Le aziende sane sono poche e il Pil e’ crollato o le banche non vogliono correre rischi. O forse entrambe le cose. Sulle ragioni ci si interroga ma la statistica dice che fra marzo 2012 e marzo 2013 gli istituti di credito italiani hanno puntato decisamente sui titoli di stato comprandone circa 72 miliardi in più; con un’accelerazione a inizio anno (30 miliardi solo da dicembre) mentre i prestiti alle imprese non finanziarie sono scesi di circa 29 miliardi di euro e quelli alle famiglie di 9 miliardi a 855 e 606 miliardi(1461 miliardi -2,55%) Nei portafogli delle banche, secondo i dati della Banca d’Italia, ci sono cosi& 8217; circa 362 miliardi di euro contro i 290 di un anno prima.
Un livello importante ma che, secondo Via Nazionale, è ancora ben lontana dai massimi degli anni 90. La scelta delle banche ha sostenuto le aste del Tesoro e le quotazioni sul secondario in questi mesi sempre difficili per la crisi del debito sovrano. Un impegno che le banche hanno assunto assieme a fondi e assicurazioni nazionali e retail (che secondo stime per febbraio detengano altri 347 e 188 miliardi di euro di bot, btp e ctz) mentre gli investitori esteri si sono tornati ad affacciare più di recente. Per chi ha comprato sul secondario quando lo spread era più elevato dei 260 punti di ora si è trattato anche di un buon affare: il calo del differenziale è stato un duplice sollievo per le banche: ne ha ridotto l’haircut che impatta sul patrimonio calcolato dall’Eba e, come effetto di questo, ne ha risollevato di molto le quotazioni azionarie. Il rovescio della medaglia, segnalano gli operatori, è che la pausa concessa dai mercati potrebbe non durare.
L’effetto maxi liquidità dal Giappone potrebbe esaurirsi anche perche& 8217; i rendimenti sono scesi molto. E poi c’è l’effetto sull’economia reale di credit crunch. Gli osservatori dicono che questa volta, rispetto alla prima fase della crisi, il calo della domanda è la causa principale ma associazioni imprenditoriali e consumatori insistono che le banche abbiano operato una scelta precisa: prendere soldi dalla Bce grazie agli Ltro (circa 260 miliardi sono stati presi dalle banche italiane e ancora non restituiti a maggio) e investirli in titoli di stato senza alcun rischio e pericolo. La difesa dei banchieri è che prestare a imprese e famiglie è il loro mestiere (peraltro sarebbe anche più redditizio) ma va dato a chi possa ripagarlo e a chi lo chiede. Non cè; domanda per investimenti ma per ristrutturare il debito e magari ripagare le tasse, spiega un banchiere che cita i dati della Lending Survey e il calo del Pil. Le famiglie poi sono alle prese con un calo del reddito e la paura del futuro e le compravendite di immobili sono crollate. Certo i tassi sono un’altra barriera: a Roma e Milano un mutuo si paga il 3,9 contro il 2,8 di Berlino e addirittura le nostre aziende pagano quasi il doppio (3,5%) di quelle in Austria. Una differenza che risiede nel fatto che le banche stesse pagano il denaro molto di più; delle loro rivali (quello Bce infatti è massimo a tre anni mentre un mutuo è molto più lungo) quando riescono a trovare un canale di finanziamento sui mercati internazionali. Un muro della sfiducia sull’intero sistema Italia contro il quale i tassi bassi della Bce si infrangono. Solo una ripresa del Pil e della performance delle aziende, una tenuta dei conti pubblici che mantenga tranquillo lo spread può far invertire la tendenza. Il pagamento dei debiti della Pa aiuta ma non risolve. Il fuoco di fila della Germania delle ultime settimane, che paventa un finanziamento occulto agli stati, fa apparire difficile infatti un intervento della Bce per far affluiire il credito alle pmi direttamente. Dalle banche inizia comunque ad arrivare qualche volontà; di riprendere la crescita degli impieghi nel 2013. La pulizia dei bilanci è; stata fatta svalutando o azzerando i portafogli sotto spinta della Banca d’Italia. Un’azione che ora verrà estesa a livello europeo sotto l’egida della Bce per rassicurare i mercati che non ci sono perdite occulte nei bilanci degli istituti del Vecchio Continente.