DI MATTEO CORSINI
“Sono convinto che in una logica di servizio pubblico l’offerta non deve essere condizionatadalla esclusiva rincorsa dell’audience e del profitto, ma deve indirizzarsi a tutti i cittadini in modo articolato e diversificato nei contenuti e nelle modalità di distribuzione. L’appiattimento dei contenuti televisivi causato dalla rincorsa all’audience ha infatti portato negli anni alla rinuncia e alla perdita di alcuni generi tipici del servizio pubblico radiotelevisivo”. Così si è espresso Antonio Martusciello, componente dell’AGCOM e berlusconiano della prima ora, come se i disastri e gli sprechi della televisione pubblica fossero poco gravi. I maligni potrebbero sostenere che una Rai che trascurasse l’audience farebbe comodo al capo della parte politica di riferimento di Martusciello, dato che nessun imprenditore normodotato comprerebbe spazi pubblicitari su canali televisivi che se ne fregano di fare ascolti.
Lasciando da parte considerazioni dietrologiche, vorrei evidenziare il totale appiattimento di uno di quelli che per anni si sono autodefiniti moderati (autodefinizione che a me pare ridicola) e liberali sulle posizioni che solitamente si sentono sostenere dai peggiori esponenti della sinistra statalista. E il peggio, a mio parere, non consiste neppure nel considerare la ricerca dell’audience e del profitto alla stregua di fenomeni deteriori, di cui parlare con una punta di sdegno nell’ambito di conversazioni radical chic tra persone con la erre moscia (mi si passi il ricorso a uno stereotipo); quanto, piuttosto, nel considerare la televisione pubblica come strumento tramite il quale educare (indottrinare?) i cittadini. I quali non solo si trovano costretti a pagare ogni anno una vera e propria tassa, ma, par di capire, dovrebbero anche farsi piacere programmi che, evidentemente, non gradiscono. Perché se c’è una cosa chiara è che, soprattutto oggi che i canali sono una moltitudine, l’audience rispecchia le preferenze soggettive di chi guarda la televisione.
Purtroppo ho la sensazione che se la Rai fosse ancor meno attenta all’audience e ai profitti (che non è poi che abbondino nei bilanci della radiotelevisione pubblica, anzi), la tassa volgarmente detta “canone” finirebbe con l’essere ancora più alta, dato che, come in ogni carrozzone pubblico, l’organico in servizio potrebbe essere eufemisticamente definito sovradimensionato.
Personalmente resto convinto che la Rai andrebbe completamente privatizzata, e con ciò andrebbe eliminato il servizio pubblico. Oltre, ovviamente, al canone. Cascami di statalismo che se già avevano poco senso cinquant’anni fa, oggi sono del tutto inutili e anacronistici.
*Link all’originale: http://www.lindipendenza.com/rai-sprechi-basta-privatizzare/
Non rinunceranno mai alla rai, è più facile che un asino voli