Quante volte lo abbiamo scritto, detto e dimostrato: laddove c’è pubblico, quando non c’è truffa c’è spreco. Il più delle volte ci sono entrambi. Ecco l’ennesima dimostrazione nel “virtuoso” Nord.
Maxi truffa ai danni della Regione Piemonte. L’ha scoperta la Guardia di finanza di Torino, che ha indagato a piede libero 140 persone. Secondo quanto si apprende, si tratta di contributi percepiti in modo indebito per un ammontare di circa 2 milioni di euro. Il gip di Torino ha disposto, su richiesta del pool antiriciclaggio della procura di Torino, il sequestro cautelativo di beni per 2,2 milioni di euro.
La vicenda è quella dei contributi a fondo perduto indebitamente percepiti da Finpiemonte, la finanziaria della Regione, per la realizzazione di siti internet i cui costi venivano gonfiati, spesso ricorrendo a professionisti compiacenti che effettuavano false certificazioni.
L’ipotesi di reato è truffa ai danni dello Stato e dell’Unione Europea (l’ente da cui provenivano i fondi poi stanziati dalla Regione). Le imprese, infatti, potevano ricevere un finanziamento pubblico pari al 50% del costo del sito web che intendevano allestire per l’esercizio dell’attività economica.
Era sufficiente, quindi, raddoppiare gli importi fatturati per poter realizzare il sito gratuitamente o addirittura averne un introito. Un ulteriore raggiro riguardava invece le condizioni preliminari per accedere ai finanziamenti pubblici.
Spesso, infatti, nelle domande di contributo l’attività veniva falsamente localizzata in aree del Piemonte sottoposte a processi di riconversione economica. L’intera vicenda è ora al vaglio della Corte dei Conti, per l’accertamento delle responsabilità erariali connesse agli episodi accertati. Infine, sono in corso mirati controlli fiscali, finalizzati al recupero delle imposte risparmiate dalle imprese contabilizzando le fatture false.
La regola di mercato che in genere in Italia s’applica per varie società industriali e finanziarie è abbastanza innovativa: i guadagni a dirigenti e proprietari e i costi (compresi salvataggi da fallimento) ai cittadini. Perché mai i responsabili di tali imprese dovrebbero preoccuparsi di ben gestire le loro attività se tanto il loro portafogli è sempre garantito da qualche gruzzolo di tasca pubblica?
Volevo informare i lettori del sito che qualche settimana fa ho ampliato (in realtà scritto quasi per intero visto che prima non c’era quasi nulla) la voce di Wikipedia relativa al romanzo “La Rivolta di Atlante”.
Se qualcuno volesse dargli un occhiata anche eventualmente correggere dove ho commesso errori e dove magari migliorarla, grazie.
Essendo un sito frequentato da libertari ho pensato che magari qualcuno che conosca il romanzo lo becco.
GRAZIE!
Una domanda me la pongo però. Queste cose succedono anche all’estero e non le divulgano o siamo noi italiani antropologicamente diversi? O forse siamo arrivati ad una tale consapevolezza che lo Stato ruba, da spingerci a giocare d’anticipo?