Una distinzione fondamentale tra l’approccio del filosofo anarchico tedesco Max Stirner -autore del famoso L’unico e la sua proprietà- e la scienza politica, anche di ambito libertario, consiste nel considerare non solo lo stato, ma anche la società come frutto della coercizione e dell’imposizione, cosicché anch’essa negherebbe la vera essenza e la libera interazione degli individui. Il messaggio di Stirner è apparentemente semplice, ma profondamente complesso, perché, come afferma Enrico Ferri, studioso dello stesso Stirner, «il passo che (egli) vuole far compiere è quello di una generalizzata presa di coscienza del proprio egoismo e di una altrettanto diffusa trasformazione della vita e delle relazioni umane in modo adeguato, conforme all’egoismo».
Per Stirner, infatti, l’alternativa allo stato e alla società sembra essere, da un punto di vista antropologico-giuridico, una rete di libere associazioni, alcune cooperanti su base federalista. Secondo Antimo Negri, altro studioso del filosofo, la teorizzazione stirneriana di un’“Unione degli Egoisti” riproporrebbe i caratteri della società borghese, in particolare quello per cui «la società civile (…) assorbe in sé lo stato» e muovendo da tale interpretazione descrive uno Stirner liberista estremamente coerente, mentre Enrico Ferri, analizzando i punti fondamentali del pensiero di Stirner (la centralità data all’individuo, il libero gioco degli egoismi individuali, la convinzione che ognuno abbia il patrimonio di facoltà e di mezzi che gli permettono di farsi valere, l’idea che il libero sviluppo dell’individuo deve fondarsi sull’egoismo) vede in essi una lettura conseguente del liberalismo radicale di Adam Smith e di John Stuart Mill, anche se, a differenza di questi autori, nel pensiero stirneriano non viene lasciato alcun spazio né per lo stato né per la società. Che Stirner fosse effettivamente legato ad Adam Smith lo si evince già dalla traduzione in tedesco che egli fece dell’opera dell’economista scozzese, anche se è indubbio che egli abbia portato alle estreme conseguenze alcuni aspetti di tale pensiero. Così, mentre per l’economista scozzese può accadere che l’azione individuale sortisca un effetto altruistico, per Stirner questa azione egoistica si tradurrebbe sempre in una produzione di beni e servizi comuni. Stirner, dal punto di vista economico, era sicuramente un “mercatista” e un “proprietarista” e non a caso considerava positivamente il diritto di proprietà riconosciuto dalla rivoluzione borghese, definito “un’enorme conquista”, cui però egli aggiungeva, per dirla con Ferri, che « il vero proprietario, in epoca borghese, non è il singolo, ma lo stato» e che «la proprietà non è fatta solo di cose».
Lo stesso Ferri nota quindi che l’idea di uno Stirner “liberista”, sostenuta da Negri, è possibile solo se si identifica l’“unico” stirneriano col “concorrente”, mentre va invece considerato che è lo stesso Stirner a dire che la libera concorrenza si giustifica solo in base ai risultati che, in base a scopi egoistici, essa può produrre (e qui si potrebbe fare un paragone con quanto diceva il libertario-liberista Bruno Leoni circa la “sovranità del consumatore”, poiché la vera concorrenza dovrebbe avvantaggiare, almeno teoricamente, proprio i consumatori). Così, è proprio la visione “egoistica” della concorrenza, figlia di un autentico approccio anarchico, a dare la misura di un possibile superamento del “liberismo” attualmente vigente, in quanto, secondo il filosofo tedesco, proprio la concorrenza dovrebbe essere automaticamente libera dalla coercizione dello stato e della società, ritenendo, secondo un approccio libertario ed individualistico, che se la concorrenza risultasse dannosa per l’individuo la si dovrebbe sostituire con qualcosa di più funzionale. Non a caso scriveva: «Se