In Anti & Politica, Economia

KrugmanDI MATTEO CORSINI

“Come sa chiunque abbia letto quello che scriviamo io o gli economisti Martin Wolf, Brad DeLong, Simon Wren-Lewis e altri, la nostra tesi è sempre stata che gli stimoli di bilancio sono giustificati solo quando ci si trova in una situazione di tassi di interesse a zero.” (P. Krugman)

In uno dei tanti articoli nei quali sbeffeggia i fautori dell’austerità espansiva, Krugman arriva a sostenere che costoro, alle prese con i fallimenti delle loro idee, ricorrano alla menzogna pur di screditare i keynesiani.

Premesso che, come spesso accade, per austerità viene intesa qualsiasi tipo di politica fiscale restrittiva, anche se basata unicamente su un incremento di imposte e tasse, mentre sarebbe opportuno parlare di austerità solo nel caso in cui vi fossero riduzioni di spesa pubblica, la caricatura che Krugman fa degli “austeriani” (così li definisce) distorce volutamente i fatti.

E’ vero che a livello di Unione europea si sono sentite stupidaggini circa gli effetti delle politiche fiscali restrittive. Per vendere queste politiche (peraltro spesso basate più su aumenti di tassazione che su tagli di spesa pubblica) ai cittadini europei, si è detto spesso che avrebbero favorito la crescita economica. I termini sono però rimasti vaghi, basati su frasi fatte più che su argomentazioni logiche. Per come è costruito il concetto di Prodotto interno lordo, la riduzione del deficit pubblico ha concrete possibilità di determinare una contrazione del Pil nel breve periodo. Se la riduzione del deficit è basata sull’asfissia fiscale, poi, gli effetti recessivi potrebbero estendersi anche oltre il breve periodo.

Significa dunque che bisogna lasciare correre il deficit, per non ridurre anche il Pil? Se si è convinti che sia compito dello Stato generare sviluppo e dirigere l’economia, la risposta può essere affermativa. Credo, però, che si dovrebbero fornire argomentazioni convincenti a sostegno sia della necessità dell’intervento dello Stato, sia della sua efficacia. Se non si è socialisti, poi, si dovrebbe anche spiegare dove andrebbero messi i limiti all’interventismo onde evitare di arrivare ad avere un sistema socialista, nonché indicare cosa potrebbe concretamente impedire allo Stato di oltrepassare tali limiti. Non guasterebbe, poi, una spiegazione circa il più che probabile rigonfiamento del debito pubblico, la sua sostenibilità e compatibilità con l’accumulazione ulteriore di deficit, ed eventuali vie d’uscita (se e) quando la ripresa sarà consolidata.

Si tratta, a ben vedere, di interrogativi tutt’altro che banali, anche perché la storia fornisce diversi esempi di come l’espansione dell’intervento dello Stato sia piuttosto semplice da implementare, mentre risulta politicamente molto complicato il percorso contrario. Credo basterebbe questo per far venire dubbi sulla praticabilità del fare “marcia indietro” una volta finita l’emergenza. Ritengo anche sia lecito avere dubbi sulla attendibilità della presunzione di onniscienza implicita nel ritenere che lo Stato e i suoi consulenti economici possano avere una conoscenza sufficiente a sapere cosa è bene per tutti quanti, sostituendo il loro giudizio a quello di milioni di persone, o tale da consentire loro di conoscere come reagiranno quei milioni di persone alle politiche governative.

Quanto alla sostenibilità del debito pubblico, generalmente i keynesiani ritengono che si tratti di un falso problema, perché uno Stato dovrebbe creare moneta in quantità sufficiente a far fronte ai propri impegni di spesa. Nella versione più drastica (e probabilmente anche più coerente, per quanto a mio parere assurda), lo Stato dovrebbe creare moneta e con essa sostenere la domanda, senza neppure indebitarsi. Nella versione più soft, lo Stato si può indebitare, ma il rimborso nominale di tale debito non può mai essere messo in discussione, dato che basta che la banca centrale crei denaro in quantità sufficiente per pagare i creditori.

