici e famigli, sarà ovviamente più ricco”.

“Riprendiamo il racconto”.
“Non era terminato?”
“No, devo ancora raccontarti del moltiplicatore della spesa dello Stato.”

Molto tempo dopo, il prelievo che lo Stato esigeva sui guadagni dei poveri commercianti crebbe di molto, e il prodotto del
paese con esso, almeno nella misura in cui i commercianti riuscivano a ripristinare la ricchezza perduta. Un giorno,
durante una delle solite visite dello Stato al negozio del fornaio, questo ebbe a lamentarsene.
“Non possiamo più accettare simili condizioni. Lei ci uccide!”.
“Suvvia, non esageri signor fornaio. Gliel’ho già detto mille volte: la consideri una semplice tassa; e poi, io spendo da voi
tutto i soldi che mi date, e così facendo ho accresciuto il prodotto del paese. Di cosa si lamenta?”
“Sìì.. una tassa, dice bene. Ma intanto quando lei compra non paga nessuna tassa, la subiamo solo noi”.
Lo Stato guardò il fornaio sorpreso, poi replicò.
“Sa che ha ragione? Da oggi voglio tassarmi anch’io. È giusto! Le mie spese non possono fare eccezione. Vede questi 40

euro? Sono quelli che mi ha dato ieri sera, la metà del suo guadagno giornaliero; con questi comprerò i miei soliti 20 kg di
pane per me, per la mia famiglia e per tutti i miei amici. Ebbene, la metà di questi, 20 euro, saranno le tasse che pagherò
io”.
“Vuol dire che me li restituisce?”
“Ma che dice? Non sia ridicolo! Lo Stato sono io! Mi tasso.. e me li rimetto in tasca”.
“Ma così potrà comprarsi i soliti 20 kg di pane a metà prezzo, dato che ha in tasca ancora 20 euro?”
“Vero, ma siccome io sono sempre giusto ed equo, questi 20 euro li voglio spendere sempre da lei: mi dia altri 10 kg di
pane”
“E su questi 20 euro si tasserà ancora?”
“S’intende, e così mi restano in tasca altri 10 euro; mi dia dunque altri 5 kg di pane!”.
“Quanto deve durare questo gioco? quanto pane vuol portarmi via oggi?”
“Giusto il doppio!”
“Il doppio? 40 kg di pane?”
“Per l’appunto. Si vede che lei non ha studiato il moltiplicatore di keynes, ora le spiego come funziona: prima spendo la
metà di 40, poi la metà di 20, poi la metà di 10.. questa non è altro che una serie geometrica di ragione ½ che converge a
1/(1-½)*20, ovvero esattamente al doppio di 20”.
“Il doppio di 20 euro, cioè 40; esattamente come prima!”
“No, al doppio di 20 kg”.
“Ma che diavoleria keynesiana è mai questa!”
“Nessuna diavoleria, questa è matematica..e Keynes con questa non c’entra proprio nulla!”
“Ma se mi porta via 40 kg di pane, io sarò di nuovo senza 20 kg di pane rispetto al solito, e qualche mio cliente resterà
senza.”
“Sono sicuro che saprà dare ai suoi clienti il loro pane quotidiano, signor fornaio. E il prodotto del paese crescerà ancora
di più”.

“Messa così il paradosso è sciolto: il prodotto del paese cresce senz’altro, ma la ricchezza cresce solo per qualcuno, per
chi è più vicino allo Stato”.
“Ci metto un nuovo paradosso: Se questo è il miglior modo per accrescere la ricchezza, occorrerebbe legalizzare qualsiasi
tipo di furto, rapina, scippo, dato che il ladro spenderà pur sempre quei soldi e il derubato cercherà sempre di reintegrare
ciò che ha perso. Perché lasciare quindi il monopolio di furti e rapine ad uno solo? È lo stesso discorso che vale per la
moneta: se davvero moneta aggiuntiva può moltiplicare gli scambi, persino all’infinito, allora qualsiasi tipo di
contraffazione andrebbe legalizzata e incoraggiata, perché lasciare il monopolio della falsificazione ad uno solo?”
“Ecco un buon argomento per una nuova storiella”
“La prossima volta”.

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