un giorno la concorrenza verrà meno, perché si capirà che la cooperazione è più utile che il far da soli, allora nelle varie associazioni ognuno non sarà egualmente egoista e non vorrà forse la propria utilità?». Tale visione è la stessa che caratterizza i libertari “free market” (o “anarchici di mercato”), i quali sostengono che vi debbano essere modelli sociali ed economici in concorrenza tra loro, cosicché ogni singolo individuo, attraverso la sua libera scelta, possa aderire al modello ritenuto più vantaggioso. Questo rimanda al concetto di alienazione in quanto “distanza da sé”, che ha in Stirner un’interpretazione particolare. Rispetto alla teoria marxista, che vede l’alienazione soprattutto nella reificazione dell’agire umano e nell’espropriazione del lavoro del singolo attuati dal capitalismo, Stirner ritiene invece che l’alienazione sia soprattutto un’incompleta coscienza di sé, e quindi, sostanzialmente, sia una questione di atteggiamento psicologico. Interessante è, a questo proposito, leggere quanto scriveva in merito Friedrich Engels, il quale, nonostante la profonda diversità di vedute tra i due, non nega di aver trovato in Stirner interessantissimi elementi di verità. Engels riconosce infatti che il singolo agisce per fini egoistici, per il suo sviluppo e il suo benessere, arrivando a dare un’interpretazione individualistica del comunismo stesso: «(…) siamo comunisti anche per egoismo”».
La vera forza del pensiero di Stirner, insomma, consiste nel voler “liberalizzare” al massimo la forza del singolo, dell’“unico”, nel voler difendere le capacità dell’individuo in opposizione a qualunque istanza, sistema, istituzione, che esprima coercizione e imposizione, ed è per questo che, come ha scritto Nicola Abbagnano: «L’opera di Stirner torna a richiamare l’attenzione su di sé ogni volta che l’individuo si sente minacciato nella sua dignità di persona singola, unica e insostituibile». Della stessa opinione di Abbagnano è anche il noto anarco-insurrezionalista Alfredo Maria Bonanno, che proprio del pensiero stirneriano si è a lungo occupato. Dice Bonanno: «L’unico, se vogliamo, dice una sola cosa, ma la dice bene e fino in fondo. La responsabilità dell’esistenza dello sfruttatore è dello sfruttato. Se questo vuole veramente sbarazzarsi del padrone che tiranneggia -come di ogni manutengolo che serve il tiranno anche sotto le spoglie di un feroce rivoluzionario- non ha che farlo e basta, stare a chiacchierare a lungo su questo argomento è una presa in giro. Il senso deL’unicosta tutto qui». Il pensiero di Stirner, insomma, si rivela essenziale per criticare e valutare non solo le teorie che tentano di dare una spiegazione razionale all’attuale sistema sociale, allo sfruttamento e all’oppressione, ma anche quelle che, “liberisticamente”, sostengono la libertà del singolo, dimenticando che è nelle “mosse”, nei comportamenti e nell’interazione di ognuno di noi che si situa, o meno, la capacità e la possibilità di “liberalizzare” e liberare le nostre esistenze. Domenico Letizia
Riferimenti bibliografici Nicola Abbagnano: L’apologia del nulla (Stirner e l’esistenzialismo) (in “La Stampa”, 22 Aprile 1971). Alfredo Maria Bonanno: Introduzione alla terza edizione di L’unico e la sua proprietà(Ed. Anarchismo). Enrico Ferri: La città degli Unici (Giappicchelli Ed.); Antimo Negri lettore di Stirner (in “Rivista Internazionale di filosofia del diritto”, n° 3, Luglio/Settembre 2006); L’antigiuridismo di Max Stirner (ed. Giuffrè). Bruno Leoni: La Sovranità del Consumatore(ed. Ideazione) Antimo Negri: Il filosofo e il lattaio(ed. Spirali) Max Stirner: L’unico e la sua proprietà (ed. Adelphi); Scritti minori (ed. Patron).
Tratto da http://www.unacitta.it
Grazie Leo, e grazie Letizia che mi permettete di conoscere cose nuove ed autori che ignoravo.