Nel primo caso, si dovrebbe spiegare la sostenibilità di un sistema nel quale lo Stato compra beni o servizi semplicemente in cambio di denaro creato dal nulla; soprattutto, si dovrebbe spiegare quali siano i limiti (credibili) che possano evitare la degenerazione di questo sistema verso un socialismo raggiunto mediante la via monetaria.

Nel secondo caso, si dovrà riconoscere, penso, che l’unico modo per evitare l’esplosione del debito consista nell’avere una crescita del Pil superiore al costo del debito. L’idea di creare tutto il denaro necessario a far fronte agli oneri del debito comporta che la solvibilità nominale sia ottenuta per lo più svalutando il debito in termini reali, ossia riconoscendo ai creditori interessi reali negativi. In pratica, mediante l’inflazione si (tar)tassano i creditori. I quali, però, presto o tardi inizieranno a chiedere tassi di interesse crescenti, per tener conto della perdita di potere d’acquisto della moneta con cui verranno pagati gli interessi e il capitale. Questo rende necessario aumentare la creazione di denaro e può condurre all’implosione del sistema. Il fatto che non succeda dall’oggi al domani non significa che si debba escludere questo esito.

Credo, quindi, che sia illusorio ritenere possibile evitare ogni sorta di sacrificio mediante politiche di espansione del deficit pubblico. Prima o poi qualcuno dovrà pagare le conseguenze di queste illusioni. “Nel lungo periodo saremo tutti morti”, sosteneva Keynes: ciò è indubbiamente vero per chi è adulto oggi, ma non per gli adulti di domani.

Infine, tornando a Krugman, è vero che lui e gli altri keynesiani invocano gli stimoli di bilancio solo quando i tassi di interesse sono a zero? Non proprio. Che poi auspichino un azzeramento dei tassi di interesse per rendere gli stimoli fiscali in deficit meno onerosi da finanziare, è un altro discorso.

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Showing 7 comments
  • LNZ

    Parli di “noi” e “loro”, dove il “loro” è lo Stato.
    Non consideri però un elemento: loro sono armati e fanno le leggi. Noi siamo schiavi disarmati, per cui noi potremo solo usare la moneta che ci impongono loro e salteremo in aria con loro.

    La chiave di tutto sta nell’abolizione dello Stato, è una convenzione che non ha funzionato! Abolito lo Stato hai sistemato la spesa pubblica.

    Manca ancora l’evidenza della situazione e mancherà fino a quando il progresso (la creazione del valore) della libera impresa sopravanzerà il regresso causato dai governi, ma finiremo presto sotto il break even, dopo di che (siano tasse o sia inflazione) saremo più poveri ogni anno lo schiavismo sarà palese. Non so cosa succederà, ma succederà!!
    In ogni caso, tornando a Krugman, il monetarismo è solo il gioco delle tre tavolette, un trucco per mascherare il socialismo. Togliamo le tasse, certo, ma non serve a nulla, ma proprio a nulla, se si copre con la carta e se la % del parassitismo non diminuisce.

  • LNZ

    Certo le tasse prima, poi pensiamo all’inflazione.
    Facciamola breve: aboliamo le tasse e per coprire tutto il fabbisogno della spesa pubblica emettiamo titoli di stato o stampiamo moneta… quindi?
    Quindi: Zimbawe!
    Giusto mirare alle tasse, ma riducendo la spesa pubblica… ergo ridurre il socialismo…
    Morale: vero, viviamo in un mondo socialista e, bene che vada, siamo spacciati. Se ne uscirà solo con la caduta di quest’altro muro.
    … ma noi saremo tutti morti :-) … saranno i nostri figli o nipoti che potranno dire che siamo stati tutti idioti che non abbiamo saputo fare 1+1

    • Marco Tizzi

      Le tasse ci sono in Zimbabwe e comunque tanto si usa il dollaro. Questo intendo: datemi tasse 0%, se poi voi continuerete a spendere 800 miliardi l’anno, posto che troviate qualcuno che ve li presta o che vi concedano di stamparli secchi, noi che abbiamo un lavoro useremo un’altra moneta. E loro salteranno in aria. LORO, però, noi ci salveremo.
      Qui altre due bottarelle di tasse e non regge più nessuno. Una volta che il lavoro non ce l’hai più, che chiudi l’azienda, l’attività o chiude l’azienda per cui lavori che cosa te ne fai del pareggio di bilancio, posto che ci arrivino mai?

