“Già nel 1921 Benjamin Strong – l’allora presidente della Federal Reserve – scriveva al suo collega Montagu Norman – governatore della Bank of England – sui pericoli della deflazione: “Le pressioni al ribasso sui prezzi che hanno spazzato il mondo hanno raggiunto un punto pericoloso: per il bene pubblico, non sarebbe giustificata una deliberata politica inflazionistica?”. (F. Galimberti)
Dopo la pubblicazione dell’ultimo dato sull’andamento dell’indice dei prezzi al consumo in Italia (+1.3 per cento ad aprile rispetto allo stesso mese del 2012), Fabrizio Galimberti ha rincarato la dose di retorica antideflattiva che somministra ormai da tempo ai lettori del Sole 24 Ore. A suo dire, l’inflazione (nell’accezione mainstream di aumento dei prezzi al consumo) è stata a tal punto demonizzata da rendere necessaria una sua rivalutazione, soprattutto in questa fase in cui è inferiore al target del 2 per cento fissato come target dalle principali banche centrali.
A tale proposito, Galimberti cita lo stralcio di una lettera inviata nel 1921 dall’allora presidente della Fed (anche all’epoca si chiamava Benjamin…) al collega della Bank of England, nella quale “per il bene pubblico”, si esprimeva a favore di una “deliberata politica inflazionistica”. La Fed, tra l’altro, passò indubbiamente dalle parole ai fatti. Dopo un anno di recessione, nel periodo tra giugno 1921 e giugno 1929 l’offerta di moneta aumento del 61.8 per cento, come documentato da Murray Rothbard in “America’s Great Depression”. Ad aumentare fu prevalentemente l’offerta di credito, che generò molti investimenti solo apparentemente redditizi e portò poi allo scoppio della bolla nel 1929. Durante gli anni Venti la dinamica dei prezzi al consumo non mostrò un andamento crescente come quello dell’offerta di moneta, perché la spinta rialzista dovuta all’espansione creditizia era in parte controbilanciata dall’aumento della produttività. In assenza di politiche monetarie inflattive, con ogni probabilità i prezzi al consumo avrebbero avuto un andamento decrescente.
Per tutti coloro – e sono una forte maggioranza – che analizzano la Grande Depressione partendo dallo scoppio della bolla nel 1929, la responsabilità fu in parte della politica monetaria restrittiva della Fed, e in parte della politica fiscale restrittiva dell’amministrazione Hoover. Un’analisi degli anni Venti, come quella realizzata da Rothbard, credo sarebbe utile a rivedere il giudizio sia sulla Fed, sia sull’amministrazione Hoover, che diede inizio a quello che con Roosevelt sarebbe diventato il New Deal.
Elogiare la politica monetaria della Fed di allora – che peraltro si comportò quasi timidamente, considerando quanto sta facendo negli ultimi anni – significa, a mio parere, perdere di vista gli effetti distorsivi (tra l’altro macroscopici) che le politiche monetarie espansive hanno sui prezzi delle attività finanziarie e reali, anche quando gli indici dei prezzi al consumo hanno un andamento solo moderatamente crescente (ci sono tra l’altro effetti distorsivi anche nella variazione dei prezzi relativi dovuti agli stimoli monetari, pur in presenza di un indice invariato o solo moderatamente crescente).
Non mi meraviglierei, a questo punto, se un domani si imputasse alla Fed la responsabilità di aver rimosso (se verrà un giorno in cui lo farà) gli stimoli fin qui introdotti facendo scoppiare la bolla, invece che considerarla responsabile della creazione della bolla stessa. Qualcosa mi dice che Galimberti sarà proprio tra quelli che la penseranno così.
Quando sento parlare di “bene pubblico” o di “bene comune” mi metto una mano al c… e l’altra al portafoglio……
ideashaveconsequences.org/hayek-e-la-deflazione/leo
in ogni caso, in un paese interconnesso come l’italia e con una pressione fiscale cosi’ devastante, i prezzi non potrebbero diminuire nemmeno con un calo del pil e della circolazione monetaria del 50 per cento
C’è un grosso buco in Rothbard, risolto da Rueff in The monetary sin of the West già nel 1971.
Cioè la possibilità dell’espansione illimitata di moneta in regime di Gold Exchange Standard: Rueff consigliò a De Gaulle il modo per far cadere il bluff in modo che Nixon chiuse un’inutile finestra aurea.
I danni nacquerò nel1922, ma senza la spiegazione di Rueff non ci arriverà mai nessuno.
Ma mi sbaglio o negli anni Venti l’America era in deflazione. Harding e Coolidge seppero tagliare drasticamente le spese e le tasse (dell’ordine del 40/50% del Pil!!!)
e fecero ripartire gli Stati Uniti dopo il decennio di bassa crescita dell’era wilsoniana