      Hai ragione, il socialismo è destinato al fallimento. Ma purtroppo resiste tantissimo. Quanto ci ha messo l’URSS?
      Fai conto che l’URSE ancora non è nemmeno ufficialmente nata. Siamo nel bel mezzo della rivoluzione bancario-bolscevica.
      C’è una differenza, però: anche solo in Italia ci sono già 12 milioni di persone che non sono andate a votare pur avendone diritto e di quegli 8 milioni che hanno votato M5S ho molti dubbi che fossero tanti quelli consapevoli di votare per un partito marxista.

      Quindi per una lotta alle tasse, a mio modestissimo parere, spazio c’è.
      Lotta all’inflazione riducendo la spesa la vedo davvero una mera utopia.

  • Marco Tizzi

    Caro Corsini,

    questo articolo (e altri suoi), sono anche interessanti come divulgazione, ma partono a mio parere da un errore di fondo: noi VIVIAMO in un mondo socialista.
    E il mondo socialista, in un sistema democratico, tende a diventare sempre più socialista perché la quantità di gente che paga è sempre meno, mentre quella che prende è sempre di più.
    Quindi la maggioranza voterà gente che aumenteranno costantemente, sempre, le spese.

    A questo punto la decisione da prendere è molto semplice: o si consente a questi individui di aumentare il loro debito oppure questi continueranno a prendere sempre di più e non si fermeranno finché il prelievo sarà 100%, perché avranno sempre un appoggio democratico.
    Dall’inflazione ci si salva, dalle tasse no. Il sistema è intrinsecamente inflattivo.

    O si cambia il sistema (ma come, senza imbracciare le armi?) oppure bisogna scegliere il male minore tra tasse e inflazione.
    Rothbard nel manifesto libertario diceva che il primo obiettivo di un libertario doveva essere l’azzeramento delle tasse e che solo dopo arrivava la lotta all’inflazione.

    Ricominciamo ad occuparci dell’obiettivo primario, perché mi sembra che lo si stia perdendo un po’ troppo di vista.

    • Matteo. C

      Ho ben presente il sistema in cui viviamo, e se ha letto i miei articoli penso le dovrebbe essere chiara la mia posizione (e quella del Movimento Libertario) in merito alla tassazione.
      Ciò detto, l’inflazione è una forma di tassazione, per cui non mi pare il caso di considerare l’avversione per l’inflazione un’alternativa all’avversione per la tassazione.
      Lei dice che “dall’inflazione ci si salva”. Per carità, per un certo periodo c’è perfino chi ne trae benefici (e nei miei articoli anche di questo mi sono più volte occupato), così come c’è chi trae benefici dalla tassazione.
      Ma entrambe sono forme di violazione del principio di non aggressione, e l’inflazione è persino più subdola dell’imposizione fiscale.
      Credo, quindi, che sia bene occuparsi di entrambi gli obiettivi.

      • Marco Tizzi

        Un produttore di ricchezza non beneficia mai delle tasse, è sempre un togliere.
        Dall’inflazione monetaria il produttore di ricchezza riesce a salvarsi, anche a lungo, anche sempre, se ha un po’ di testa. Male che vada gli resta il suo lavoro, che invece a suon di tasse può finire.

        Ma il mio messaggio era un altro: pieghiamo la testa e ammettiamo il fatto che finché non ci concedono almeno un pezzo di terra siamo una risibile minoranza. E oggi siamo di fronte ad una scelta di Sofia: tasse o inflazione. Tertium non datur, perché tanto questi le spese non le tagliano.
        Con un grandissimo, immenso rischio: che non inflazioniamo noi, ma poi salta in aria chi inflaziona e ci porta nel baratro lo stesso.

        Allora dico: picchiamo duro sulle tasse, che almeno su quello forse abbiamo qualche appoggio.

      • Marco Tizzi

        P.S.
        Con questo non volevo difendere Krugman, sia chiaro. Resta un idiota per quanto mi riguarda.

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